Il concetto di genere: da critica radicale femminista a limite normativo all’autodeterminazione

11006380_1621767564719816_7341416916006209843_nA pochi giorni dall’ultimo regalo delle frange più estremiste del conservatorismo cattolico, uno spot messo in rete per promuovere una raccolta firme contro il terrificante paventato ingresso di una fantomatica “teoria del gender” nelle scuole italiane, un video surreale che potete trovare qui: https://www.youtube.com/watch?v=IjA_8pLa0cA (la ProVita l’ha dovuto probabilmente cancellare dalla sua pagina youtube), il Collettivo Universitario Bicocca propone una serie di incontri per approfondire le, viceversa, esistenti Gender Theories, un campo di studi importanti nel mondo accademico internazionale che invece qui da noi è stato estromesso dalle università dopo la riforma Gelmini.

Giovedì scorso abbiamo partecipato al primo appuntamento: introduzione al concetto di genere, con Carmen Leccardi, professoressa di Sociologia dell’università Bicocca. Seguiranno poi, ogni due settimane, sempre il giovedì alle 15.30 in aula Pagani, un incontro su gender e psichiatria con Elisabetta Ruspini, uno su Foucault e teoria queer con il collettivo Ambrosia e Lorenzo Bernini, e poi l’appuntamento finale, che verterà su genere e metropoli, con la partecipazione della rete NoEXPO Pride e Leandro Sgueglia.

Il primo incontro è stato aperto da Marta e Cora del Collettivo Bicocca che hanno spiegato la necessità di organizzare questo dibattito da parte di student* che si ritrovano ad affrontare la cancellazione di moduli e corsi sul tema del gender, perchè considerati “superflui”. Quando c’è da tagliare, si tagliano le cose che vengono reputate meno importanti, secondo logiche che sono tutte politiche e non accademiche, tagliando purtroppo anche ciò che ha una portata critica ed emancipatoria: dai moduli sul genere nei dipartimenti di Sociologia, Scienze della formazione e Psicologia, alle Commissioni pari opportunità, ai finanziamenti dei corsi per student* e lavorat* “Donne, politica e istituzioni”, come sottolinea la Leccardi. La partecipazione all’assemblea e al dibattito dimostrano invece tutt’altro: parlare di genere significa parlare di noi stess*, di discriminazioni, di resistenze, di relazioni di potere, e di certo chi era presente rifiuta nettamente la messa all’angolo di tali questioni.

Carmen Leccardi introduce il concetto di genere come categoria sociale e storica: da un lato utile per l’analisi delle disuguaglianze, dall’altro limite nel loro superamento. Parlare di genere in questo senso aiuta a superare un’eccessiva concentrazione solo sui temi della donna e del lavoro, il genere è ridefinito come vera e propria struttura sociale che informa ogni dimensione della cultura quotidiana. Attraverso un excursus storico la Leccardi delinea tre passaggi fondamentali nell’evoluzione di questo concetto:

il rapporto tra femminismo e genere;

Gayle Rubin e il sex gender system;

la critica di Judith Butler al concetto di genere.

Questa attenzione allo sviluppo storico del concetto di gender è una risposta indiretta al sopracitato bigottismo cattolico, che reputa le Gender Theories una dottrina statica e ben definita, che avrebbe come unico scopo perpetrare chissà quali terribili turbamenti e concezioni immorali della sessualità e delle relazione tra generi. Quella che non viene colta, se non addirittura consapevolmente e appositamente rigettata, è la natura intrinsecamente storica, situata e riflessiva di questi studi, interessati a comprendere lo zeitgeist, lo spirito del tempo contemporaneo, e per questo necessariamente sempre aperti a continue ridefinizioni dei propri assunti.

Negli anni ’70, come è noto un periodo di grandi mobilitazioni politiche ed epistemiche, il concetto di genere diventa un’arma per il movimento collettivo delle donne per criticare ed opporsi al sistema patriarcale, il quale attraverso il dogma biologico della differenza dei corpi organizza la società subordinando il femminile, perpetrando una rappresentazione degli uomini e delle donne come ontologicamente differenti anche culturalmente. All’interno della riflessione femminista si iniziò dunque a riflettere sul rapporto tra natura e cultura, tra sesso e genere, definendo quest’ultimo come storicamente determinato e dunque non biologico o naturale, ma prodotto sociale e culturale.

Gayle Rubin, antropologa statunitense, lesbica e femminista, studiando i rapporti tra generi con un approccio marxista pone poi l’accento sul carattere strutturale del sex-gender system (sistema di sesso-genere), un sistema parallelo a quello economico-produttivo che, al pari di questo, determina disuguaglianze sociali. Il valore della Rubin è stato quello di de-naturalizzare i rapporti di subordinazione delle donne, mostrando come una donna divenga serva/prostituta/moglie all’interno di certe relazioni sociali determinate da rapporti di produzione e riproduzione. Il sex gender system è quindi una struttura sociale, contraddistinta da un incredibile carattere normativo osservabile nei processi che Pierre Bourdieu definirebbe di interiorizzazione, di percezione che gli oppressi hanno del sistema come qualcosa di naturale e inalterabile. Rubin fa così emergere la dimensione strutturale delle disuguaglianze di genere, ponendole sullo stesso piano delle disuguaglianze di classe.

Judith Butler fa ancora un passo ulteriore, cogliendo la necessità di uscire dalle categorizzazioni, dalle classificazioni, in una fase in cui la forza e la potenza del concetto di genere come resistenza alla normatività si è persa per strada. Nel discorso pubblico, ma anche accademico, il genere spesso prende il posto del sesso, ad esempio come variabile in una ricerca sociale, in una dicotomizzazione uomo/donna che diviene essa stessa normalizzante e normativa, perdendo la capacità di porsi invece come chiave di lettura per possibili controcondotte e modelli di resistenza. Per rivitalizzare il concetto di genere la Butler mina l’opposizione culturale/naturale e ne propone un superamento, osservando come la biologia non sia un dato stabile e come non sia esente dall’influenza della cultura. Di conseguenza, nota la filosofa americana, il sesso non può essere considerato come categoria afferente solamente alla natura, e allo stesso modo il genere non è determinato solamente dalla cultura. Mutuando dalla linguistica di J. L. Austin il concetto di performatività (per un approfondimento sul tema si consiglia la lucidissima analisi di Sara Garbagnoli per Euronomade http://www.euronomade.info/?p=2491), la Butler descrive il processo attraverso il quale si produce l’eteronormatività: attraverso la ripetizione di atti basati su una forma stilizzata dei corpi. In questo modo il corpo produce le differenze a fondamento della matrice eterosessuale, ma allo stesso tempo ne è il prodotto. Il messaggio finale della Butler è positivo, vi è spazio per l’autodeterminazione: se già la Rubin diceva che bisogna eliminare il genere per eliminare ruoli socialmente imposti, per lei i soggetti possono prendere le distanze da queste performance ripetute, mutando le pratiche e attribuendo nuovi significati alle proprie azioni.

Nel concludere il proprio intervento, Leccardi ricorda che negli anni ’70 è stato proprio il movimento femminista a definire il concetto di genere come storicamente determinato e sociale, e quindi come intrinsecamente non-fisso, non-dato, non-naturale, non-biologico. Oggi invece il concetto di genere, così come proposto ora, viene operativizzato ed utilizzato per classificarci, in una dicotomia rigida che non tiene conto della realtà multiforme e dell’autodeterminazione di ognun* di noi, non riducibili a categorie fisse e immutevoli. Il movimento collettivo delle donne invece esigeva, ed aveva, un carattere critico radicale di rilevanza sia politica che epistemica, cioè legata a come conosciamo gli altri e alla conoscenza in sé.

Ma analizzando la trasformazione subita dal concetto di genere nel tempo, la Rubin e la Butler ci ricordano come non si debba mai abbassare la guardia, come il concetto di genere possa essere sussunto dal sistema e mercificato o ridotto a semplice classificazione.

Negli interventi, al termine dell’introduzione, tutt* abbiamo infatti sottolineato la necessità di tenere al centro del dibattito la capacità di resistenza attraverso la consapevolezza e la coscienza, la necessità di far fronte ad una definizione del concetto di genere come ripetizione stilizzata dei corpi che genera e struttura le differenze e le dicotomizza. La Butler stessa, come giustamente ha ricordato Carmen Leccardi, parla di matrice eterosessuale epistemica, come matrice della conoscenza che cancella le ambivalenze e lascia spazio solo ad un sesso stabile, un corpo stabile, un genere stabile, che non cambia mai nella storia e che deve essere determinato, normalizzato.

Si cerca oggi di definire, e far in modo che ci si auto-definisca, per genere, come categoria fissa con caratteristiche di operativizzazione e normazione in raggruppamenti omogenei, eliminando completamente il carattere con cui nasceva questo concetto, la sua caratteristica primaria di critica sociale e di rottura del sistema imposto ed auto-imposto di disciplinamento individuale e sociale, dei corpi e delle identità.

Tutti gli interventi hanno sottolineato la necessità di incontrarsi e di mettere in atto meccanismi di controcondotta e resistenza, per recuperare la forza anti-sistemica e per rimettere al centro del dibattito l’intrinseca criticità con cui nasceva il concetto di genere, in opposizione netta e radicale al sistema patriarcale ed ai ruoli e modelli stereotipati per genere. Carlotta, del collettivo Ambrosia, ha rimarcato l’importanza di continuare ad interrogarci, e la necessità di decostruire la relazione tra concetto di genere e biologia, per mettere al centro dinamiche di resistenza e di conoscenza critica. Altr* in diversi interventi, e con loro la Leccardi, hanno posto in primo piano l’importanza di resistere alla normalizzazione, di trovare discorsi e pratiche che come grimaldelli siano in grado di non farsi integrare nel sistema capitalistico della trasgressione mercificata, che riescano ad essere dirompenti ed a cambiare le condizioni stesse, e non solo modificare le forme di oppressione, cosa che spesso invece accade per i movimenti rivendicativi di diritti (come per i diritti delle donne e la riduzione da iniziale movimento di critica radicale a singole richieste istituzionali, vedi ad esempio le “quote rosa”).

La Leccardi aggiunge infine il suo punto di vista sociologico, sottolineando come la modernità si configuri come processo di eliminazione delle ambivalenze, come normalizzazione e classificazione, come razionalizzazione dell’esistente e individualizzazione delle responsabilità etiche. Il duplice processo di razionalizzazione e individualizzazione ci spinge alla normatività di categorie conoscitive che devono essere fisse e stabili, riduce il genere ad una dicotomia uomo/donna socialmente normativa, che rigidamente indica e definisce ruoli, identità, corpi, e individualizza diritti e modalità di relazione.

Incontri come questo dimostrano quanto sia necessario rimettere in primo piano la critica radicale e la responsabilità etica collettiva e sociale, nella conoscenza come nelle pratiche, delle discriminazioni e delle disuguaglianze.

Vi riportiamo qui i testi citati durante l’incontro, in caso vi interessasse approfondire:

G. Rubin “The Traffic in Women: Notes on the ‘Political Economy of Sex”

J. Butler “Fare e disfare il genere”

R. W. Connell “Questioni di genere”

T. Laqueur “L’ identità sessuale dai greci a Freud”

Segnaliamo che Sabato 7 Marzo a Milano alle al Piano Terra, via Confalonieri 3 zona Isola, il Collettivo Ambrosia presenterà Fare e disfare il genere, di Judith Butler, recentemente ristampato da Mimesis. Invitiamo tutt* a partecipare a questa presentazione, per proseguire il dibattito!

Evento: https://www.facebook.com/events/1014750501888489

Proponiamo anche un’altra lettura su questa non meglio identificata “ideologia gender” che tanto terrorizza e spaventa:

https://www.facebook.com/300159246670035/photos/a.300555889963704.78258.300159246670035/931104483575505/type=1&fref=nf&pnref=story

https://www.facebook.com/300159246670035/photos/a.300555889963704.78258.300159246670035/931104483575505/?type=1&fref=nf&pnref=story

http://www.zeroviolenza.it/component/k2/item/69726-il-corriere-della-sera-e-lideologia-gender

Ringraziamo Il Collettivo Bicocca e chi era presente all’iniziativa, ci rivedremo certamente ai prossimi incontri e dibattiti!

Prossimi incontri: https://www.facebook.com/events/416646838484941

Potete trovare il Collettivo Bicocca, Collettivo Ambrosia e rete NoEXPO Pride qui:

https://www.facebook.com/collettivo.bicocca

https://www.facebook.com/ambrosia.milano

https://www.facebook.com/pages/NoExpo-Pride/635191053253795?fref=ts

 

Annalisa Dordoni & Enrico Petrilli

(dottorandi di Sociologia della Bicocca)

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *