Provocazioni e impunità – Sul Coisp in Piazza Alimonda

11742778_10152938294671837_4725206226465752867_nCi siamo quasi. Il 20 di questo mese ricorre l’anniversario della morte di Carlo e come tutti i mesi di Luglio, da quattordici lunghi anni ad oggi, questa ricorrenza riporta le nostre menti alla violenza e brutalità poliziesca di quelle caldissime giornate genovesi del 2001. Ci sono voluti quattordici anni perché venisse riconosciuto che tortura c’è stata alla scuola Diaz, la famigerata “macelleria messicana”, e ancora siamo in attesa dello stesso verdetto per le vittime di Bolzaneto. Abbiamo perfettamente nitide davanti agli occhi le immagini di teste spaccate, calci in faccia, manganelli, impugnati al contrario, sferzati con violenza su corpi inermi (trattasi di uso improprio dello strumento, ma tant’è), fiumi di sangue e lacrime versati sul selciato. Il segno lasciato è indelebile.

Giustizia, nella sua più nobile accezione, non è mai stata fatta. I macellai hanno continuato a fare i macellai, alcuni, con insolita rapidità per un avanzamento di carriera, sono stati ammessi, nei mesi immediatamente successivi al G8, a far parte del gotha dei rispettivi corpi. E a Genova c’erano tutti, polizia di stato, finanza, penitenziaria etc.
Non solo. I macellai, nel caso specifico i membri di quel sindacatuncolo conosciuto come Coisp, hanno continuato a parlare, manifestare, insultare e sputare addosso alla memoria di Carlo e addosso a chi, a Genova, ha perso, suo malgrado, l’innocenza.

Ancora una volta il Coisp si è prodigato per organizzare (o meglio tentare di organizzare visto che mentre scriviamo, e per il tredicesimo anno di fila, la Questura di Genova ha vietato la piazza a questi imbecilli) una manifestazione in Piazza Alimonda, proprio il prossimo 20 Luglio, “per raccogliere firme per rimuovere la targa in ricordo di Carlo Giuliani”. Bestie provocatrici, ma loro assicurano che “non si tratta di una provocazione: vogliamo un momento costruttivo dal quale però far emergere il G8 genovese in tutta la sua cruda e difficile realtà, evitando che diventi per l’ennesima volta solo un pretesto per attaccare le forze di polizia” e ancora sostengono che la raccolta firme “non vuole essere affatto un attacco alla famiglia Giuliani ma una vera e propria azione per il senso civico della città di Genova che a tutt’oggi, per bocca dei propri rappresentanti politici locali e di chi ha autorizzato materialmente la posa in opera di detto monumento, non ha ancora ricevuto una spiegazione su quale esempio possa essere per le generazioni future la memoria di Carlo Giuliani”.

Sì, altro non è che una provocazione e il vostro momento costruttivo potete circoscriverlo alle vostre chiacchiere cameratesche da spogliatoio, perché noi la cruda e difficile realtà del G8 genovese la conosciamo bene. E ancora sì, altro non è che un vile attacco alla famiglia Giuliani, ma da chi ha avuto l’ardire di dichiarare che la foto del viso martoriato di Federico Aldrovandi fosse un fotomontaggio altro non ci aspettiamo.

E mentre il Coisp si autoproclamava santo protettore del senso civico, il suo segretario, tal Franco Maccari, tuonava candidamente in radio “Carlo Giuliani era uno che commetteva dei reati, un delinquente. E’ stato definito così anche da suo padre, figurati se non lo posso dire io” e ancora “da 13 anni cerchiamo di manifestare in piazza Alimonda e ci dicono sempre di no. Io da un anno con una petizione popolare ho già raccolto 10mila firme per togliere quella targa in onore di Carlo Giuliani, a Genova. E continuerò a farlo perché quella targa è fuori legge. Se fosse per me, la sradicherei con le mie stesse mani. E’ una indecenza, non ha nessuna logica”. E poi vi chiedete perché vi odiamo.

Noi sappiamo che quel giorno, a Genova, stava sfilando un corteo autorizzato fino ad una precisa destinazione. Sappiamo che quel corteo a destinazione non ci è mai arrivato, spezzato e caricato arbitrariamente dai reparti in assetto antisommossa. Sappiamo che quei giorni qualcuno ha voluto giocare alla guerra, e quel qualcuno aveva in dotazione tonfa, che più che manganelli sono armi tradizionali nelle arti marziali, pistole cariche di proiettili, quelli veri mica di gomma, gas CS, blindati e idranti. Sappiamo che volevano il morto e l’hanno avuto. Sappiamo che Carlo quella pistola la teneva d’occhio già da un po’. Sappiamo che avrebbe potuto scappare e salvarsi la pelle, invece ha raccolto l’estintore vuoto e ha cercato di disarmare quella mano omicida. Sappiamo che quel defender, che ha martoriato il corpo di Carlo passandoci sopra per ben due volte, era tutt’altro che isolato. Sappiamo che a poche decine di metri di distanza c’erano altri reparti di carabinieri e polizia che volontariamente non sono intervenuti. Sappiamo che volevano il morto e che non paghi di averlo ottenuto ne hanno sfregiato il volto con una pietra.

Sappiamo chi è Stato e sappiamo che Stato non ha mai fatto né mai farà la guerra al proprio braccio armato.

Noi sappiamo.

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