Ci riconosci dal colore dei palazzi: lettera aperta da Quarto Oggiaro alla Capogruppo del PD Carmela Rozza

di Aaron Paradiso

Inizio con una citazione nel titolo dell’articolo, donataci dai LKC, un noto gruppo Rap, cresciuto nei peggiori cortili di Quarto Oggiaro, per rispondere alle dichiarazioni del capogruppo del PD in Comune, Carmela Rozza, che “invitava” gli occupanti abusivi della ex torre Galfa, oggi Macao, “ad andare a Quarto Oggiaro a fare cultura”.

Le dichiarazioni di Carmela Rozza risultano offensive e inadeguate per il ruolo istituzionale che essa ricopre: affermando “andate a Quarto Oggiaro a fare cultura” sembra voler dire, non così troppo velatamente, “andate in quel quartiere dove non c’è niente e nessuno promuove cultura e socialità”.

L’attuale capo gruppo del PD ha fatto “carriera” a Quarto Oggiaro, occupandosi della questione abitativa a Milano e delle case popolari; dovrebbe dunque ben conoscere le realtà associative esistenti, come, ad esempio, l’Associazione Culturale Spazio Baluardo, che da anni si presenta come alternativa valida alla vita di periferia, proponendo ai cittadini iniziative aperte che coinvolgano gli abitanti della zona nella ricerca del riscatto sociale, nella costruzione di una nuova immagine del Quartiere fatta di iniziative, solidarietà e cultura.

Se provate, però, a scrivere Quarto Oggiaro su Google sicuramente finirete nei numerosi siti che parlano di blitz, sgomberi e malavita; aggiungendo il termine “cultura” alle parole chiave della ricerca, potreste trovare qualche link sulle attività delle associazioni di quartiere: non aspettatevi, però, articoli di Repubblica o l’Espresso, di solito sono le stesse associazioni, i ragazzi che vivono sul territorio ogni giorno a scrivere di loro stessi.

Nessuna istituzione o media, infatti, si è mai seriamente occupata di Quarto Oggiaro e dei suoi abitanti. Quarto è oggi un quartiere abbandonato a se stesso, dalle sembianze di un villaggio, simile a quello di Asterix, costretto a fare i conti con tutte le problematiche di una Periferia assassinata da eroina, cemento e disagio sociale.

Recentemente molti hanno iniziato a parlare del territorio di Quarto non più solo come culla della malavita ma anche come laboratorio e oggetto di analisi e ragionamento per molti “esperti delle periferie urbane”, diventando materia di studio per studenti universitari o laboratorio di esperimenti “artistici” e di “coesione sociale”.

Si è notato che tali progetti tengono molto in considerazione esperienze lontane dal territorio milanese, quali, ad esempio, quelle Berlinesi o Americane, senza, tuttavia, mai prendere in considerazione i progetti che da anni esistono sulle periferie della città e cercano, faticosamente, di riqualificarle dall’interno, attraverso pratiche di auto organizzazione.

Spesso noi, che abitiamo quotidianamente il quartiere, ci sentiamo prigionieri di un triste destino: nonostante i nostri anticorpi, sembriamo doverci sottoporre ad un continuo “trattamento sanitario obbligatorio” che consiste in moniti, giudizi, progetti, decisioni “dall’alto” che non prevedono mai un coinvolgimento attivo delle associazioni e delle persone che già lavorano sul territorio, con ogni giorno sempre più risultati ma di cui, tuttavia, pochi parlano.

Chi ricopre un incarico istituzionale dovrebbe iniziare seriamente a dare fiducia a chi tutti i giorni si batte per la cultura e la socialità come rimedio al degrado della periferia; dovrebbe smettere di pensare che chi è in grado di fare cultura debba per forza essere uscito dall’università o dal corso di design. Smetterla di parlare di malavita e delinquenza ed iniziare, invece, ad ascoltare chi è impegnato attivamente, con i propri vissuti, a proporre stimoli culturali, sociali, aggregativi nei luoghi di Milano più complessi e difficili da gestire.

Quarto Oggiaro non vuole essere soltanto il luogo per gli “esperimenti” proposti dall’esterno. Ci sentiamo Indigeni stanchi di aver concesso l’immagine alla macchina fotografica dell’uomo bianco solo per diventare qualcosa di cui qualcuno si può vantare o lamentare a seconda dei casi.

Abbiamo in cantiere numerosi progetti che non avranno mai luce per mancanza di fondi e non certo d’idee.

Né Boeri né Piasapia sono venuti a vedere quali progetti sono in corso d’opera e quali avrebbero bisogno di un supporto futuro.

Le associazioni che lavorano nel quartiere non si sono mai sentite dire di essere un bell’esempio per questa città, hanno solo mandato i loro delegati a comunicare “che di fondi non ce ne sono”.

Purtroppo sembra un vento che soffia per spegnere l’incendio culturale della Periferia.

Di cose da dire ne abbiamo, magari non sempre piacevoli ma frutto, certamente, di esperienze concrete, coltivate negli anni, grazie a pratiche di autodeterminazione e organizzazione.

Quarto Oggiaro supporta il progetto Macao, molto importante per la città e i suoi spazi di cultura ed è solidale contro lo sgombero! Ritengo, però, che come Macao, debbano essere supportati e aiutati molti altri progetti esistenti sul territorio, che cercano da anni ed in modo più silenzioso, senza alcun aiuto esterno, di portare cultura, arti e alternative ad un quartiere che ne ha un necessità fisiologica.

Voglio, quindi, chiudere con un altro passo dei nostri LKC, sperando che aiutino a capire chi non vuole farlo.

“Grazie al Cazzo!

Non cambiamo andazzo,

non cambio palazzo,

non cambio sto pezzo non mi cambio con un altro!

 

Aaron Paradiso

Periferia Sociale

Original Quarto Oggiaro Street Life

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Una risposta a “Ci riconosci dal colore dei palazzi: lettera aperta da Quarto Oggiaro alla Capogruppo del PD Carmela Rozza”

  1. Nomen omen ha detto:

    […] se la nostra autoproclamatosi sindaco fosse uscita dal suo comodo ufficio a Palazzo Marino, avesse smesso di parlare di presunte periferie e fosse venuta qui a parlare con questi ragazzi avrebbe capito e avrebbe potuto sentire anche […]

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