Report #2 giorno 1 – Bisogna difendere la Rojava.

1489134_721172417967080_118719279208825480_nIeri pomeriggio, esausti abbiamo chiesto di poterci fermare in una stanza per riprenderci dalle due notti insonni e dal lungo viaggio.
Mentre provavamo a riprendere fiato i media italiani, con il solito pressapochismo sensazionalista, hanno lanciato la notizia della liberazione di Kobane. Siamo chiaramente schizzati fuori di casa per andare a verificare cosa stesse succedendo.

Kobane è a un soffio da qui, per cui quello che accade dall’altra parte della frontiera ha ripercussioni immediate per le strade della città. E’ bastato poco quindi a capire che non era affatto vero che Kobane era libera e che i media italiani, come al solito distanti e incapaci di capire le dinamiche reali, avevano preso l’ennesima cantonata. . Abbiamo chiesto in giro alla gente e tutti ci hanno detto che i combattimenti proseguivano incessantemente, così abbiamo deciso di spingerci alle porte di Kobane, di arrivare il più vicino possibile al blocco dell’esercito.

Si sentivano chiaramente spari, esplosioni, voci, urla. Rumori di una città in guerra,. Anzi di una città che resiste. Attorno a noi, nella campagna che circonda la città, c’era tantissima gente, pronta a sconfinare per assestare i colpi definitivi allo Stato Islamico e a cacciarlo dalla comunità autonoma e resistente della Rojava.
Davanti all’aumentare dei corpi in attesa prevedibilmente l’esercito serrava le fila e faceva accorrere mezzi a difesa del confine.
Siamo rimasti lì fino a quando il cielo non ha cominciato a farsi scuro. Senza luce sarebbe stato difficile e pericoloso tornare indietro, per cui ci siamo incamminati nuovamente verso Suruc.

Appena rientrati in città abbiamo saputo che il sindaco , Ismail Kaplan, ci aspettava per un incontro. L’abbiamo raggiunto immediatamente al tavolino di un bar. Pochi istanti per superare i convenevoli e poi una chiacchierata densa e sincera, tra compagni., tra gente che difende la stessa idea di mondo.

Ci dice innanzitutto Suruc e Kobane sono la stessa comunità, divisa artificiosamente da una cortina infame. Ecco perchè è qui che arrivano tutti quelli che vogliono passare. Ci racconta dei campi e dell’estrema difficoltà di gestione di una situazione così complessa con le sole forze dell’autogestione e dell’autofinanziamento, perché, inutile anche dirlo, il Governo di Ankara spara e bombarda in queste zone, non fa altro. Abbandono e accanimento su un pezzo di mondo così apparentemente insignificante, ci dice, sono in realtà motivati solo dall’estrema paura che la Rojava incute in tutte le forze conservatrici del mondo. Che sia lo Stato Islamico o la coalizione delle potenze occidentali, o ancora il Governo di Erdogan . La Rojava è una contraddizione a cielo aperto nel mezzo della barbarie. Ed è per questo che bisogna difenderne l’autonomia e oggi soprattutto l’esistenza.

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