Report giorno 1 – Fra la Turchia e Kobane il muro della vergogna

10628029_720577764693212_3614818001434335394_nLa prima impressione che abbiamo a poche ore dall’arrivo a Suruç è quella di una città divisa. Da una parte il tetro colore dell’esercito, che chiude cinicamente ogni varco, ogni strada, ogni via d’accesso al confine e non contento si fa rifornire ancora dal Governo di Ankara di mezzi per impermeabilizzare ancora di più la frontiera. Dall’altra l’umanità viva e vera dei curdi. L’enorme massa umana che si distribuisce tra i campi profughi in cui si accalcano le famiglie dei partigiani (soprattutto anziani e bambini) che lottano incessantemente dall’altra parte dei blocchi. Una massa a cui si uniscono progressivamente anche i feriti, che tornano indietro e superano il confine per farsi curare, clandestinamente e rischiando l’arresto . Poi ci sono i giovani, tanti ma non sappiamo ancora dire quanti, che si accalcano sulle colline in attesa che si apra una porta.

La sensazione che si respira forte è che questa città stia solo aspettando di speronare quel muro di soldati e vergogna per invadere Kobane e riprendersi i territori dalle mani fasciste di ISIS. Dall’altra parte, ci dicono, il cibo e le munizioni stanno finendo e nonostante la resistenza continui e porti risultati importanti. Suruc però sa cosa accade dall’altra parte, a una manciata di chilometri e preme per tendere la mano a chi resiste.

Tra poche ore incontreremo il sindaco della città e proveremo a farci raccontare cosa è accaduto in queste ultime settimane in questo posto ai confini dell’Europa, dove va in scena delle più eclatanti rappresentazioni dell’ingiustizia delle frontiere e della necessità di distruggerle” .

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