[DallaRete] In Lombardia la ’Ndrangheta fa affari anche dal carcere

 

20141028-expo-arresti-655x436Ecco perché la ’ndrangheta si è presa la Lombardia.

Ieri, 27 Ottobre, nelle province di Milano, Como, Monza–Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria, su disposizione della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, i carabinieri hanno eseguito, nei confronti di 13 persone sottoposte ad indagine, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari Alfonsa Maria Ferraro. Gli arresti scaturiscono da un’indagine diretta da Ilda Boccassini e dai Sostituti Procuratori della Repubblica Francesca Celle e Paolo Storari. L’indagine “Quadrifoglio”, avviata nel 2012 e condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri (R.O.S.), ha riguardato due articolazioni della ‘ndrangheta radicate in Lombardia, prevalentemente nella provincia di Como.

I 13 arrestati sono accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.

Al centro delle indagini del Ros dei carabinieri due gruppi della ’ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, secondo le indagini, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in un subappalto per la Tangenziale Esterna Est di Milano, grande opere connessa ad Expo 2015.

L’ennesima storia di ’ndrangheta, politica e imprenditoria in Lombardia. «Nulla è cambiato in questi anni» ha dichiarato Ilda Boccassini nella conferenza stampa che si è tenuta in procura «basti pensare che uno degli arrestati in questa operazione è Salvatore Muscatello – anziano boss già arrestato negli anni ’90 nell’operazione “La notte dei Fiori di San Vito” e “Infinito” nel 2010 – considerato referente della ‘ndrangheta a Mariano Comense, dagli arresti domiciliari coordinava ancora le attività della cosca».

Lo stesso Muscatello a casa propria è sempre ben disposto verso chi va a chiedere “aiuto”. È il caso per esempio di Nadia Scognamiglio (non indagata in questo procedimento), compagna di Fortunato Valle, condannato a 24 anni e organico della stessa famiglia, attiva nello scenario criminale della ‘ndrangheta lombarda dagli anni ’80. Scognamiglio si reca da Muscatello in cerca di aiuti economici data la detenzione del compagno e lo stesso anziano boss non si tira indietro, spiegando poi al nipote che «è una persona che se la chiamo viene subito, ed io la ringrazio! Oh, il marito mi lavava pure i piedi».

Scognamiglio non è l’unica a recarsi da Muscatello, ma in poco meno di un anno di osservazioni da parte del Ros dei Carabinieri dalla casa dell’anziano boss passano parenti di altri affiliati alla ‘ndrangheta, persone che devono regolare prestiti usurai ed estorsioni, ma anche pregiudicati e politici, come nel caso di Emilio Pizzinga, consigliere comunale di Mariano Comense dal 2004 con Forza Italia prima e col Pdl poi che in seguito al commissariamento del comune va a caccia di voti.

Tra le visite a casa Muscatello anche quelle di Alberto Pititto, commerciante d’auto di origini vibonesi, operante in Mariano Comense e Cantù, provincia di Como. Pititto, rilevano gli investigatori del Ros avrebbe messo a disposizione della cosca autovetture intestate a terzi, da utilizzare come mezzi “puliti” e veicolato, da e per l’esterno, messaggi dello stesso Muscatello.

Mancuso, Galati e Muscatello sono clan ricorrenti nell’indagine della Dda di Milano. I Galati si fanno notare per la loro vocazione imprenditoriale e per essere uno dei tentacoli del clan Mancuso di Limbadi, già saltato all’attenzione degli investigatori lombardi nel corso degli ultimi venti anni.
Insomma i Mancuso hanno a libro paga i loro imprenditori, politici e funzionari “lumbard”. Da una parte c’è Antonio Galati, classe ’52 protagonista tra l’altro di un tentativo di speculazione immobiliare nel comune di Rho e di operazioni di fittizia intestazione di alcune attività commerciali. Le indagini documentano che lo stesso Galati tramite gli imprenditori locali Franco Monzini e Luigi Vellone, abbia finanziato, con 300 mila euro di illecita provenienza, l’acquisto di un terreno nella frazione Lucernate di Rho allo scopo di edificare un vasto complesso immobiliare ad uso abitativo.

Gli approfondimentiti predisposti dalla procura ed eseguiti dal Ros dei Carabinieri hanno appurato come Galati e i due imprenditori fossero stati mediati da un altro degli indagati: Luigi Calogero Addisi, già consigliere comunale di Rho (Mi), anch’egli originario del vibonese e coniugato con una delle figlie della sorella dello storico boss Pantalone Mancuso. Nell’aprile 2014 Addisi, con un passato di politico locale che ha attraversato tutto l’arco da destra a sinistra, allora in quota Pd, deve dimettersi perché il suo nome figura tra le carte dell’indagine “Metastasi” sulla cosca dei Coco Trovato operante nella zona di Lecco, e pure nell’inchiesta Grillo Parlante che porterà all’arresto dell’ex assessore alla Casa di Regione Lombardia, Domenico Zambetti.

L’ex amministratore, direttamente interessato all’esito della speculazione da 300mila euro, per avervi investito un’ingente somma di denaro – fanno sapere gli investigatori – aveva peraltro favorito l’approvazione di una variazione di destinazione d’uso del terreno, superando i preesistenti vincoli di edificabilità. C’è il voto in consiglio comunale per il Pgt (Piano di Generale del Territorio) di Rho, e Addisi prima del voto dichiara: «Con questo Pgt abbiamo cercato di ridisegnare la città, preservandola dalle brutture, dagli scempi maligni e dal consumo dissennato del territorio. Un risultato storico. Una medaglia per tutta l’amministrazione. Una nuova rivoluzione culturale insomma». Poi arriva l’inchiesta e il gip Alfonsa Maria Ferraro che scrive «Addisi mente in quanto è ben consapevole non solo di avere interesse nel Pgt, ma anche del fatto che un’area, interessata dal Pgt, è stata acquistata con il denaro della ‘ndrangheta».

Giuseppe Galati, classe 1971 è stato condannato a dieci anni per traffico di stupefacenti. Dal carcere riesce a gestire una società tramite il cognato, cui intesta le sue quote. Il passaggio delle quote sarà sufficiente per far ottenere il certificato antimafia alla sua Skavedil ed entrare in un appalto da 450mila euro per la Tangenziale Esterna Est di Milano (Teem), grande opera connessa a Expo 2015.

Il capo della direzione distrettuale antimafia di Milano Ilda Boccassini ha spiegato come una volta ottenuto il certificato antimafia l’impresa ha ottenuto da una azienda di Modena, su cui si stanno svolgendo ulteriori approfondimenti investigativi, due subappalti.
Da Boccassini poi è arrivata tra le righe anche una stoccata alla macchina dei controlli per il “semaforo verde” delle certificazioni antimafia, perché, dice ancora Boccassini «sarebbe bastato fare uno storico dell’assetto societario» e non solo una misura sulla struttura attuale «per accorgersi che qualcosa non andava.

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