Expoprecarietà, ultimo atto

lavori-expo-2015-650x432In queste settimane il Parlamento è chiamato ad affrontare la conversione del decreto “Giovannini” in materia di lavoro. Tutte le organizzazioni imprenditoriali hanno già fatto capire che vogliono la precarizzazione totale dei rapporti di lavoro fino al 2016 in nome di Expo 2015. Parallelamente, proseguono le trattative sulla bozza di contratto per i 6 mesi dell’esposizione universale, al vaglio di Expo 2015 spa e sindacati confederali.

Expo 2015, una grande opportunità solo per le imprese
Per le imprese il punto centrale è l’appuntamento di Expo 2015. Per questo Confindustria, in audizione al Senato, ha chiesto di sopprimere per un triennio le causali ai contratti di lavoro a tempo determinato; le attuali disposizioni di legge relative alle proroghe e intervalli e il contributo aggiuntivo dell’1,4% per finanziare l’Aspi, oltre allo sgravio totale della contribuzione per il triennio di durata del contratto di apprendistato. Eloquenti a tale proposito le parole dell’Abi (l’associazione delle banche), che in audizione ha auspicato che «l’utilizzo dei contratti a termine sia ulteriormente incentivato nell’ottica di una vera liberalizzazione, magari connessa al periodo dell’Expo 2015, ma comunque estesa a tutti i territori e a tutti i settori». Sempre collegato ad Expo 2015 qualcuno ha proposto anche l’introduzione nella causale delle collaborazioni a progetto della dicitura “Expo 2015”, per legittimarne in maniera del tutto generica l’utilizzo.
Sacconi, presidente della Commissione Lavoro al Senato, non ha fatto mancare il proprio appoggio ritenendo «doveroso l’accoglimento della richiesta di una regolazione delle tipologie contrattuali semplice e certa, sperimentale e transitoria fino alla metà del 2016 quale condizione affinché si manifesti compiutamente la disponibilità ad assumere», arrivando anche ad ipotizzare «nel triennio dell’Expo, un contratto a termine semplice e come tale conveniente». Va aggiunto che Assolombarda ha chiesto per lo stesso periodo di poter derogare ai contratti nazionali.
Tutto questo giustificato in nome di Expo 2015 e per sfruttare al meglio l’evento mondiale per creare occupazione precaria e al più basso costo possibile. Nel frattempo Pd e Cgil ripropongono la concertazione chiedendo che le modifiche alla normativa sui contratti di lavoro passi attraverso un avviso comune delle parti sociali. Insomma, sì alle modifiche basti che si evitino le esagerazioni.

Pochi posti di lavoro e soprattutto precari
Giovedì si terrà il prossimo incontro tra Expo 2015 spa e sindacati per discutere la bozza di contratto da applicare per i lavoratori assunti per i 6 mesi di Expo. Ai 70mila posti di lavoro indicati nel dossier di candidatura è stato levato qualche zero. Ora si parla di 700 assunzioni da parte di Expo 2015 spa, 440 stagisti e 400 volontari per l’allestimento e la gestione del sito espositivo nei 6 mesi di esposizione. Più 6-8mila dipendenti a carico di aziende appaltatrici che si occuperanno di far funzionare la kermesse dall’allestimento (settore ad alta concentrazione di lavoro nero) alla ristorazione. I contratti a termine prevedono tre diversi profili professionali (operatore, tecnico e coordinatore grandi eventi) che potrebbero essere recepiti dal contratto nazionale di lavoro del Commercio, sulla cui base si sta modellando l’accordo al vaglio di Expo spa e sindacati (ulteriore conferma del fatto che Expo non sarà altro che una grande fiera).
Siccome ci riesce difficile pensare che le mansioni svolte da stagisti e volontari (ai quali sarà affidata una «presenza d’ambiente» e di affiancamento agli operatori) siano così diverse rispetto a quelle svolte dai lavoratori assunti, non possiamo fare altro che constatare ancora una volta che l’immaginario Expo è servito a giustificare il ricorso allavoro gratuito o quasi gratuito. I numeri ne sono la conferma.
Per concludere, possiamo tranquillamente dire che Expo 2015 «l’occasione per uscire dalla crisi» come ha sostenuto “Re Giorgio” il 7 luglio scorso in Villa Reale a Monza, a conti fatti, non sarà altro che l’ennesima occasione per precarizzare ancora una volta il mondo del lavoro.

 

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