Confermate in appello le condanne per il corteo per la Festa della Donna del 7 Marzo 2009

1457748_614956365237991_1972798647_n6 anni e mezzo…
Questo è il tempo passato tra il corteo per la Festa della Donna del 7 Marzo 2009 e la sentenza d’appello del processo per quella vicenda.
Una sentenza d’appello che ha sostanzialmente confermato le condanne (condannato anche un redattore di MilanoInMovimento) di primo grado emesse nel Novembre 2013.
Una sentenza che ha trasformato una giornata di lotta sociale e politica in vicenda “criminale”.
Un processo che ha visto una ricostruzione dei fatti degna di un film di fantascienza…quando poi l’episodio in questione ben poco aveva di violento e moltissimo di giocoso e ironico.

Quel giorno un combattivo e colorato corteo andò a contestare il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” varato dall’allora Ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni. Un pacchetto sicurezza tanto ipocrita quanto dannoso.

In Largo Cairoli venne anche contestata un’iniziativa pretestuosa della signora De Albertis, all’epoca rappresentante di un nascente partito chiamato Nord-Destra che distribuiva fischietti e pepper spray per la difesa delle donne.

A distanza di anni della signora De Albertis, esponente della destra milanese più forcaiola e xenofoba, non abbiamo più notizie. Del suo sodale Prosperini si ha invece qualche notizia che parla di poco edificanti vicende giudiziarie il che, per chi si ergeva a paladino dell’ordine e della legalità, fa francamente sorridere.
Il loro posto è stato però prontamente preso dalla “nuova” Lega Nord di Salvini molto abile a far dimenticare scandali e ruberie di un recentissimo passato. Una Lega sempre più simile al Front National francese. Un partito, quello di Salvini, sempre pronto a soffiare sul fuoco della “guerra tra poveri” e a sbandiarare i peggiori luoghi comuni contro tutti coloro che sono “diversi”.

Riprendendo e condividendo quel che scriveva chi a quel corteo aveva dato vita: “ll 7 Marzo del 2009 abbiamo organizzato una manifestazione per portare un po’ di contenuti in una ricorrenza, la festa della Donna, ormai completamente svuotata del suo significato originale, e piena invece di melensaggini e falsa emancipazione fatta di spogliarelli e mimose. Si parlava a gran voce di un PACCHETTO SICUREZZA, proposto dall’allora Ministro Maroni, che avrebbe finalmente riportato l’ordine nelle strade. Non ci è sembrata una forzatura portare questo tema all’interno della manifestazione, perché da sempre sicurezza e donne sono un binomio vincente per le campagne elettorali di destra e di sinistra, e da sempre sembra che l’unica soluzione per “proteggere” le donne dalla violenza maschile sia la repressione, la condanna e la punizione, senza nessun accenno a prevenzione e cultura. Il Pacchetto Sicurezza di Maroni ovviamente andava esattamente ad inserirsi in quella corrente politica deprecabile e miope che non sa assumersi responsabilità. All’interno del pacchetto sicurezza non si parlava di donne nello specifico, ma si introduceva il reato di clandestinità, venivano inasprite le pene per i graffitari, veniva prolungato il tempo di permanenza nei Cie e reintrodotto il reato di oltraggio. Veniva inoltre reso legale l’uso dello spray al peperoncino come arma di difesa personale, e veniva data la possibilità a cittadini organizzati (meglio se ex appartenenti a forze dell’ordine, esercito e corpi di vigilanza) di formare le “ronde”, in teoria per la sicurezza del cittadino, in pratica per dare la possibilità ad individui repressi di poter esprimere tutto il proprio machismo e la propria arroganza, forti del la nomina data da ministri ancor più presuntuosi”.

Per chiudere un paio di considerazione che ci sentiamo di condividere.
La prima, paradossale, è che alcuni attivisti sono sotto processo per la stessa identica vicenda in un procedimento bis.
La seconda è che è abbastanza evidente, nel clima cittadino post-Primo Maggio, un’accelerazione da parte della Procura di Milano, dei tempi di fissazione dei processi legati a vicende connesse alle lotte sociali e politiche.
Come a dire che mai la “giustizia” è neutra.

 

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