Nella città vetrina i precari sono manichini

10726697_10204614819947426_1030948516_nMilano, città vetrina. Milano, laboratorio di sperimentazione delle nuove misure di smantellamento dei diritti dei lavoratori che ti condannano all’instabilità a vita.
Milano devastata, sfruttata, cementificata, impoverita da Expo.

Dopo aver allungato i tentacoli su alimentazione, diritto alla città e mondo del lavoro, Expo brandisce il mondo della formazione e condanna studenti e docenti ad un futuro di precarietà dove la stabilità rimane una vana speranza.

Expo promette migliaia di posti di lavoro e mentre promette garantisce contratti a tempo determinato e somministrazione a tempo determinato (con la possibilità di reiterazione al 100%, in deroga alle leggi attualmente vigenti che stabiliscono un opinabile possibilità di rinnovo del contratto a tempo determinato fino a 3 anni senza successiva conversione all’indeterminato), 650 contratti di apprendistato (che diventa mero sfruttamento di un vero e proprio lavoratore al pari di altri regolati con altri tipi di contratto), 195 stage (che per gli studenti si traducono in alternanza scuola-lavoro dove la formazione diventa solo uno specchio per allodole) e 18.500 volontari che lavorino nel sito, più un numero indefinito di volontari che lavorino fuori dal sito (curioso è far presente che nonostante il Comune stia dicendo che si è quasi raggiunto il numero pre-stabilito, la realtà, come si evince da un comunicato del Ciessevi, è che pare che ufficialmente abbiano abbassato il numero di volontari richiesti da 18.500 a 7.000. Considerando che per ora sono state raccolte 6000 adesioni … risulta facile capire dove sta l’antifona).

Queste tipologie lavorative sono l’essenza delle trasformazioni che stanno avvenendo sia nel mondo del lavoro che in quello della formazione e nessuna di esse garantisce un futuro adatto a progettare una vita serena. Nell’apprendistato, nello stage, nella somministrazione di lavoro a tempo determinato e nel lavoro a tempo determinato stesso si nasconde la logica non solo della precarietà, ma della ricattabilità: nella paura di perdere un posto precario, si accettano tutte le condizioni.

Inserire poi il concetto di lavoro gratuito fin dalla scuola, inoltre, non è solo una via per creare già dalla giovane età quell’illusione di avere un giorno un lavoro stabile, ma crea una sovrapposizione pericolosa tra piano formativo e lavorativo che rischia di generare futuri lavoratori in grado di svolgere specifiche mansioni in specifiche aziende, ma che non avranno l’abilità di adattarsi a diversi contesti lavorativi, a causa di una formazione culturale deficitaria.

In questo modello di istruzione, in questo modello di lavoro, in questa città vetrina, gli studenti di oggi che sono i precari di domani diventano di fatto manichini in balia delle regole di mercato e del padrone di turno.

La scuola del lavoro, la scuola del fare trova il suo stato embrionale in Expo, ed è per questo che il mondo della formazione non può e non deve accettare questo grande evento, questa barbarie per il paese.

Non diventare un manichino, non lavorare gratis per Expo.

* (nella foto l’azione al corteo NoExpo di sabato 11 Ottobre contro una sede dell’agenzia Obiettivo Lavoro)

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