Como – Le due lettere dei migranti alla città e alla Prefettura

13872676_860675890733009_348975224041634272_nPer la sua vicinanza con il confine svizzero Como sta diventando, come prima Ventimiglia, un punto caldo per la questione migrante in questa Estate 2016.

La Svizzera ha blindato la frontiera per impedire ai migranti di raggiungere i paesi dell’Europa del Nord.

Centinaia di profughi hanno dato vita a un campo autogestito nel parco che si trova fuori dalla stazione ferroviaria di Como.

Qui due lettere inviate negli scorsi giorni dai migranti alla città e all’autorità prefettizia:

Lettera scritta dalle persone migranti accampate a Como San Giovanni: “Svizzera apri le frontiere e crea un corridoio umanitario!”.
(Fino a quando faremo finta di niente?)
*
Il 10 Agosto, tra alcuni volontari e persone solidali con i migranti presenti in stazione, si è sentita la necessità di radunare le varie persone bloccate dalla frontiera: frustrazione crescente, tensioni, litigi, hanno suggerito di tentare un superamento delle differenze etniche, linguistiche, culturali, di genere e di età, cercando di comprendere che i problemi dei singoli sono problemi di tutti e che quindi non ha molto senso pensare a provare di risolverli da soli o in piccoli gruppi. Si sono tenuti due incontri, ai quali hanno partecipato un centinaio di migranti e una trentina di europei (soprattutto da Como e dalla Svizzera). Gli incontri sono stati tenuti in inglese/francese, con traduzione simultanea in arabo, oromo, tigrino e amarico. In apertura ci si è soffermati sulla situazione di stallo che al momento contraddistingue la stazione di Como San Giovanni, così come altre località italiane situate in zone di confine. Quello che si è generata è una stata una profonda discussione tra i migranti, che hanno deciso di scrivere una lettera di presentazione alla città di Como: le persone presenti in supporto hanno poi aiutato a trascriverla e tradurla in italiano. Nel seguito la traduzione in italiano della lettera aperta alla città di Como. Qui il testo originale integrale in inglese.

«Lettera alla città
Noi siamo persone originarie di diversi continenti e di diversi stati; proveniamo da diversi trascorsi, culture, gruppi etnici e religiosi…però siamo tutti qui: siamo semplicemente rifugiati.
Abbiamo dovuto abbandonare i nostri paesi perché i nostri diritti umani sono stati violati, o perché siamo stati perseguitati. Per arrivare in Europa abbiamo dovuto attraversare situazioni orribili: ci siamo scontrati con la morte tante volte, scappando dai nostri paesi, in deserti, montagne, foreste, strade, nelle prigioni in Libia ed, infine, attraversando il Mar Mediterraneo.
Abbiamo perso molti amici, parenti, persone care, bravi uomini e brave donne, bambini innocenti.
Abbiamo dovuto sanguinare, morire di fame, sopportare il dolore e molte notti insonni.
Per questo stiamo ancora soffrendo: tanto dolore, incubi, perdite e ricordi tristi. Con tutto questo dovremo conviverci per del tempo, forse per il resto della nostra vita. Comunque lo abbiamo fatto, anche se non è stato per nulla semplice.
In Europa abbiamo immediatamente iniziato il viaggio per ricongiungerci con i nostri familiari, parenti, amici e compagni. Questo è diventato un obiettivo difficile, perché presto abbiamo scoperto che non ci è consentito muoverci liberamente.
Quando siamo sbarcati sulla costa italiana non ci sono state spiegate le leggi sul diritto di asilo in Europa, siamo stati costretti a lasciare le nostre impronte digitali con la forza e con l’inganno. Questo ci impedisce di fare richiesta di asilo altrove. Ora siamo bloccati al confine svizzero.
Ogni volta che proviamo ad oltrepassarlo la polizia ci respinge. I giorni diventano settimane, e le settimane stanno diventando mesi.
Stiamo iniziando a perdere speranza e pazienza, diventiamo delusi, preoccupati e, talvolta, nervosi.
Quando siamo arrivati qui pensavamo che i nostri incubi fossero superati e il nostro dolore sarebbe finito… ma non è andata così.
Qui, sul confine svizzero, continuiamo a soffrire e non sappiamo quanto ancora durerà questa situazione.
Noi non siamo animali, siamo esseri umani e chiediamo di essere rispettati. Abbiamo provato tante volte a superare il confine, questo come altri, con treni, bus e passando per il bosco, ma le guardie ci hanno raccolti come bestie.
Durante i controlli veniamo costantemente sottoposti a umiliazioni, costretti a svestirci, senza separazione di genere.
Ci hanno tenuti in piccole stanze per più di un giorno, senza cibo, acqua né alcun supporto legale.
Infine ci hanno rispediti al punto zero, nel sud Italia, separando famiglie, amici e rendendo le nostre vite ancora più difficili.
Ci sta a cuore che queste pratiche che violano la nostra dignità giungano all’attenzione di tutti in modo che chi arriverà dopo di noi non debba subire lo stesso trattamento.
Ci chiediamo perché il tentativo di oltrepassare il confine venga criminalizzato, mentre sia prassi calpestare sistematicamente i diritti umani.
Chiediamo un corridoio umanitario per passare legalmente la frontiera e ricongiungerci con famiglie, parenti e amici così da avere la possibilità di costruirci un futuro dignitoso».

[Donne, uomini, ragazze, ragazzi e bambini dal parco della stazione di Como San Giovanni]

—–

Al Prefetto, ai cittadini europei, ai fratelli migranti.

Respingimenti
Siamo riportati in Italia anche se abbiamo fatto richiesta di asilo: alcuni lo comunicano alla polizia svizzera oralmente, altri per iscritto. Respingono tutti, compresi minori, donne in cinta e persone in difficili condizioni di salute, senza rispettare i trattati internazionali.
Ci rimandano indietro senza assistenza legale e senza la possibilità di prendere contatto con degli avvocati. Ci sono barriere linguistiche e mancanze di traduzione, così che le persone vengono rimandate in Italia senza avere alcuna idea della loro situazione o dei loro diritti.
Controlli di polizia
La polizia svizzera ci arresta e ci spoglia, anche minori e anziani. C’è stato il caso di una donna molto anziana che ha dovuto spogliarsi davanti un uomo, anche se la sua religione glielo impedirebbe. È uscita dalla stanza piangendo.
La polizia usa la forza contro i migranti che rifiutano di spogliarsi. Inoltre ispeziona sistematicamente le loro parti intime, pratica estremamente umiliante.
Trasferimenti forzati
La polizia italiana trasferisce i migranti con la forza da Ponte Chiasso al sud Italia, senza informarli riguardo la loro destinazione. Viaggiano dalle 15 alle 20 ore, famiglie e amici vengono separati.
Inoltre, quando siamo rimandati a sud alcuni hanno sofferto le violenze della polizia, sono stati picchiati o messi in luoghi degradati. Là hanno preso le nostre impronte con la forza, le minacce o l’inganno, senza preoccuparsi di spiegarci la nostra situazione legale.
Situazione al campo
Ora siamo bloccati in stazione da oltre 6 settimane. Le persone hanno addosso molta pressione, frustrazione e disappunto. Sempre più persone ne soffrono: una donna ha perso il suo bambino, un’altra ha avuto un attacco epilettico, il numero di persone con problemi di salute cresce di giorno in giorno. Questa dolorosa situazione ci spinge a compiere azioni disperate, ma non siamo cattive persone, siamo semplicemente migranti.
Grazie all’aiuto di molti volontari, al momento per quanto riguarda cibo, acqua e docce la situazione è sopportabile. Ma se il nostro problema principale – la chiusura del confine – non cambia, diventerà presto insostenibile. Non vogliamo essere spostati in un luogo nascosto, dove ci si possa dimenticare di noi e dei nostri problemi.
Richieste
Questa situazione non riguarda solo Como, ma è simile in tutte le zone di frontiera. Siamo in contatto con migranti in altre città e le loro condizioni sono le stesse, o peggiori. Tutti noi stiamo soffrendo.
Chiediamo il rispetto delle leggi che riconoscono il nostro diritto di movimento, che sono in questo momento violate dalla Svizzera. Chiediamo nuove leggi che possano fornire una soluzione per ciascuno di noi, o un provvedimento straordinario che possa permetterci di muoverci.
Se questo al momento non è possibile, chiediamo almeno che la sua voce possa unirsi alla nostra, per fare pressione sulle autorità svizzere e europee, provando a sbloccare questa insostenibile situazione che sta rovinando le nostre vite e ci sta rendendo un fastidio per gli abitanti della città.

Migranti dalla stazione di San Giovanni

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Una risposta a “Como – Le due lettere dei migranti alla città e alla Prefettura”

  1. […] le due lettere inviate dai migranti di Como alla cittadinanza e alla Prefettura per raccontare la loro storia e […]

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