Cara Elsa adesso ridi?

E adesso ridi?

Mesi fa l’abbiamo vista piangere mentre dichiarava che per salvare l’Italia bisognava chiedere sacrifici, lacrime e sangue.

Ieri mentre la camera votava a colpi di fiducia una delle più allucinanti riforme del lavoro ha dichiarato “Il posto di lavoro è un diritto che bisogna guadagnarsi”, o “il posto di lavoro non è un diritto” le traduzioni spaziano tra le due frasi.

Stiamo parlando di Elsa Fornero, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Da molti definita il peggior ministro della storia della repubblica Italiana.

I diritti non sono qualcosa che deve essere guadagnato. I diritti sono diritti e dovrebbero essere inalienabili. La costituzione sulla quale ha giurato mesi fa scrive che “l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”. Quindi il lavoro dovrebbe essere un diritto, è per essere un diritto deve portarsi con se delle tutele.

Invece la ministra cambia le carte in tavola e ribalta il banco.

Che il lavoro sia un qualcosa da guadagnarsi in questo momento è certezza per questo il lavoro non è un diritto. O meglio il lavoro non è un diritto sia perchè non viene dato, sia perchè troppo spesso è un qualcosa di non tutelato, un qualcosa che trasforma le persone in merce.

Lasciamo da parte per un attimo le teorie del rifiuto del lavoro, lasciamo da parte per un attimo il reddito minimo di cittadinanza, lasciamo da parte per un attimo il welfare state, che tanto non esiste più.

Questa “riforma” altro non è che la svendita e la distruzione del diritto del lavoro.

La cancellazione dell’articolo 18 è cosa grave sia da un punto di vista simbolico sia da un punto di vista pratico. Seppur quest’articolo era previsto solo per i lavoratori di aziende con più di 15 dipendenti e per contratti a tempo indeterminato e determinato esso era un baluardo di senso per la difesa e per la possibilità alla mobilitazione.

Cancellando quest’articolo essenzialmente non esiste più differenza tra lavoratore garantito e precario. La precarietà diventa ora la norma. Potendo licenziare quando si vuole per qualunque motivo poca differenza passa tra ha un contratto a termine o uno che si dice “tutelato”.

Aumenta così la ricattabilità di tutti i lavoratori. Senza tutele e certezze di un futuro con che coraggio e forza i lavoratori possono mobilitarsi contro un abbassamento di salario per esempio?

E pensare che l’articolo 18 non è l’unica modifica sostanziale di questa legge.

Non esiste più limite per le assunzioni tramite contratto di apprendistato, gli apprendisti possono essere presi quando pare all’azienda, nel numero che vogliono, senza dover confermare l’assunzione per poter aggiungere apprendisti.

Totale liberalizzazione dei contratti a termine, eliminando anche le clausole per la loro motivazione.

Questo garantirà flessibilità in uscita e in entrata per aziende.

Le persone diventano merce di cui uno si può sbarazzare quando vuole.

Poco importa se in alcuni passaggi la legge prevede che dopo 30 mesi di contratto a tempo determinato scatta l’obbligo di assunzione. I contatti a progetto, e altri tra i fantastici 40 modi di possibili di concepire un rapporto lavorativo che la legge prevende, non sono considerati contratti a tempo determinato. Non essendoci un limite per i contratti atipici ogni azienda saprà come aggirare l’ostacolo.

E poi l’assunzione a tempo indeterminato dopo la canellazione dell’articolo 18 a cosa serve?

La riforma prevede anche l’aumento del contributo INPS. Sappiamo tutti che l’INPS ha dichiarato che chi versa contributi in maniera separata non avrà la pensione così come sappiamo che l’INPS è al collasso economico così come i precari sanno che accumulare gli anni necessari per la pensione è una chimera.

E poi arriviamo all’Aspi sostituirà assegni di disoccupazione e mobilità: in diversi casi sarà più alta dei primi, ma la copertura assicurata è decisamente ridotta rispetto alla seconda.

L’aspi partirà nel 2017. L’aspi è l’unico ammortizzatore sociale introdotto in questa riforma, mentre disoccupazione, mobilità e cassaintegrazione saranno pian piano cancellati.

In pillole questa la riforma del lavoro ordita dalla coppia Monti-Fornero.

Questo il biglietto da visita che Monti porterà con se per il resto dei suoi giorni.

Pd e Pdl con la compiacenza dei sindacati confederali, CGIL compresa, hanno assecondato questo DDL chiesto direttamente dalla banca Centrale Europea. Tutto quello che il governo tecnico doveva fare per vendere questo paese e i nostri futuri è stato fatto. Si aprirà la bagarre per la campagna elettorale, ora che il marcio è stato fatto dai tecnici. L’ipocrisia della politica farà cadere il governo tecnico e bugie sul domani riempiranno televisioni e giornali.

La naftalina sociale continuerà in eterno?

La rabbia esploderà?

Un fermento sociale che chieda e ordisca un cambiamento nascerà?

Per ora queste sono domande senza risposta.

La certezza è che la politica di palazzo ha fallito.

La diverse componenti della CGIL non sono riuscite ad avere lo sciopero generale e non sono state capaci di decidere di stare fuori dai palazzi quando hanno potuto.

I movimenti sono risultati nulli, assenti e/o incapaci di catallizzare rabbie e mal di stomaci.

Non basta gridare alla rivolta per fare la rivolta. Non basta sedersi al tavolo dei potenti e dire che le cose non vanno per cambiarle.

Per ora piangiamo noi e raccogliamo i cocci, sperando in un futuro che sembra sempre più essere solo un tempo verbale.

Quando le intelligenze collettive riusciranno a concepire un reale percorso alternativo a questo sistema economico che da ormai anni sovra determina la politica mondiale (come spiega molto bene il Subcomandate Marcos in un suo vecchio testo, datato 1995, intitolato “La quarta guerra mondiale è iniziata” ) allora forse potremo pensare di iniziare a ridere noi, perchè i nostri futuri si potranno intravedere sereni e compositi.


Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *