Populismo 2.0
“ […] Scorgo il pericolo, di fronte allo smarrimneto politico che stiamo vivendo, che il luogo comune diventi un punto di riferimento. […] Del resto, forse, Grillo ha coperto quel segmneto che in Grecia è di Alba Dorata e in Francia dal nazionalismo di Marine Le Pen.”. Roberto Saviano (?!), l’Espresso del 14 Giugno 2012.
Qualche Nota
Il concetto di populismo appare alquanto scivoloso e diverse sono state le sue codificazioni o le sue applicazioni nazionali; provando ad isolare alcune macro-caratteristiche, condivise tra le principali analisi socio-politiche, potremmo dire che il suo nucleo centrale sta nell’opposizione del Popolo (inteso come unità sociale omogenea) all’elite dominante (vista come oligarchia politico-economica regnante).
In un simil concetto di popolo si sommano e si mischiano, quindi, più dimensioni: l’idea di popolo-sovrano , di popolo-nazione, di popolo-classe e la variante ancestrale di Volk, andando a delinerare una fantomatica comunità immaginata (leggi perimetrata).
Implicito in questo è ovviamente una visione complottistico-elitaria dei processi storico-economici, non più figli di rapporti di forza e di scontro sociale, ma di una regia occulta, ovviamente difficile da smascherare.
Essendo ogni assetto governativo, propagandisticamente, concepito come espropriante della autentica sovranità popolare, tipico è il ricorso a forme comunicative, e quindi a media, che consentano un appello diretto alla popolazione e, negli ultimi trent’anni, a strategie di marketing politico attentamente progettate.
E’ evidente come tutto ciò abbia una sostanziale identità con l’universo valoriale neofascista e come sia figlio della fine della Guerra fredda e dell’impatto dello shock da globalizzazione sulle società complesse, in particolare nel Vecchio Continente.
Se, infatti, in Europa fu il Front National di J.M. Le Pen, per primo negli anni ’80, ad inaugurare il restyling populistico-comunicativo della destra radicale, l’esempio più significativo, inutile dirlo, venne dall’Italia.
“Anomalia” italia
Per tutti gli anni ’80 nel nostro Paese non c’era stato spazio significativo per movimenti populisti, troppo forte era la riconoscibilità dell’elettorato nei partiti di massa tradizionali e soprattutto la presenza a destra del MSI e asinsitra del PCI (lo stesso Umberto Bossi è un illustre sconosciuto, infatti, fino al 1989); sarà solo con lo sconquasso che seguirà a quella complessa vicenda politico-giudiziaria detta Tangentopoli che si aprirà un reale e significativo spazio politico. Ad approfittarne, ormai è storia nota, furono, non a caso, un movimento politico localista apertamente xenofobo (La Lega Nord) e un nuovo partito/movimento costruito con una precisa strategia di marketing, che contava sull’utilizzo delle più importanti reti televisive private e sui successi sportivo-imprenditoriali del suo padre-padrone (Forza Italia).
Questo rappresentò anche l’ingresso diretto nella stanza dei bottoni di un particolare capitalismo straccione che, è storia giudiziaria accertata ormai, aveva avuto le sue basi di partenza in una economia sommersa e che sicuramente si poneva in modo dialettico, quando non conflittuale, coi tradizionali assetti economico-finanziari italiani ( da Mediobanca alla Fiat).
Con le elezioni del marzo 1994, quelle della discesa in campo di Silvio Berlusconi per l’appunto, infatti il parlamento italiano si riempie di un 60% di neo-eletti, un qualcosa che non avveniva dalle elezioni del 1946, cioè dall’inizio della Repubblica.
A rendere il caso italico assolutamente imprescindibile sarà ovviamente un decennio di governo nazionale diretto e quasi un ventennio di palese egenomonia culturale, spesso volgarmente definita dalla stampa Berlusconismo, ma che rappresentò ,anche nel quadro europeo, la sostanziale scomparsa del vecchio modello di conservatorismo.
Già all’interno dell’opposizione all’ultimo governo Berlusconi assistevamo però all’apertura di spazi politici ben rappresentati da quella galassia legalitario-protestaria che va da Repubblica all’Italia dei Valori, dal Popolo Viola a Beppe Grillo, da Roberto Saviano al Fatto Quotidiano, un fronte che non a caso provò in tutti modi a normalizzare e ricondurre a più miti consigli l’Onda Studentesca, il primo movimento sociale che pose la Crisi e la rabbia del precariato cognitario giovanile al centro della scena politica italiana.
Ma ancora una volta, ed è storia di quest’ultimo anno, l’Italia sta vivendo una particolare fase, figlia ovviamente dell’impatto devastante della Crisi Globale e di un conseguente riassetto economico-finanziario del capitalismo del nostro Paese.
L’altra faccia della medaglia
Non a caso la robusta tecnocrazia bankario-bocconiana di Mario Monti, Giorgio Napolitano e Mario Draghi, sta producendo un nuovo sconquasso nel quadro politico nazionale nel quale, ovviamente trovano spazio fenomeni populisti sempre più aggiornati.
Nell’Italia devastata dall’austerity imposta dalla Troika Finanziaria, oggi infatti la Politica istituzionale discute molto del successo del maggior prodotto populistico italico, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, una autentica novità politico-organizzativa.
Se Berlusconi aveva saputo con maestria sfruttare, governare e incanalare le spinte populiste (cioè anti-elite) presenti nella pancia dell’elettorato italiano, sotanzialmente provando a rappresentare la difesa della comunità dai processi globali (siano essi le migrazioni o le tasse poco importa) oggi anche questo non basta più…
Ecco quindi il Movimento 5 stelle (M5S), che vede il suo front-man nel comico genovese Beppe Grillo ma il suo deus ex machina organizzativo in Roberto Casaleggio e nella sua potente agenzia di comunicazione (Casaleggio Associati).
Un partito/movimento liquido che si basa su azionariato sociale, che si dice stufo sia della destra che della sinistra, religiosamente legato al verbo del suo leader che si esprime solo e soltanto sul web, la nuova frontiera del populismo mediatico.
La reale presenza territoriale è sostanzialmente suddivisivibile in tre aree geografiche in base alle attuali percentuali di voto: una prima fascia dove ormai ha sfondato il 10% (Emilia Romgana e Piemonte), una seconda fascia dove si assesta a a più del 5% (Liguria, Veneto, Toscana) e una terza fascia sotto il 5% dei cosensi (dalla Toscana in giù e la Lombardia).
Un movimento quello di Grillo che dice di voler rispondere alla elite dominante, più italianamente definita casta, con la reale partecipazione del popolo alla vita pubblica garantita dalla trasparenza e dall’orizzontalità del web 2.0 cioè delle tecnologie open source e dei social media.
Lo spin doctor Roberto Casaleggio che ama defenirsi “l’inventore politico di Beppe Grillo” pubblica infatti sul sito della sua agenzia una interessante info-grafica che mostra come il canale youtube, il profilo tweetter e il blog di Beppe Grillo siano il terzo/quarto più visitati al mondo.
Intento dichiarato è mandare letteralmente a quel paese l’intera classe politica precedente, nessuno escluso, in modo da ridare sovranità al popolo grazie ai giovani, onesti, meritevoli e trasparenti- per merito del web- rappresentanti del Movimento 5 Stelle!
Beppe Grillo si vanta, infatti, di mettere al servizio dei cittadini solo incensurati e militanti vergini politicamente, cioè non collusi con le nefandezze dell’attuale classe politica, come il caso di Mattia Calise, il giovanissimo ed evenescente consigliere comunale di Milano.
Dalle analisi dei flussi elettorali emerge poi come l’appel di M5S sia fortissimo, non a caso, tra I delusi del leghismo e del PD, tanto da provocare massicci esodi di militanti oltrec he di voti…
Ma se Grillo sfonda a destra, arriva il prodotto perfetto per gli orfani della cosidetta sinistra radicale ed è proprio da Milano che arriva notizia di una suggestione populista europea, il Pirate Party, che decide di entrare nell’agone politico italiano dopo un annetto di rodaggio, annunciandolo oltre che su facebook, durante la trasmissione l’Infedele di Gad Lerner, in una intervista al Manifesto del 15 Giugno scorso fatta durante al festa di Sinistra Ecologia e Libertà di Roma.
Chiara l’origine dei nuovi pirati che dalla Svezia di pirate-bay alle comunali del senato di Berlino ottengono delle lusinghiere affermazioni elettorali.
A presentare il Partito dei Pirati in Italia un ragazzotto che si dice informatico e musicista figlio della berlino underground, dal nome di battaglia Carlo von LynX: a lui il duro compito di portare il verbo pirata in Italia, anche se ci tiene a specificare “il portavoce del movimento può essere chiunque e il programma politico viene da un software democratico”, però per l’Italia parla solo lui.
A dire il vero in Lombardia da due anni esistono già ben due gruppi che si dicono autentici rappresentanti dell’International Pirates Parties (il raggruppamento mondiale dei Partiti dei Pirati) non a caso in perenne guerra giudiziaria per il possesso del simbolo e del nome…
Il gruppo vincitore, benedetto da berlino, è per il momento quello capitanato da Marco Marsili, ex portavoce della chiaccherata leghista Monica Rizzi, scrittore/giornlista d’inchiesta molto prolifico che pubblica solo con case editrici alternative, spaziando dal Bunga bunga ai soprusi delle forze dell’ordine.
Significativo il programma del Partito Pirata Italiano che ovviamente mette al primo punto la difesa e l’introduzione del software libero/libertà di opinione/espressione ma che subordina il proprio operato al Principio di legalità (“il Partito dei Pirati non promuove e non appoggia, né esplicitamente né implicitamente, nessuna azione che vìoli le leggi esistenti. Il Partito dei Pirati promuove invece la modifica delle leggi esistenti al fine di salvaguardare i diritti dei cittadini, dei consumatori, degli autori e degli operatori economici in modo equilibrato e socialmente accettabile.
Il Partito dei Pirati si riserva il diritto di promuovere delle azioni dimostrative tese a mettere in evidenza le contraddizioni di una legge, od i suoi effetti negativi sull’individuo o sulla società, nei limiti di una normale ed accettabile dimostrazione democratica, di carattere episodico e limitata nel tempo.”).
Ma a tante belle parole non corrisponde nessuna azione, si ricorda solo la campagna propagandistica fatta dai Pirati, in stile indigandos, pre-15 Ottobre 2011 (e il sostanziale imbarazzato silenzio post),la contestazione a Monti alla prima della Scala e un flash-mob contro le Banche a Piazza Affari: si badi bene il tutto avvenuto sempre tre ore prima rispetto a le simili iniziative di massa dei movimenti autorganizzati milanesi.
“Sento già degli europei ridere; ma io, che so poco dell’Iran, so che hanno torto…” M. Foucault ,1978.
E’ evidente come la dissoluzione del quadro politico italiano dovuta al riassetto ecnomico-finanziario figlio della Crisi sommata ad un parallelo contesto europeo di vero e proprio commissariamento della vita di milioni di persone, produce fenomeni complessi che sommano insieme paure, rigurgiti razzisti, tendenze securitarie ma anche ansie sociali e aspirazioni autenticamente emancipatrici che appertengono a migliaia di migranti, lavoratori, precari, esodati, strangolati e sfruttati dal Capitale nella Crisi.
Proprio per questo non si può non tener conto della nuova involuzione populistica che rischia di avere la società italiana anche e soprattutto a “sinistra”; occorre ancora una volta, forse, interrogarsi su come arginare con forza tutto questo, svuotando e destrutturando la retorica della legalità, della corruzione, del merito…
In modo da salvaguardare gli spazi di movimento, già fortemente repressi dal governo tecnocratico, e da sottrarre terreno a chi si candida, in nome del popolo, a normalizzare, arrestare e zittire i conflitti reali.
ER