Cosa accade in Egitto?
di Omar Abdel Aziz (giornalista free lance italo-egiziano).
Partiamo dall’inizio: Alla caduta di Hosni Mubarak l’11 Febbraio 2011, il potere passa in mano al Consiglio Supremo delle Forze Armate con il compito di gestire la difficile fase di transizione del paese. Il mandato dei militari è a termine, il tempo stringe per l’organizzazione dell’elezioni di un nuovo parlamento e senato eletti democraticamente. Ed è proprio nel 2011 che i militari apportano modifiche alla legge elettorale stabilendo che:
– I due terzi dei seggi siano assegnati con sistema proporzionale in circoscrizioni plurinominali con liste bloccate;
– Un terzo dei seggi sia assegnato con sistema maggioritario a doppio turno in collegi binominali.
L’Alta Corte Costituzionale egiziana, l’organo giudiziario più importante nel paese, chiamata a sancire la costituzionalità della legge elettorale non esprime parere negativo.
Elezioni e vittoria degli islamisti
Le elezioni per il primo parlamento e senato eletti dopo la caduta del regime di Mubarak si svolgono regolarmente con una grande partecipazione popolare dal 28 Novembre al 22 Febbraio 2012. Escono vincitori gli islamisti (Il Partito Giustizia e Libertà, espressione politica dei Fratelli Musulmani e il Partito della Luce dei salafiti e altre formazioni islamiche), che insieme, su un totale di 498 seggi disponibili in parlamento ne acquisiscono 314. Seguono con 41 seggi il Partito Wafd, espressione della borghesia terriera egiziana e il Blocco Egiziano (formato dalle forze di sinistra) con 34 seggi mentre le altre piccole formazioni si conquistano i seggi rimanenti. Stessa situazione si ripropone al senato, dove su 180 seggi gli islamisti ne conquistano 150. Al parlamento e senato è presente una solida maggioranza islamista. Il Consiglio Supremo delle Forze Armate indica in giugno la data per le elezioni del Presidente della Repubblica.
I Giudici decretano lo scioglimento del Parlamento
14 Giugno 2012: mancano 10 giorni alle elezioni presidenziali. In piena campagna elettorale e i candidati più probabili alla presidenza sono: Mohammad Morsi, dei Fratelli Musulmani e Ahmad Shafiq, ex primo ministro di Mubarak. Lo stesso giorno l’Alta Corte Costituzionale Egiziana rilascia due sentenze che fanno piombare il paese nel caos:
– Viene considerata incostituzionale la legge elettorale con la quale si è votato un terzo dei seggi in parlamento, e per questo si decreta lo scioglimento totale del parlamento;
– Viene accettata la candidatura alle presidenziali di Ahmad Shafiq, nonostante sia un uomo del regime Mubarak e su di lui pendano gravi accuse penali riguardanti l’uccisione di manifestanti durante la rivoluzione egiziana.
I militari, nonostante l’opposizione di tutte le forze politiche dagli islamisti alla sinistra, sciolgono il Parlamento egiziano e di fatto acquisiscono il potere legislativo ed esecutivo in attesa della nomina del presidente. In una intervista recente Tahany Gibali, vice presidente dell’Alta Corte Costituzionale, e avvocato della moglie di Mubarak, dichiara al Times di aver suggerito ai militari di sciogliere il parlamento egiziano con il pretesto dell’irregolarità parziale della legge elettorale. Nel corso del mese di giugno, con una decisione unilaterale, i militari decidono di limitare i poteri del prossimo Presidente della Repubblica.
Elezioni Presidenziali: vince Morsi e liquida i militari
Il 23 Giugno 2012 Mohammad Morsi vince le elezioni: è il primo Presidente della Repubblica egiziana eletto democraticamente. Subito cerca di far ritornare il Parlamento sciolto d’autorità, ma la Corte Costituzionale e i militari si oppongono. Poco dopo Morsi decide di sciogliere il Consiglio Supremo delle Forze Armate, invitando al prepensionamento il capo del Consiglio, il generale Tantawi e numerosi uomini delle forze armate a lui vicino che hanno gestito la transizione.
Morsi e la partita con l’Alta Corte Costituzionale
Il 6 Dicembre Morsi emana un decreto costituzionale (in attesa di una costituzione), che gli permette di attribuirsi il potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Scoppiano manifestazioni in piazza Tahrir, il timore è che Morsi possa assumersi poteri che non gli competono, aprendo la strada ad una svolta autoritaria, come denunciano le opposizioni, che dalle piazze sottolineano il rischio che Morsi si possa trasformare in un nuovo Mubarak. Dal canto suo Morsi cerca di spiegare le motivazioni di questo suo decreto: la Corte Costituzionale ha già sciolto il parlamento e il timore, sottolineano dalla Presidenza della Repubblica, è che la stessa cosa accada con il senato e soprattutto con l’assemblea costituente, responsabile della redazione della costituzione. E se questo dovesse accadere si stralcerebbe la costituzione e si ritornerebbe di nuovo allo stallo, al caos. Con il decreto, afferma Morsi, “ho voluto rendere inattaccabili il Senato e la Costituente”. Ma le opposizioni non ci stanno, e manifestano chiedendo il ritiro del decreto presidenziale. Con loro anche diversi sindacati dei giudici.
Decade il decreto Presidenziale e il no delle opposizioni alla Costituzione
E’ Caos in Egitto: da una parte i sostenitori della nuova costituzione, dall’altra gli oppositori, che dicono no, non solo alla carta ma al referendum stesso. Il testo, licenziato dall’Assemblea Costituente il 30 Novembre, sarà sottoposto a referendum con tutta probabilità il 15 e 16 Dicembre nonostante il rifiuto dell’opposizione che riunita nel “Fronte di Salvezza Nazionale” si dice contrario ad una costituzione costruita senza il consenso di tutti. Intanto al Cairo scoppiano numerosi scontri tra sostenitori e oppositori di Morsi, che provocano decine di morti, mentre diverse sedi dei Fratelli Musulmani bruciano in tutto il paese. Il 9 Dicembre dopo un colloquio con parte dell’opposizione, il partito conservatore Wafd e altri partiti rivoluzionari, Morsi decide di ritirare il decreto, confermando comunque la data prevista per le votazioni di metà Dicembre. Ma per il “Il Fronte di Salvezza Nazionale” (formato da partiti di sinistra e liberali) non basta, chiedono di rifare la Costituzione e si oppongono al referendum. E oggi diversi cortei a favore e contro la costituzione.
Il nodo dello scontro
Il nodo dello scontro sta nella carta licenziata dall’Assemblea Costituente. Alcuni articoli della costituzione infatti fanno riferimento alla Sharia come principale fonte di diritto per il paese, espressione che non piace alle forze di sinistra e liberali che sottolineano come solo dopo accesi dibattiti all’interno dell’Assemblea, trovatisi in minoranza, siano stati costretti, a Novembre, ad abbandonare i lavori per prendere la via delle manifestazioni di piazza contro una “Costituzione Islamica” monopolizzata dai Fratelli Musulmani. Un documento registrato nell’Assemblea in data Ottobre invece sembra dimostrare il contrario: sugli articoli contestati della Sharia, si era arrivato ad un accordo comune firmato da tutti: forze islamiste, di sinistra e liberali.
Il Paese intanto resta spaccato in due, tra i sostenitori di Morsi e gli oppositori mentre la tensione sale. La parola definitiva sul testo la daranno gli egiziani il 15 e il 16 Dicembre mentre Morsi ha dichiarato che se gli egiziani diranno no alla Costituzione, sarà formata un’Assemblea Costituente eletta direttamente dal popolo per ricominciare un nuovo progetto costituzionale.
la strada per la stabilizzazione dell’Egitto sembra essere ancora lunga.
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