M.I.A. – La cattiva ragazza della musica – 21 novembre @ ZAM
Matangi/Maya/M.I.A.
La cattiva ragazza della musica
Cinezam
21/11 ore 21
v.o. sub ita.
Classe 1975, Mathangi Arulpragasam, internazionalmente nota come M.I.A., nel 1985 è fuggita dalla guerra civile nello Sri Lanka, paese originario dei genitori, da rifugiata. Voluta da Madonna (insieme a Nicky Minaj) per apparire insieme a lei nella performance del Super Bowl 2012, si è imposta a metà anni 2000 come la prima pop star di origine Tamil, distinguendosi come portavoce nel denunciare la situazione politica della sua terra, e attirandosi anche le critiche di “sfruttamento” delle proprie origini, come trapela da un ambiguo incontro con il “New York Times”, qui documentato.
Per raccontare la propria parabola, M.I.A. – che nell’adolescenza aveva aspirazioni da documentarista, salvo poi scoprire che nella musica può esprimersi più facilmente – affida un monte di materiale video privato, che copre un arco di oltre due decadi, all’amico e compagno di scuola Steve Loveridge.
Non una scuola qualunque, ma il Central St. Martins, rinomato college di arts and design punto di riferimento dei creativi e sperimentatori di tutto il mondo.
Salita al successo mainstream per la colonna sonora di The Millionaire di Danny Boyle (2008), per il cui contributo riceve una nomination agli Oscar (nello stesso anno in cui ne ottiene un’altra per il Grammy per il singolo Paper Planes, dal secondo album Kala, 2007, prodotto dal compagno, il dj e produttore statunitense Diplo), M.I.A. si differenzia dalle sue colleghe per la capacità di applicarsi ecletticamente alle arti, dal disegno degli abiti all’ideazione delle cover dei dischi.
Figlia di Adular, leader delle Tigri Tamil, i resistenti armati che combattono l’esercito governativo nella giungla, ha fatto di quell’immaginario, anche visuale, la sua cifra, ben prima di incontrare il talento di Romain Gavras (nel 2012 premiato per fotografia e regia di “Bad Girls”, dai MTV Music Video Awards. Il documentario, che procede non linearmente ma avanti e indietro nel tempo, sottolineando la difficoltà di mantenere un legame con le radici familiari, con un’operazione parzialmente analoga a Grace Jones: Bloodlight and Bami di Sophie Fiennes.
Non scorrono solo le immagini private, che rendono conto del regime repressivo srilankese, ma anche alcune terribili, di guerra, tra cui quelle, durissime, di bambini giustiziati. Il contrasto tra l’estetica povera, “rubata” di quei materiali autoprodotti in Sri Lanka e quella iper pop, smagliante di video come “Bad Girls” non è un problema, per i filmmaker. Tutto si tiene, nella filosofia do it yourself di M.I.A. e del suo regista. E chi conosce le leggi della comunicazione può evitare di diventarne vittima.
Non c’è controcampo in questo excursus provocatorio, meta, consapevole: pochi momenti musicali, rigorosamente live o home made, nessuna sfilata di teste parlanti che danno il loro parere futile o aneddotico sulla star. Qui è M.I.A. a parlare di sé, a reclamare la sua voce. Una consapevolezza che non scade mai nell’egocentrismo o nella vanità, in questo documentario estremamente controllato dalla sua protagonista. Vedere il rovesciamento della migrazione in un video come “Borders”, per credere.