Il Registro delle unioni civili – Intervista a Marilisa D’Amico


Il Registro delle unioni civili è sbarcato lo scorso luglio a Milano. Di cosa si tratta? Chi può accedervi? Che diritti acquisisce chi vi si iscrive? Per capire cosa è stato ottenuto e cosa ancora si deve fare per azzerare le discriminazioni delle coppie di fatto MilanoInMovimento ha intervistato Marilisa D’Amico, presidente della Commissione Affari Istituzionali del Comune di Milano.

 

Che cos’è il Registro delle unioni civili? chi si può iscrivere e come funziona?

Il registro delle unioni civili è uno strumento di tipo amministrativo attraverso cui il comune delibera che chi si iscrive a questo registro è equiparato alle coppie sposate per quanto riguarda i provvedimenti di competenza del comune, come quelli legati alla casa, ai servizi sociali, ai trasporti, allo sport, al tempo libero. Si possono iscrivere le coppie eterosessuali ed omosessuali che siano residenti o coabitanti nel comune di Milano.

 

Perché iscriversi? Quali diritti sono garantiti e cosa cambierà nella quotidianità delle persone?

La coppia registrata automaticamente accederà a tutti i provvedimenti del comune che faranno riferimento alle coppie sposate.

Queste coppie avranno una loro dignità riconosciuta pubblicamente. Ad esempio da ora in poi a Milano chi ha un proprio caro in ospedale, non potrà essere cacciato dal medico come accadeva prima, spesso su richiesta di famigliari meno cari alla persona che sta male ma fino ad ora ritenuti più titolati per assisterlo.

 

Come avviene l’iscrizione?

Le persone vanno all’anagrafe, verificano se il loro stato di famiglia è a posto e dichiarano o allo stesso sportello dell’anagrafe o a uno sportello vicino, questo è ancora da decidere, di volersi registrare. Una volta che sono registrate, il comune dà un attestato di unione civile che quindi è diverso dal certificato anagrafico.

 

Ci sarebbero potute essere soluzioni diverse rispetto al registro?

Diciamo che la soluzione che avevamo ipotizzato inizialmente era molto simile a quella di Torino, dove si ha una coincidenza tra il certificato anagrafico e l’attestazione comunale. Nel capoluogo piemontese chi è iscritto all’anagrafe entra nel registro comunale. Dopo una serie di emendamenti portati sia dall’ala cattolica del Pd, sia dall’opposizione, abbiamo voluto ricondurre in maniera più marcata il registro alle coppie e abbiamo elaborato questo modello, che valorizza moltissimo l’elemento della coppia. Personalmente questa modalità mi piace molto, perché da una parte tiene distinta la famiglia tradizionale e le unioni civili, ma dall’altra valorizza l’elemento coppia e quindi è molto utile alle coppie omosessuali riconoscendone sia pure indirettamente la rilevanza.

 

Ha appena citato l’esempio di Torino: quali altri comuni italiani hanno provato ad affrontare il tema delle coppie di fatto e con che modalità?

I comuni che hanno affrontato questo tema sono circa un’ottantina e i modelli sono anche diversi dal nostro. Torino, come dicevamo prima, fa riferimento solo alla famiglia anagrafica, ma ad esempio Napoli ha un registro autonomo rispetto all’anagrafe. Il modello milanese fa riferimento all’anagrafe, ma è autonomo.

Quello che risulta è che in generale nei registri ci sono poche iscrizioni e quello che noi speriamo è che a Milano questo trend si possa invertire. Le coppie milanesi che tanto hanno voluto questo registro, che era un obiettivo del programma elettorale, speriamo si iscrivano e dimostrino che questo registro funziona.

 

Il testo approvato è differente dal testo originale, inizialmente presentato, in che modo?

Una delle differenze più importanti tra il testo proposto e quello definitivo, è nell’articolo 2, che invece di fare riferimento a un “insieme di persone”, fa riferimento alla “coppia”. La dizione “insieme” può fare riferimento anche a un’unione poligamica, cosa che ovviamente non era negli intenti e che è vietata dal codice penale. Per questo abbiamo fatto delle modifiche che ci hanno portato a riservare il registro in modo più preciso alle coppie.

Abbiamo avuto un confronto approfondito con l’ala cattolica del Pd e da questo confronto è emerso un modello nuovo, laico, che tiene conto delle diverse sensibilità e dei precetti laici della Corte Costituzionale, in cui nessuno vuole prevalere sull’altro.

Anche all’opposizione devo riconoscere vi è stato un lavoro molto serio che ci ha permesso di arrivare a un provvedimento condiviso. È un’esperienza che politicamente trovo molto significativa.

 

Come si sono posti i movimenti Lgbt?

I movimenti sono stati irritati da alcune prese di posizione, ma hanno avuto una reazione positiva. Sanno benissimo che un registro non è nulla rispetto all’obiettivo, che è la legge a livello nazionale, ma tutti hanno dato una mano.

 

Quale intervento ci si aspetta a livello nazionale?

Una legge nazionale è stata sollecitata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 138 del 2010, ma finora rispetto a questa sentenza il legislatore si è disinteressato. Deve essere chiaro che il registro del comune non può essere una fonte del diritto capace di introdurre cambiamenti del codice civile. Si tratta di un provvedimento che incide unicamente a livello amministrativo, quindi la sua portata può essere molto limitata rispetto a quello di cui potrebbero avere bisogno le coppie.

 

Cosa possiamo dire pensando all’Europa?

A livello europeo siamo un fanalino di coda, perché abbiamo ovunque o leggi sulle unioni civili, o i pax, come in Francia, o, in alcuni paesi, il matrimonio gay, quindi siamo indietro. Il fatto di lasciare completamente scoperte sia le coppie di fatto eterosessuali, sia le coppie omosessuali crea un gap notevole tra l’Italia e il resto d’Europa. Molte coppie omosessuali, che vanno a sposarsi all’estero e poi tornano, in Italia non sono nulla. È una doppia discriminazione.

 

Qual è il futuro?

A Milano spero che tante coppie si iscrivano al registro e che questo funzioni come strumento amministrativo. Mi aspetto però che la politica dia un segnale da Roma, con una legge che regolamenti in maniera seria diritti e doveri dei conviventi, così da portare l’Italia al passo con l’Europa.

Una risposta a “Il Registro delle unioni civili – Intervista a Marilisa D’Amico”

  1. […] sapere qualcosa in più e/o avere conferma dei dati soprariportati, potete soffermarvi a leggere l’intervista, rilasciata dalla signora Marilisa D’Amico, presidente della Commissione Affari Istituzionali del […]

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