“A Milano più sgomberi con Pisapia che con la Moratti”
Da Linkiesta.it
I più delusi sono loro. Quelli che da sinistra avevano creduto nella “rivoluzione arancione” di Giuliano Pisapia. Di fronte alla prospettiva del sesto sgombero in meno di due anni, i ragazzi dei collettivi non nascondono la rabbia: «Il colpevole silenzio di Sindaco e consiglio comunale – scrivono in un comunicato – è costato alla città nei primi due anni di mandato più sgomberi di quelli fatti dalla giunta Moratti».
A quanto sembra che ora sia venuto il turno di Zam (zona autonoma Milano), ex fabbrica occupata in zona Barona. Qui, in via Olgiati 12, a partire dal 29 gennaio 2011 si è installato un gruppo di una quarantina di ragazzi. In due anni di vita del centro sociale sono nati tre palcoscenici, due palestre, due sale concerto, due bar, due uffici, una redazione, decine di attività sportive per centinaia di persone, 160 m2 di pareti da arrampicata, un laboratorio teatrale, un laboratorio hip hop, si sono tenuti oltre 200 concerti, più di 100 appuntamenti culturali, un festival di cinema e documentari e, in generale, sono state coinvolte migliaia di persone. Tutto questo rischia di essere demolito.
Lo Zam è occupato da gennaio 2011
«Per ora – dichiara Martina, portavoce del collettivo Zam – è solo una voce che ci è arrivata da alcuni amici che hanno a che fare con l’amministrazione. Però alcuni consiglieri di zona ci hanno confermato che lo sgombero sarebbe in arrivo. Sulla proprietà pare ci sia una causa tra eredi e nel giro di un mese dovrebbe essere disposto il sequestro preventivo». Al momento del loro arrivo lo stabile era in stato di abbandono da anni. «Stiamo cercando di capire cosa stia succedendo, ma essendo occupanti illegali non abbiamo accesso agli atti. Sembra che, essendo morto il vecchio proprietario unico ed avendo il nuovo Pgt dichiarato l’area convertibile, i soci “eredi” vogliano approfittarne», dice Angela, che si occupa della comunicazione per Zam.
Lo Zam è occupato da gennaio 2011
Gli occupanti vogliono lanciare una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica in questo mese che rimane prima dell’atteso sgombero. «A parte qualche lamentela per il rumore di notte, che siamo sempre più riusciti a limitare, col quartiere abbiamo un buon rapporto – prosegue Martina – e ci spiacerebbe dovercene andare. Qui abbiamo creato una comunità molto eterogenea, con una Polisportiva, spazi per concerti, film, lezioni di yoga, danza, arti marziali, arrampicata. Abbiamo con noi fin dall’inizio la Rete Studenti, quindi ci sono moltissimi ragazzi liceali. Non lasciamo che tutto questo finisca». Il problema, dal punto di vista del movimento antagonista, è la sordità del Comune di fronte ai loro appelli. Una sordità, accusano, cominciata dal giorno dopo le elezioni e durata fino ad oggi.
Uno dei bar dello Zam
Zam infatti è solo l’ultimo di una serie di sgomberi che hanno guastato i rapporti tra estrema sinistra e giunta Pisapia. Lo scorso ottobre c’era stato quello del collettivo Lambretta da quattro villette Aler (abbandonate da 11 anni), tra via Apollodoro e piazza Ferravilla. Prima ancora gli sgomberi di Macao, dalla Torre Galfa e poi da Palazzo Citterio. Più in piccolo, il Black Out di via Valvassori Peroni era stato sgomberato a marzo 2012. Tutti episodi, questi ed altri, in cui l’attuale giunta ha provato a differenziarsi dai propri predecessori. Tanti ricordano Pisapia che parla al megafono sotto la Torre Galfa per cercare un dialogo con gli occupanti. E nel caso del Lambretta ci fu addirittura una pubblica presa di distanza del sindaco dalla decisione di mandare via gli occupanti. Paolo Limonta, della segreteria di Pisapia, scrisse una lettera alla questura per chiedere di non procedere ma il questore rispose che, avendo ricevuto una denuncia da parte dei proprietari, lo sgombero era obbligatorio per legge.
«Ci aspettavamo molto di più da questa giunta – dice ancora Martina – viste anche le aspettative che aveva suscitato la campagna elettorale. Invece il Comune non ha fatto niente per gli spazi aggregativi per i giovani. Hanno giusto iniziato con pochi bandi per l’assegnazione di alcune aree, come quella ex Ansaldo, che vanno bene per le associazioni ma non certo per noi, non per chi porta avanti il modello dell’autogestione. Non chiediamo la luna: sappiamo che gli spazi che occupiamo sono privati, che la Questura di fronte alle denunce è obbligata a sgomberarci. Non chiediamo che il Comune compri gli immobili per noi. Ci basterebbe un riconoscimento esplicito del valore delle autogestioni e l’avvio di un percorso insieme alle istituzioni per trovare soluzioni condivise».
La musica cambia completamente nella versione del Comune. Limonta, incontrato durante una “domenica a piedi”, conferma le voci sullo sgombero e si mostra subito coinvolto dal problema. «Oggi pomeriggio – dice – devo tornare a casa per rispondere alla lettera di un bambino che faceva arrampicata allo Zam e provare a raccontargli cosa succede». Non è un compito facile. «La volontà – cerca di spiegare Limonta – di dare una nuova gestione degli spazi da parte della nuova giunta c’è sempre stata. Appena eletti abbiamo subito lanciato un censimento degli immobili pubblici inutilizzati, questo giugno dovremmo avere i risultati e a settembre lanciare una azione più vasta di assegnazione. Man mano che procediamo facciamo comunque dei bandi per assegnare gli spazi, finora direi che si è trattato di una cinquantina di immobili». L’azione del Comune ha incontrato alcune difficoltà in questi primi due anni: problemi burocratici, risorse scarse, un rapporto con l’Aler “complicato” e l’effettiva inagibilità di diversi immobili. «Ma abbiamo comunque provato ad andare incontro alle esigenze dei collettivi: per esempio abbiamo cambiato la norma sulle associazioni che possono concorrere per i bandi. Ora si possono costituire anche il giorno prima mentre fino al nostro intervento era necessario essere costituiti da un anno ed essere registrati».
«Da parte nostra c’è la massima disponibilità a dialogare con le realtà informali, anche con il movimento – prosegue Limonta –, ma devono venirci incontro. Non si può pretendere che il Comune intervenga per regolarizzare ogni situazione di occupazione che si crea». Il percorso che è stato individuato è quello dell’assegnazione tramite bando degli spazi, e su quello si intende procedere. Dialogando, con la disponibilità a discutere di forme nuove di socialità, ma senza scarti.
Questo atteggiamento non viene accettato dagli antagonisti, la cui ala più dura accusa Pisapia di essere in sostanziale continuità con la giunta precedente per quanto riguarda non solo gli sgomberi, ma anche la questione dei nomadi o, ancora, il divertimento serale, la così detta “movida”. «Avevano promesso una rivoluzione – conclude Martina – un cambiamento epocale, specialmente per i giovani. Invece il “modello Berlino” è sempre più lontano».
Una critica questa che non è nuova alle orecchie dell’attuale amministrazione. «Mi sembrano parole ingenerose», si difende Limonta. «Paghiamo alcuni errori nella comunicazione, come nel caso delle voci infondate che si erano diffuse sullo spegnimento della musica nei locali della movida a mezzanotte o la chiusura dei chioschi. E poi fino ad oggi ci siamo concentrati molto sullo studio della situazione, sull’approfondimento. Abbiamo fatto una politica non di annunci e, ammettiamolo, non siamo riusciti a dare quei segnali forti che tanti, soprattutto i giovani, si aspettavano. Ma il cambiamento c’è – conclude Limonta – e ci sarà. Ci sono tanti progetti su tanti tavoli che nei prossimi mesi arriveranno a compimento. Ai giovani dico: “costruiamo insieme la gestione degli spazi di questa città, mettiamoci d’accordo”. La porta del mio ufficio è sempre aperta».
Chissà quanti dei pugni chiusi che si alzavano il 30 maggio 2011 in piazza Duomo andranno a bussare. La delusione a sinistra è forte. L’euforia della campagna elettorale è passata da un pezzo e ad ogni sgombero aumenta il malcontento verso un Comune che sembra meno “amico” di quanto si pensasse. Il grande balzo in avanti, la clamorosa discontinuità, la “rivoluzione” per ora non c’è stata. Nell’ala sinistra, ma non solo, la politica dei “piccoli passi” lascia l’amaro in bocca.
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