Mense: Carità o Diritti?
Nelle ultime settimane sui giornali locali e in giro per Abbiategrasso si fa un gran parlare di “mense dei poveri”.
Sembrerebbe che presto, in fiera, ne nascerà una. A proposito di questo vorremmo offrire uno spunto, stimolare una riflessione che coinvolga gli abitanti, le istituzioni e le associazioni.
Abbiamo letto delle dichiarazioni da parte dei nostri amministratori che ci fanno presumere l’istituzione di un servizio di mensa che a noi non convince. Anzi preoccupa.
Siamo convinti che prima ancora di istituire una mensa cosiddetta dei poveri sia necessario fare dei ragionamenti seri e approfonditi. E’ necessaria un’accurata analisi del bisogno sociale che fa nascere la volontà di istituire un servizio del genere.
Con dati, narrazioni e approfondita cognizione di causa.
E’ altresì importante ragionare su come organizzare e gestire un servizio che, tendenzialmente (come è già stato rilevato da parecchie ricerche e letteratura sul tema) da una parte consente di mantenere in vita l’assistito, ma dall’altra rafforza pesantemente la sua esclusione. Tra carità e diritto la differenza è netta, sostanziale e in uno stato laico questo non dovrebbe mai essere trascurato.
La crisi economica prodotta dal capitalismo finanziario, l’aumento della disoccupazione, l’erosione dei diritti e del welfare ci mette di fronte ad un problema sempre più in aumento: sono sempre di più le persone che vivono in condizioni di povertà e che hanno un accesso limitato al cibo. Questo in tutto il mondo. Anche nei paesi occidentali. Anche in Italia. Anche ad Abbiategrasso.
Le mense storiche delle grandi metropoli sono sempre più affollate. Le code fuori da queste strutture sono sempre più lunghe. Le persone che compongono queste file hanno tante storie e provenienze. Ogni storia ha il suo perché.
I servizi di assistenzialismo sono destinati ad aumentare. Sorgono nuovi servizi che cercano di tamponare le emergenze. Nascono nuovi centri assistenziali. Gli stati, le organizzazioni sovranazionali e intergovernative non riconoscono i diritti e delegano ad associazioni in prevalenza religiose l’erogazione di servizi caritatevoli.
Ma come funzionano questi servizi?
Qualè il rapporto tra chi elargisce il servizio e l’utente del servizio?
Chi puo’ accedere a questi servizi?
Come si accede a questi servizi?
Questi servizi sono tutti uguali?
Le persone che attraversano questi servizi quali torsioni identitarie subiscono?
In quasi la totalità di queste strutture per accedere occorre tesserarsi, documentare un certo profilo anagrafico, la nazionalità, lo status, un documento. Bisogna avere, come viene detto, ‘certe caratteristiche’. Anche la carità ha le sue regole! La tessera è un dispositivo interessante. Nata come strumento per riconoscere e contare, essa in realtà assolve ad una funzione di controllo. Se c’è una tessera ci sono dei tesserati, degli inclusi in un ordine, dei controllori e dei controllati. E se c’è una discriminazione i discriminati, pur di accedere al servizio di cui hanno bisogno, immagineranno anche un aggiramento. Ecco infatti che per poter accedere a questi servizi essi imparano a modificare il loro profilo anagrafico, si fanno esperti nell’arte del trucco identitario, cercano, per farsi accettare, di dichiarare età e profili ‘compatibili’. Ma, per quanto s’ingegnino, pur riuscendo a truccare, nei limiti del possibile, il loro profilo anagrafico e identitario, la situazione per loro non potrà migliorare di molto. In certi casi finirà col peggiorare. Da persone si trasformeranno in mendicanti.
La qualità del cibo. Sono tante le testimonianze di chi frequenta alcune “mense dei poveri” che narrano di gonfiori allo stomaco, alla pancia, l’intestino irritato e di strane e sospette sonnolenze.
Si apre quindi un altro tema importante: la qualità del cibo.
Da dove arrivano le materie prime? Come e chi le cucina?
Queste sono solo alcune riflessione e alcune domande che a nostro avviso è necessario porsi come comunità e soprattutto come istituzioni se si vuole fare un lavoro serio e consapevole su quello che si va a istituire e produrre anche ad Abbiategrasso.
A nostro avviso si dovrebbe e è necessario continuare a raccogliere informazioni, porsi delle domande, trovare delle risposte.
Facciamolo. Come comunità, come associazioni, come operatori del terzo settore, come utenti e come istituzioni del territorio.
Per non banalizzare. Per costruire progettualità virtuose e funzionali. Per evitare l’errore e l’orrore di costruire dei ghetti. Delle discariche per rifiuti sociali dove nascondere le nostre paure e mettersi apposto con la coscienza.
Folletto 25603