Ricordando Varalli e Zibecchi
Sabato 14 Aprile – Z.A.M., via Olgiati 12
alle ore 21 inaugurazione della mostra fotografica “Trent’anni. Una vita fa”
alle ore 21,30 “Stalingrado in ogni città”. Franco Fabbri degli Stormy Six e lettura di storie di ragazzi antifascisti
alle ore 22,30 Franco Fabbri (ex Stormy Six) e la Famglia Rossi
“Di quel giorno ricordo distintamente i Carabinieri che ci sparavano addosso dalla caserma
di Via Fiamma…”.
“Arrivo in testa al corteo appena in tempo per vedere la coda dei servizi d’ordine che
entrano in Via Mancini. Poi si sente una lunga serie di botti delle molotov…”.
“Ad un certo punto mi sono ritrovato come un pirla, nel fumo dei lacrimogeni, abbracciato
ad un semaforo, con questi giganteschi camion militari lanciati a tutta velocità, che mi
sfioravano…”.
“Entriamo uniti intonando slogan – facendoci scudo con un’auto in folle – la celere concentra
il tiro sui finestrini della macchina che scoppiano in mille pezzi. (…) Scappano sparandoci
lacrimogeni e gli ultimi proiettili”.
“Ero appena tornata a lavoro dopo lo sciopero della mattina quando alla radio dettero la notizia
che, durante gli scontri in Corso XXII Marzo c’era stato un morto, con M., senza dire niente
al capo, corsi fuori dall’ufficio. Dovevo vedere…e capire cosa era successo”.
“Il camion ha sterzato, è sceso dal marciapiede ed ha puntato il ragazzo. Per un lunghissimo
attimo l’ho visto finire contro la rete metallica che avvolge il muso del mezzo. Subito dopo
gli è scivolato sotto. Il camion non ha rallentato. Quando ho rivisto il ragazzo era tutto sangue.
Più in là, a quasi due metri, il cervello…”.
“Da quel giorno, i fascisti non hanno più osato farsi vedere in giro per Milano. Ma a che prezzo!”.
“Guardavo la carta d’identità per crederci. Zibecchi Giannino. Pio. Leggevo e restavo inebetito.
Riconoscevo adesso la giubba di panno, la camicia… Non avevo il coraggio di girarlo, di guardarlo
in faccia. Guardavo il povero corpo devastato e pensavo. E adesso? Tutto finito? Le ragazze, i sogni,
il futuro, la vita. Tutto era perduto!”.
Sia nei ricordi delle persone che nei libri scritti su quegli anni le giornate d’Aprile del 1975
emergono come un momento decisivo nella vita di molti compagni.
Quasi uno spartiacque.
L’Italia del 1975 è un paese molto diverso da quello di oggi.
Ma paradossalmente molto simile.
E’ un paese in cui le forze di sinistra sono in crescita travolgente. L’anno prima si è assistito
alla grande vittoria nel referendum sul divorzio e nelle amministrazive del Giugno ’75 la sinistra
vincerà un po’ ovunque gettando le basi delle enormi aspettative (poi tragicamente deluse) per il
sorpasso elettorale nei confronti del regime democristiano nelle elezioni politiche del 1976.
E’ però anche un paese squassato da una dura crisi economica causata dallo shock petrolifero del ’73.
Un paese in preda all’inflazione ed alla disoccupazione e nel quale, Confindustria, risparmia
energie per la grande ristrutturazione industriale di fine decennio.
E’ l’Italia del “compromesso storico” teorizzato dal segretario del PCI Enrico Berlinguer. La sciagurata
politica di alleanza con la Democrazia Cristiana che la base comunista accetterà malvolentieri e che
porterà all’insurgenza del 1977 ed alle successive sconfitte comuniste.
E’ il paese delle stragi impunite (Piazza Fontana ’69, Piazza della Loggia e treno Italicus ’74) e
dell’alleanza fascisti-apparati statali.
Ed infine, cosa importantissima, l’Italia dei movimenti sociali e dei gruppi rivoluzionari.
Del ’68 studentesco e dell’Autunno Caldo operaio.
Ma arriviamo a Milano.
Milano è una città dura.
Una città al centro di tutte queste tensioni.
Una città che ha già visto molti morti nelle strade.
E proprio nel 1975 inizia ad emergere quella generazione che sarà poi protagonista dei circoli
del proletariato giovanile e della rivolta del ’77.
E’ in queste condizioni che maturano le giornate d’Aprile.
Il 16 Aprile, un gruppo di ragazzi, reduci da una manifestazione per la casa viene affrontato
da un nucleo di fascisti in Piazza Cavour. Antonio Braggion, noto picchiatore nero, spara
uccidendo Claudio Varalli, giovanissimo studente di Bollate, figlio di operai.
La notizia fa il giro della città ed in pochissimo tempo in Piazza Cavour si riuniscono migliaia
di persone.
Per il giorno successivo i sindacati dichiarano un primo sciopero antifascista.
La manifestazione del 17 Aprile è imponente. La parte più militante del corteo si muove verso
la sede provinciale del MSI in Via Mancini (luogo di partenza di mille scorrerie squadriste).
L’assalto è durissimo e la Polzia viene messa in fuga.
Proprio in quel momento un’autocolonna dei Carabinieri proveniente da Piazza Cinque Giornate
entra a folle velocità in Corso XXII Marzo spazzando il corteo.
Giannino Zibecchi viene travolto ed ucciso da un camion dei Carabinieri.
La tensione non scema.
Il giorno dopo nuovi giganteschi cortei in città.
Ai funerali di Zibecchi parteciperanno decine e decine di migliaia di persone.
E centinaia di migliaia di lavoratori bloccheranno la città per lo sciopero antifascista pochi
giorni prima del 25 Aprile.
Anche il resto dell’Italia sarà percorsa da manifestazioni molto tese.
A Torino una guradia giurata ucciderà il militante di Lotta Continua Tonino Micciché.
A Firenze la Polizia sparerà uccidendo il giovane del PCI Rodolfo Boschi.
Inutile dire che i processi per i due omicidi di Milano finiranno nel nulla.
Milano però non dimentica.