Nucleare e gas, il primo no alla tassonomia di Bruxelles
Investire in una centrale nucleare o in un impianto a gas non è come investire in un campo eolico o in un impianto fotovoltaico. Il distinguo è stato chiaro ieri alla maggioranza dei membri delle Commissioni Affari economici e Ambiente del Parlamento europeo che hanno bocciato la proposta della Commissione von der Leyen sulla cosiddetta tassonomia verde, l’atto delegato che chiede di includere gas e nucleare tra gli investimenti sostenibili. La parola fine a questa diatriba, che si consuma da più di un anno a Bruxelles, la metterà il Parlamento europeo che dovrà votare in plenaria la proposta della Commissione tra il 4 e il 7 luglio: solo allora si saprà se la maggioranza che si è materializzata ieri nelle commissioni si riformerà in aula. I voti sono stati 76 a favore, 62 contro e 4 astenuti, ma poiché nessun partito ha richiesto la votazione per appello nominale, non è chiaro dove siano i «dissidenti» della maggioranza Ursula.
Nella risoluzione votata ieri, inoltre, le commissioni chiedono anche che qualsiasi nuovo atto delegato sia soggetto ad una consultazione pubblica e ad una valutazione di impatto, vista la sua rilevanza economica, ambientale e sociale. Se la maggioranza assoluta degli eurodeputati (353) obietterà alla proposta della Commissione, allora l’esecutivo Ue dovrà ritirarla o emendarla. «Il voto di oggi è un passo importantissimo verso una posizione forte e chiara da parte dell’intero Parlamento per rigettare l’atto della Commissione – ha dichiarato l’eurodeputata dei Verdi Eleonora Evi – L’etichetta di sostenibilità per investimenti in gas e nucleare rischia di dirottare miliardi di euro dalle fonti rinnovabili ed investimenti in efficienza energetica verso fonti di energia inquinanti, costose e pericolose, non solo mettendo a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma rendendoci ancora più sottomessi alla dipendenza di paesi come la Russia, che infatti potrebbe guadagnare fino a 4 miliardi di euro in più all’anno grazie all’estensione della tassonomia», prosegue Evi.
Secondo uno studio di Greenpeace Francia, è proprio la Russia il paese che trarrebbe maggior vantaggio dall’inserimento del gas e del nucleare nella tassonomia verde Ue: il provvedimento permetterebbe a Rosatom, la compagnia di stato russa per l’energia atomica, di accaparrarsi una quota pari a 500 miliardi di euro previsti per l’espansione della potenza nucleare in Europa. Non sorprende che Rosatom, Gazprom e Lukoil abbiano fatto molte pressioni sulla Commissione, sia direttamente che tramite aziende controllate o lobbisti. «Si contano almeno 18 incontri con commissari europei ed alti dirigenti della Commissione dalla pubblicazione, nel marzo 2018, del Piano d’Azione della Commissione sulla finanza sostenibile», denuncia Greenpeace Francia, che ha preannunciato una mobilitazione a Strasburgo in occasione del voto finale.
«Ci congratuliamo con gli eurodeputati delle commissioni Econ ed Envi per aver scelto la strada giusta per proteggere la credibilità della tassonomia dell’Ue. Non c’è nulla di sostenibile nei combustibili fossili e nelle scorie nucleari e molti investitori e banche non vogliono che siano etichettati come verdi – ha affermato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima e Energia del Wwf Italia. – Ora la plenaria del Parlamento di luglio dovrà seguire il parere delle due commissioni competenti e respingere quello che altrimenti sarebbe un errore enorme e costoso per clima e ambiente: incanalare miliardi in progetti sporchi, invece di finanziare la transizione verso le energie rinnovabili».
Era stato il WWF Europa, a nome di numerose Ong e organizzazioni ambientaliste di vari paesi membri, a sollevare il caso nell’aprile del 2021 quando nella bozza della proposta della Commissione, dopo 3 anni di consultazioni con vari esperti, comparvero, a sorpresa, anche gas e nucleare nella lista della tassonomia verde tra le attività che «non recano danni significativi» all’ambiente. Allora fu presentata a Bruxelles una lettera firmata da 226 scienziati contro un atto delegato contenente «affermazioni infondate, contrarie alla scienza del clima»; persino la Piattaforma sulla Finanza Sostenibile, un gruppo di esperti indipendente nominato dalla Commissione stessa, espresse parere negativo.
Se il Parlamento europeo rigetterà la proposta della Commissione, secondo il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani «potrà scongiurare un duro colpo al Green Deal Europeo e ad un’ambiziosa politica in grado di fronteggiare l’emergenza climatica».
di Daniele Passeri
da il Manifesto del 15 giugno 2022
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