Da Ataturk a Occupy Gezi: breve storia della Turchia moderna.
La Turchia come la conosciamo oggi nasce con gli stravolgimenti dovuti alla fine della Prima Guerra Mondiale ed alle convulsioni che ne seguirono.
La sconfitta degli Imperi Centrali portò a condizioni di pace umilianti.
L’Impero Prussiano, già in ginocchio, fu messo in miseria gettando le basi (come aveva predetto Keynes) per la nascita di un’opposizione che sfocerà nel Nazismo.
L’Impero Austro-ungarico e quello Ottomano furono smembrati.
Nel convulso periodo della Prima Guerra Mondiale, il movimento modernizzatore dei Giovani Turchi, che aveva avuto il sopravvento sul Sultano Hamid nel 1909, si rese responsabile del genocidio degli Armeni, accusati di tramare contro i Turchi cercando l’alleanza a fianco dei Russi.
Con il Trattato di Sevres del 1920 l’Impero Ottomano cessò di fatto di esistere con grandi concessioni territoriali al grande nemico greco.
I Greci ottenevano infatti vasti territori in Anatolia tra cui le città di Smirne ed Adrianopoli.
Per i Turchi fu una vera e propria umiliazione e fu proprio da questo evento che trasse le sue fortune il padre fondatore della Turchia moderna: Mustafa Kemal Ataturk.
Esponente dei Giovani Turchi, si distinse nella guerra greco-turca del 1919-1922 riuscendo a sconfiggere i Greci.
Riconquistò i territori persi in Anatolia e Tracia e riportò al tavolo delle trattative le grandi potenze riuscendo a far modificare l’umiliante Trattao di Sevres.
Ataturk fu molto rapido nelle sue azioni politiche. Tra il 1920 ed il 1923 riuscì a convocare l’Assemblea Nazionale, vincere la guerra contro i Greci, deporre il sultano Maometto VI ed infine dichiarare la Repubblica.
Kemal avviò una serie impressionante di riforme il cui scopo era far diventare a tutti gli effetti la Turchia un paese occidentale.
Laicizzò il paese avendo però l’accortezza di mantenere l’Islam come religione di Stato, riconobbe la parità dei sessi arrivando a depenalizzarà l’omosessualità (che era ritenuta ancora reato in molti paesi occidentali) ed istituì il suffragio universale.
Due misure che crearono scalpore per quanto erano avanzate all’epoca furono la proibizione dell’uso del velo islamico alle donne e la legalizzazione del consumo d’alcool.
La Turchia reagì in modo contraddittorio. Nelle città il movimento kemalista ottenne grande successo. Meno nella provincia storicamente conservatrice.
Ataturk mise in campo quindi un fiero nazionalismo conservatore, ma in politica estera si mosse con attenzione.
La Turchia tenne per anni rapporti di ottimo vicinato con l’Unione Sovietica (un’altra potenza appena costituita) che, all’epoca, era l’unico stato comunista del pianeta.
Questo forse, anche per forma di riconoscenza per l’aiuto ottenuto dai Soviet durante la costruzione della Turchia laica.
Solo col passare degli anni i rapporti si deteriorarono.
Ataturk morì nel 1938 lasciando un’eredità politicamente pesante.
Il paese era ancora a partito unico ed i militari erano legittimati ad intervenire nella politica turca ogni qualvolta le linee guida di Kemal fossero state minacciate.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la Turchia riuscì a mantenere con scrupolo la neutralità evitando di immischiarsi nel sanguinoso scontro tra Germania di Hitler ed Unione Sovietica di Stalin.
Alla fine della guerra fu introdotto il sistema multipartitico e gli Americani iniziarono a fornire massicci aiuti economici in funzione anti-sovietica.
Nel 1952 la Turchia entrò nella NATO diventando a tutti gli effetti un bastione contro le mire russe nei Balcani, del Caucaso ed in Medio-Oriente.
Molti osservatori la considerarono per decenni il “cane da guardia” degli Americani nella regione.
Da questo ruolo derivò nella società una forte ondata anti-comunista.
Il periodo tra gli anni ’50 ed i giorni nostri è stato molto tormentato.
Il Partito Democratico guidò il boom economico fino agli anni ’60.
Nel 1960 ci fu il primo intervento militare per stabilizzare il paese in preda alla crisi economica e ad una crescente instabilità politica.
Fu proprio negli anni ’60 che emersero due figure molto importanti della storia politica turca: Suleyman Demirel, leader del Partito della della Giustizia (formazione di destra) e Bulan Ecevit, capo del Partito Popolare Repubblicano (di sinistra).
Nel 1971 ci fu un secondo golpe militare e, nel 1974, l’invasione di Cipro con la conseguente divisione dell’isola in due parti: una greca ed una turca.
Gli anni ’70 furono caratterizzato da un’ondata di violenza politica che vide contrapposti da un lato gli ultra-nazionalisti dei Lupo Grigi (spalleggiati dagli apparati di sicurezza) e dall’altro i comunisti. Ondata di violenza che lasciò sul terreno più di 5.000 morti.
Oltre alla violenza politica la Turchia si trovò ad affrontare una devastante crisi economica.
Nel 1980 ci fu l’ultimo colpo di Stato militare guidato dal generale Kenan Evren. Colpo di Stato che portò all’istituzione della legge marziale, a 500.000 arresti, alla morte di centinaia di persone nelle prigioni ed all’esecuzione ufficiale di più di 50 persone.
Negli anni ’80 si affermò il Partito della Madrepatria di Turgut Ozal. Un partito conservatore che si uniformò al vento che spirava in tutto il pianeta. La Turchia si avviò a politiche economiche neo-liberiste ed a scelte conservatrici dal punto di vista sociale.
Nel 1984 scoppiò l’insurrezione kurda. I Kurdi, popolo fiero e combattente, smembrato tra diversi stati, avevano sempre malsopportato il regime turco ribellandosi più volte.
L’insurrezione di metà anni ’80, guidata dal PKK di Ocalan, e tuttora in corso, ha prodotto una durissima repressione da parte dell’esercito turco e circa 40.000 morti.
Nel 1997 ci fu un nuovo intervento dei militari nella politica turca. I generali costrinsero alle dimissioni il governo di Erbakan criticandolo duramente per le sue politiche filo-religiose. Alle elezioni del 1999 seguì un governo di unità nazionale che univa centro-sinistra a partiti di destra, ma il vento, anche in Turchia, stava per cambiare.
Il risveglio islamico, iniziato negli anni ’70 ed arrivato sotto i riflettori del mondo con la Rivoluzione iraniana del 1978-79 era proseguito per i due decenni successivi.
Episodi importanti erano stati la resistenza all’invasione sovietica dell’Afghanistan, la guerra in Libano con la nascita di Hezbollah, il dilagare delle correnti islamiche nel movimento di resistenza palestinese all’occupazione israeliana, l’esistenza di vere e proprie brigate internazionali islamiche al fianco dei mussulmani bosniaci durante la sanguinosa guerra civile nella ex-Yugoslavia, il ruolo sempre più importante dell’Arabia Saudita, le due guerre in Cecenia nel tentativo di imporre uno stato islamico nel Caucaso, la presa del potere dei Talebani in Afghanistan, il ruolo sempre più importante dell’Islam nella politica pakistana, l’organizzarsi del network di Al Qaeda e gli attentati dell’11 Settembre, la seconda guerra in Afghanistan condotta questa volta dagli Americani…e la lista potrebbe continuare.
Il revival islamico assume ovviamente connotazioni diverse a seconda del paese in cui si sviluppa.
Dinamiche radicali o dinamiche moderate. Movimento sciiti o movimenti sunniti.
Nel 2002 la Turchia sunnita assiste alla vittoria dell’AKP di Erdogan, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo.
Per la prima volta, un partito dichiaratamente islamico, conquista la guida dello Stato.
L’AKP sarà capace di vincere anche le elezioni del 2007 e quelle del 2011 con la percentuale impressionante del 49,83%.
Se all’inizio molti osservatori vedevano nella vittoria di Erdogan un voto di protesta per la corruzione dei vecchi partiti e per la rabbia causata dall’Unione Europea per i continui rifiuti di fronte alle domande di ingresso del paese nella UE lentamente le valutazioni sono cambiate.
Erdogan, favorito anche da un costante tasso di crescita economica, ha intrapreso un processo di re-islamizzazione della società (dapprima lento e poi progressivamente sempre più veloce).
Re-islamiazzazione che se ha fatto storcere il naso nella grandi metropoli, ha ottenuto fino ad oggi molto consenso nella provincia turca.
Oltre a questo processo Erdogan ha avviato una politica estera più autonoma ed indipendente dall’Occidente.
La Turchia ha rotto la storica alleanza con Israele (dopo la vicenda della Freedom Flottila), ha fatto dei passi di riappacificazione verso l’Iran sciita, ha rafforzato la partnership con l’Egitto sunnita (specie dopo la vittoria dei Fratelli Mussulmani) puntanto ad essere un attore imprescindibile del nuovo Medio Oriente.
Tutto questo fino a due settimane fa e fino all’insurrezione di Piazza Taksim…
[…] chi mi trova con Google invece piace quando parlo di Quarto Oggiaro , di Turchia, di nuovo di ticket sharing e, purtroppo, di carcere. Però chi viene da Google mi sta più […]