Diario da Cavezzo: Le Staffette della Solidarietà
Nella vita delle persone può capitare che si verifichino eventi più o meno importanti, talvolta casuali talvolta voluti ma comunque ciò che è certo è che questi avvenimenti in qualche maniera possano segnare o cambiare la vita stessa di chi vi si trova coinvolto; personalmente posso dire che il destino spesso mi ha messo di fronte a situazioni di questo genere e una di quelle che più mi ha colpito fu l’incontro con un vecchio partigiano.
Ascoltare i racconti di come hanno vissuto e lottato mi ha fatto capire molte cose e ancora oggi quando sento parlare di partigiani non posso non tornare indietro con la mente a quello splendido giorno e a tutte le storie note o meno note di cui sono stato messo a parte: le notti passate insonni per difendere una posizione, l’allegria nel rivedere tornare i propri compagni partiti per una sortita o il coraggio straordinario di moltissimi ragazzi che per la loro giovane età non potevano prendere parte alle azioni più pericolose ma che svolgevano un compito altrettanto importante e fondamentale ovvero quello delle staffette partigiane.
Per lungo tempo la parola “staffetta” nella mia mente veniva associata a quelle storie e a quel periodo, ma specialmente negli ultimi tempi qualcosa è cambiato, infatti la mia permanenza in Emilia come volontario mi ha dato la possibilità di prendere parte a delle vere e proprie staffette sicuramente differenti nello scopo ma ugualmente degne di essere paragonata per importanza e utilità a quelle dei partigiani. Ogni giorno infatti dal campo base di Cavezzo partono delle macchine denominate appunto staffette, che si occupano di distribuire i generi di prima necessità alle persone colpite dal sisma come di censire e mettere in relazione i campi autogestiti o di svolgere attività di inchiesta per approfondire tematiche come quella abitativa, lavorativa, sociale o psicologica. Già in passato attraverso questo pagina abbiamo avuto occasione di raccontarvi quali fossero il lavoro o le attività svolta dalle Brigate di Solidarietà Attiva in questa situazione di emergenza, ciò che invece non abbiamo mai raccontato forse per volontà forse per rispetto o magari più semplicemente per pura dimenticanza è quell’aspetto che va oltre tutti i lavori di mappatura, inchiesta o indagine ed è quell’aspetto umano e di relazione che anima tutti coloro che si prestano a questo tipo di attività. Nonostante il lavoro certosino svolto dai volontari che si sono alternati nel corso del tempo raccogliendo dati e informazioni, ogni volta che una staffetta parte si trova di fronte a numerose incognite come ad esempio la permanenza o meno del campo, le possibili evoluzioni delle situazioni come dei possibili peggioramenti; ciò che invece sicuramente non può essere scritto o raccontato in una scheda è il rapporto che si crea tra volontari e popolazione, quel filo che unisce persone colpite duramente da un evento come il sisma e persone che si calano in questa situazione per aiutare (ma non solo) quanti ne hanno bisogno. La continuità con cui vengono svolte le staffette permette di tessere relazioni e stabilire contatti con quanti vivono nei campi, in garage o in tende poste in casolari o giardini, che vanno oltre la necessità di questo rapporto “forzato” dettato dalla necessità. Talvolta infatti capita che si creino sinergie tali per cui può capitare che il volontario diventi una figura con cui sfogarsi in quel momento, o un amico da invitare a cena per bere una buona bottiglia di vino, o una risorsa a cui aggrapparsi quando si attraversano momenti più cupi e tristi di quelli che già ogni giorno accompagnano chi da questo sisma ha perso un parente, la casa o il lavoro. Rivedere una faccia amica, sapere che ci sono persone non solo disposte ad aiutarti ma anche ad ascoltarti con sincero interesse e senza secondi fini fa si che le persone si sciolgano, si fidino e vogliano avere anche occasioni per potersi incontrare anche al di fuori delle staffette, perché non è l’aiuto asettico in stile protezione civile ciò di cui questo popolo ha bisogno ma semplicemente di attenzioni, disponibilità, sincerità e correttezza insomma di tutte quelle caratteristiche che in tempi normali sarebbero necessarie per fare di una persona un proprio amico o comunque una figura degna di rispetto e stima. Mi piacerebbe potervi raccontare nello specifico, magari cambiando il nome e il luogo di appartenenza, una delle tante situazioni in cui mi sono imbattuto, ma probabilmente se lo facessi verrei meno a quel rapporto di stima e fiducia che avrei instaurato con una qualsiasi delle persone conosciute e questo non sarebbe degno né di un amico né tantomeno di un confidente o comunque di una figura in cui qualcuno ha riposto la propria fiducia. Non so se vi basteranno queste poche righe per potervi permettere di afferrare quale e quanto sia il valore e l’importanza delle staffette, sicuramente però posso garantirvi che se quel partigiano oggi fosse ancora vivo e fosse consapevole di quanto ho raccontato a voi sicuramente mi direbbe che non ci sarebbe stato modo migliore per onorare e ricordare quello che un tempo fu un modo per riuscire a vincere una guerra, ed oggi invece è un nobile strumento per aiutare a ripartire chi ha subito una tragedia ma ha trovato nuovi partigiani disposti a dare tutto come fecero loro un tempo.
Giacomino “jack”
Zam-BSA