Johnny…see ya in the pit

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

È da ieri (mercoledì 14 giugno ndr) che ogni volta che apro whatsapp torno sui nostri messaggi. Sul tuo ultimo messaggio “Il 14/06 mi operano poi scompaio per un paio di mesi e se tutto va bene da settembre ritorno in pista. Però il 2/6 vorrei andar a vedere i Rancid che nn li ho mai visti. Hai voglia di venirci? Oppure ci lavori?”. Io stavo partendo per le vacanze, centinaia di chilometri e l’impossibilità di esserci. Ti ho detto ci saremmo visti, dopo l’operazione, senza bisogno di aspettare due mesi.
Non mi hai mai risposto. Non era la prima volta, non era qualcosa di diverso dalle tante volte che sparivi. Pensavo fosse una delle tante volte… ma poi è arrivato mercoledì ed inizia a squillare il telefono. Vedo quei numeri di persone che vorrei sentire più spesso e che non sento
mai. Un brivido di freddo, una consapevolezza con cui non volevo scontrarmi. Fino al messaggio “matte è morto”. In un attimo mi è tornato in mente tutto. Il viaggio in Messico, le giornate fuori Bologna tra pranzi, cene e concerti dei Subsonica. Il sogno di portare tutta la banda in
Chiapas. Fare un Garrincha Loves a San Cristobal, farne uno con i NOFX headliner, farne uno per Don Gallo…..i ricordi, i ricordi dei concerti a ZAM, delle folli notti in giro per Milano, i racconti dello spiedo al Magazzino 47, il video di Capovilla in curdo, il nostro inseguirci e poi trovarci.

Sono tanti, troppi i ricordi felici assieme, se penso alle cose “pazze” che abbiamo fatto a ZAM, dallo spettacolo teatrale dove abbiamo allargato assieme il palco mettendo dei bancali a terra uno sopra all’altro fino a quando 10 anni fa, settembre 2013, abbiamo fatto il Garrincha Loves in Santa Croce, dove ZAM si era trasferito dopo lo sgombero. Mi hai chiamato, mi hai detto facciamolo, e mi hai detto “al service ci penso io, lo faccio arrivare da Bologna”. Poi sei sparito, come spesso capitava, per poi comparire e in pochi minuti di telefonata mettere poi a fuoco tutto… equel giorno, con due telefonate abbiamo di fatto messo in piedi due palchi, abbiamo tenuto sveglio Ticinese, abbiamo portato almeno 1.000 persone lì a ballare e cantare, abbiamo fatto dormire 5 band in una palestra popolare appena sistemata e gli altri, i più fortunati, in casa di compagne e compagni. Il giorno dopo eravamo tutti con il sorriso a 32 denti.

Lo Stato Sociale a ZAM nel settembre 2013.

Basterebbe questo a raccontare quanto tu sia stato importante, visionario, coraggioso. Perché quando cospiravamo poi tu muovevi una macchina di sognatori guidata dai tuoi “regaz”….Lodo, Bebo, Checco, Albi e Carot….LO STATO SOCIALE….a cui poi, di volta in volta, si aggiungevano pezzi. E quel sogno che hai messo in piedi, la Garrincha Dischi, oggi è diventata una realtà consolidata e riconosciuta. Non era facile starti vicino a volte, spesso quando la tua malattia aveva la meglio tu ti chiudevi in te stesso, tu eri vita pura e quella maledetta stronza ti ha portato via da noi e ti ha tolto mesi e anni di feste ma tu l’hai sempre affrontata con coraggio e determinazione. Affrontata non combattuta, non hai mai fatto narrazione eroica di te stesso, anzi della tua malattia parlavi poco, ne parlavi con pochi, non la usavi come giustificazione ma quando il dolore era troppo tu sparivi perché non potevi essere altro che vita e non riuscivi a stare “in pubblico” quando non potevi essere te stesso. Ci ho messo un po’ a capirlo, anche se quando sparivi ogni tanto ti ho maledetto… anche perché spesso avevamo 2, 3, 4 progetti in ballo.

Abbiamo fatto notti a parlare del fatto che il “gioco” che avevi creato era oramai grosso e non potevi farcela da solo… ma facevi fatica a fidarti di altri, non avevi le economie per assumere professionisti, così ti caricavi tutto… anche quella magica capacità di “trattare” con le band, di starci dentro, di essere balotta assieme a loro e così creare comunità. Poi qualcosa è scattato e hai avuto il coraggio di fidarti, hai avuto la forza di fare una struttura, hai avuto, per l’ennesima volta la vista lunga… la tua malattia andava avanti e più quella maledetta ti toglieva tempo di vita tu non mollavi, tu non ti fermavi, tu andavi avanti nel costruire la Garrincha. Dentro di te, da qualche parte, sapevi che questo progetto sarebbe andato avanti senza di te, e hai voluto che fosse così.

Matte te lo dico anche qui, come ti ho detto una notte alla festa di Radio Onda d’Urto….”sei un genio. Sei un pazzo, di quei pazzi che se li incontri ti cambiano la vita”. E tu la vita l’hai cambiata a chi oggi ti piange, e tu la vita l’hai cambiata a chi hai dato la possibilità di avere una
discografica quando il mondo della discografia non aveva il coraggio di dare spazio, e tu la vita l’hai cambiata a me insegnandomi con un sorriso, a volte scazzando, le complessità della militanza in musica e della musica militante quando non la fa più nessuno. Tutti scappavano dai centri sociali e tu hai creduto che Garrincha potesse diventare quel che è senza paura di stare nei centri sociali, nei circolo arci, nelle taz, nei cortei, nei festival autogestiti…e allo stesso tempo a Sanremo e in tv. E non negli anni 2000 quando era facile, quando molto funzionava così… quando stare in quei contesti (ed io lo so bene perché so come mi guardano ancora gli addetti ai lavori perché non rinnego la mia militanza) significava essere giudicati dall’establisment della musica…italiana…che anche nell’underground è fatto di “gente che benpensa”.

Hai aperto una strada, senza svenderti alle multinazionali… hai creato un sistema capace di essere indipendente, antagonista, “dal basso” eppur capace di dialogare con i giganti della musica. Hai giocato la contraddizione, l’hai portata a metodo. Meglio di tanti altri, e con una determinazione che non si spiega se non con il fatto che eri un fottuto genio, pazzo visionario. Un amico caro. Ti sei scontrato con i nuovi prospetti della musica, alcuni ti hanno seguito, altri no. Ti sei scontrato con le parti più storiche dell’underground musicale riuscendo a creare, finché è durata, una formula fresca, innovativa, potente. Sei un pezzo del mio cuore. Oggi siamo tutti più poveri, ed il mondo della musica e dello spettacolo soffrirà la tua assenza. Non andrò a vedere i Rancid quest’anno e non so se avrò più la forza di poterci andare senza di te. Era “il nostro concerto” e io non c’ero per andarci assieme. I Rancid in ogni loro disco scrivono “see ya in the pit”… spero avrai voglia, quando toccherà a me, di tenermi un posto vicino a te nel pit del dopo vita, qualunque esso sia.

Ti voglio bene, mi manchi…e non so quanto saprò andare avanti in questo mondo senza abbracciarti e trovare conforto nelle notti di chiacchiera e nelle lunghe telefonate.

Andrea Cegna

2 risposte a “Johnny…see ya in the pit”

  1. Raffaele Romagnoli ha detto:

    Grazie Andrea,
    Vorrei che leggessero in tanti la tua dedica
    Ti voglio tanto bene
    Lele

  2. lodo ha detto:

    grazie fratello

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