The Velvet Underground – cinezam – 6 febbraio

The Velvet Underground
Todd Haynes
6/2
ore 21
cinezam
v.o. sub ita
Nella New York degli anni ’60, in un clima di straordinaria creatività artistica, un gruppo di musicisti riuniti attorno alla factory di Andy Warhol forma uno dei gruppi musicali più importanti della storia del rock: i The Velvet Underground. Usando materiale d’archivio e interviste registrate per l’occasione, Todd Haynes ne racconta la storia, lo stile e l’evoluzione: la complessità delle costruzioni musicali di John Cale, la carica eversiva dei versi di Lou Reed, gli echi della cultura underground dell’epoca, le collaborazioni con Warhol e Nico, l’influenza su musicisti e artisti di più di una generazione.
Dopo aver ritratto il glam rock in Velvet Goldmine e il mito di Bob Dylan in Io non sono qui, Haynes realizza per AppleTv un documentario che cattura il valore soprattutto storico e generazionale della musica dei Velvet Underground.
«La musica scandaglia il cielo», dice in esergo a The Velvet Underground un verso di Charles Baudelaire – e fin da subito si capisce come il documentario di Todd Haynes cerchi di cogliere soprattutto la portata storica e culturale della musica di Lou Reed, John Cale e soci.
Con una prospettiva cronologica che comincia dalla fine degli anni ’50 e arriva all’inizio degli anni ’70, passando brevemente in rassegna i decenni a venire e le biografie di ciascun componente del gruppo, il film analizza il contesto dal quale nacque un fenomeno musicale unico e irripetibile, frutto di una vitalità artistica che negli anni ’60, nei locali, negli studi artistici e negli appartamenti sorti attorno alla 42nd strada e poi in altre zone della città, come dice in un’intervista di repertorio il cineasta Jonas Mekas, fece di New York ciò che nei decenni passati erano state la Berlino del primo dopoguerra e la Parigi degli anni ’40 e ’50.
L’espressionismo astratto, il cinema d’avanguardia, il teatro sperimentale, la pop art, la poesia beat, la ricerca musicale di John Cage e la rivoluzione sessuale del decennio fanno da incubatrice alle sonorità e al look dei Velvet Underground, al maledettismo rock di Lou Reed, alle sperimentazioni sonore di John Cale, alla voce profonda e straziante di Nico – che coi Velvet collaborò in uno degli album più famosi di sempre, The Velvet Underground & Nico del 1967, quello con la celeberrima banana di Warhol in copertina – al glamour seducente dei toni dark e alle sonorità immersive e trascinanti.
I momenti migliori del film sono quelli in cui lo stesso Cale – insieme alla batterista Maureen Tucker l’unica ancora in vita del gruppo originario, dopo la morte di Sterling Morrison nel 1995 e quella di Lou Reed nel 2013 – spiega la natura e l’ispirazione delle composizioni sue e di Lou Reed (facendo emergere anche il contrasto che portò alla loro separazione nel ’69, con il rigore classico del primo che cedette all’ambizione da rock star del secondo), o quelli in cui il musicista Jonathan Richman, ancora oggi innamorato dei Velvet come ai tempi in cui da ragazzo li seguiva in tour per gli Stati Uniti, ne spiega con una porta emotiva trascinante l’essenza sia musicale sia spirituale.
In generale, come d’altronde succede spessi nei documentari musicali, a mancare in The Velvet Undergroiund è la musica stessa del gruppo, data per scontata (“All Tomorrow’s Party” è significativamente lasciata nei titoli di coda, l’unico pezzo per intero lo si ascolta nel finale) o fatta a brandelli da una narrazione che utilizzando split screen, found footage, film d’epoca, montaggi vorticosi in stile videoclip (notevole quello su “Heroine”, in cui si scorge ciò che rimane del regista di Velvet Goldmine…), trasmette il clima irripetibile di un’epoca, i suoi volti, le sue immagini, il suo immaginario, le sue sonorità.
Se non esiste nulla come la musica per spingere a provare nostalgia per un’epoca che non si è vissuto, The Velvet Underground prova a replicare al cinema la sensazione. Ed è interessante vedere come negli anni ’60, il cui mito resiste nel tempo e finisce spesso per cancellare diversità e ricchezze, la cupezza straniante dei Velvet Underground, pura espressione della cultura newyorchese, si opponesse ai colori e alla tonalità della California e della Summer of Love, dando così di quell’epoca un ritratto volutamente parziale, finalmente contraddittorio, e dunque interessante.

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