11 settembre 1973: “la historia es nuestra”

Stamp_Salvador_Allende“…Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento…”.

Queste le ultime parole pronunciate dal Presidente cileno Salvador Allende e trasmesse da Radio Magallanes l’11 Settembre 1973 mentre l’esercito cingeva d’assedio il palazzo presidenziale della Moneda ed i caccia lo bombardavano.

Cade oggi il quarantesimo anniversario della Colpo di Stato in Cile.

Una data rimasta scolpita per sempre nei cuori di chi ha fatto politica negli anni ’70.

Quasi tutti si ricordano come seppero la notizia della morte di Allende (un po’ come molti ricordano la caduta di Saigon nel 1975).

Mentre oggi gli Stati Uniti si ergono a (poco credibili) paladini dei diritti umani, all’epoca, cercavano di far rispettare a tutti i costi la famigerata “Dottrina Monroe” la quale sosteneva che il Sud America era il giardino di casa degli States e nulla poteva accadervi senza il loro consenso.

Il 5 Settembre 1970, il socialista Salvador Allende era stato democraticamente eletto Presidente del Cile col 36% dei suffragi. Presidente socialista di un paese però conservatore (l’ex presidente di destra Jorge Alessandri aveva preso il 34& dei voti mentre il democristiano Radomiro Tomic il 24,7%).

Gli Stati Uniti erano entrati subito in allarme sia per motivi ideologici che per i loro giganteschi interessi economici nel paese.

La batosta cubana era ancora fresca. Gli Americani non solo non erano riusciti a prevenire una rivoluzione comunista a pochi chilometri dalla Florida, ma avevano accumulato anche i fallimenti della Baia dei Porci del ’61 e della Crisi dei Missili del ’62.

Il governo di Unidad Popular avviò una politica di nazionalizzazione delle industrie private (tra cui le miniere di rame in mano alle multinazionali americane) ed attuò una riforma agraria espropriando i latifondi.

Vennero nazionalizzate le banche e venne data una sterzata alla politica sui diritti civili.

La Democrazia Cristiana cilena iniziò ad accusare Allende di voler instaurare una dittatura comunista simile a quella di Fidel Castro a Cuba.

A dire il vero, le politiche di Allende, erano normalissime politiche socialdemocratiche ai tempi però impensabili per i paesi Sudamericani.

L’amministrazione americana del Repubblicano Nixon e del suo potente Segretario di Stato Kissinger iniziarono ad operare per rovesciare il governo cileno.

Sia finanziando gli oppositori (celebre lo sciopero dei camionisti che bloccò il paese) sia sondando le disponibilità golpiste dell’esercito tradizionalmente neutrale nella vita politica cilena.

Nel 1973 la situazione andò avvitandosi con le prese di posizione contro Allende del Congresso e della Corte Suprema del Cile.

A Giugno ci fu un tentato golpe, ma tutto ciò non mise in eccessivo allarme la sinistra cilena (i socialisti di Altamirano ed il Partito

Comunista filo-sovietico di Corvalan) che, di fatto, giunse al golpe

abbastanza impreparata.

L’11 Settembre le forze armate cilene guidate dal capo dell’esercito Augusto Pinochet assaltarono la Moneda bombardandola. Allende morì coraggiosamente durante l’attacco.

Il 13 Settembre, la giunta militare sciolse il Congresso.

Lo Stadio Nazionale di Santiago del Cile divenne un enorme campo di concentramento dove si giustiziava e si torturava.

Negli anni seguenti furono arrestate circa 150.000 persone e migliaia sparirono (i desaparecidos).

Fu dato il via libera anche alla caccia degli oppositori del regime all’estero.

Grande fu l’emozione in tutto il mondo.

Il governo Pinochet mise in pratica le teorie neo-liberiste della scuola di Chicago gettando nella povertà un grosso strato della popolazione.

Nei primi anni ’80 le mobilitazioni popolari contro la dittatura divennero sempre più forti fino al celebre referendum del 1988 che il

generale pensava di vincere e che invece i Cileni, stanche di divise e rigore militare, gli fecero perdere.

Il golpe in Cile è solo una pagina del mare di sangue versato in Centro e Sud America in quella che veniva chiamata la “guerra alla sovversione”.

Del 1976 è il golpe in Argentina con le sue decine di migliaia di desaparecidos.

Dittature militari caratterizzarono la Bolivia, il Paraguay ed il Brasile stesso.

In America Centrale la situazione fu altrettanto feroce.

In seguito alla vittoria della Rivoluzione Sandinista in Nicaragua, gli Americani sostennero le forze dei contras contro il governo Ortega.

Una feroce guerra civile esplose in San Salvador ed un vero e proprio sterminio della popolazione rurale (vicina alla guerriglia) avvenne in

Guatemala.

Situazione simile anche in Colombia.

Molti vedono nei fatti dell’11 Settembre 1973 uno dei primi passaggi della controrivoluzione neo-liberista che caratterizzerà il pianeta negli anni seguenti.

 

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