Il futuro è pink, black, green
Con un mal di testa bestiale consegno queste brevi note al dimenticatoio di giugno.
È andata malissimo in Italia e così così in Europa. La percezione che avevamo da Milano di un Salvinazzo in via di ridimensionamento causa femminismo radicale, movimento queer, zorro e lenzuoli non vale fuori da area B – la Lega prende tanto quanto la diccì o il piccì nella Prima Repubblica – un terzo dei voti di chi vota – con buona pace dei rossi sconfitti ovunque il fatto che metà della gente si sia astenuta non inficia per nulla il sostegno enorme di cui gode la Lega neonazi da Trento ad Agrigento.
Capitalismo familiare sussidiato e piccola impresa evasora sono con il milanese rinnegato e così tutta la provincia italica e le classi operaie e popolari. Unica speranza: Stadtluft – nelle città la lega perde e vince il centrosinistra.
Il fratello di Montalbano ha fatto un buon lavoro con il tridente sx-cx-dx Pisapia-(che ha battuto Salvini a MI)-Zinga-Calenda (un rompicoglioni d’elite che speriamo che si faccia il suo partito così prende la metà della metà di Scelta Civica).
Non ho votato piddì (ma tanti l’hanno fatto perché gli altri il quorum lo vedevano col binocolo) ma è indubbio che il partito né carne né pesce creato da Veltroni non si estinguerà tanto presto. Borghesia liberal e renziani possono dire tutto quel che vogliono ma con un affluenza al 50 beccare gli stessi voti di un anno fa è un confidence vote nel nuovo posizionamento meno centrista e più centrosinistra (anche il Beppone – “Salvini vincerà ovunque ma non da noi!” – candidato primo ministro in pectore condivide l’operazione di non dar spazio al rigurgito renziano).
Ma guardiamo alla nostra matria, l’Europa.
I nazipopulisti stravincono in Ungheria e Polonia e la LePen supera l’euroliberismo di Macron, una sconfitta ai punti ma oltrereno Merkel e la CDU sono messi peggio, tuttavia gli eurofobi non sfondano. Alla fine il banchiere supera quasi indenne sei mesi di gilets jaunes, i quali hanno dato linfa nelle urne solo ai nazionalfascisti e a poco altro.
Cocente delusione per chi come me sperava in un loro anti-elitismo di sinistra. Voglio però anche dire la previsione che ho azzeccato: volo dei verdi/greens/grunen/ecolos e soprattutto tonfo nell’irrilevanza di Mélenchon e Corbyn chimere di una sinistra sovranista che non ha spazio e secondo me neanche legittimità. I partiti socialcomunisti della GUE tracheggiano ovuque.
In Italia i Verdi bonelliani dell’ecochic Grandi secondo me hanno fatto più che bene andando oltre il due e in pratica doppiando fratoianni e il cimitero delle illusioni post-comuniste. Sui 5S in implosione totale, Casaleggio jr. è tanto pirla quanto Casaleggio sr. era uno stratega di rete, davvero incredibile che Grillo riconfermi un minus habens con tre ministeri come Di Maio.
Ma veniamo agli equilibri all’interno dell’Unione – popolari in calo, socialdemocratici a rischio estinzione nello eurocore (solo in Spagna e Portogallo crescono), verdi tedeschi che superano Spd e verdi francesi che sono l’unica formazione di sinistra di qualche peso, liberali in crescita grazie all’apporto macroniano.
Quindi la riedizione della Grosse Koalition che portò Juncker al potere non si può fare, e una maggioranza europarlamentare a quattro con Vestager presidente della Commissione è al momento la cosa meno peggio che può avvenire.
Oltre all’illusione corbiniana forse viene meno anche quella municipalista con la sconfitta ai punti (ma non è ancora detta l’ultima parola) di Ada Colau, unica vera speranza per una ricostruzione ecofemminista della sinistra post2011.
Insomma non c’è molto per cui essere ottimisti a parte l’effetto GretaThunberg/Climate Fridays/Extinction Rebellion che ha proiettato i verdi di Ska Keller nell’empireo europeo.
Il corollario è che ogni anticapitalismo rivoluzionario o postcapitalismo riformista deve ripartire dall’ecologismo radicale, perché il marxismo politico non ha più nulla da dire tranne forse in America.
Del resto si sa già dal 2009 che il futuro è pink, black, green.
Alex Foti
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purtroppo non posso non constatare che l'”ecologismo radicale” è più che altro una bolla mediatica, immaginifica, che prevalentemente la si osserva con curiosità dal di fuori e la si popola pochissimo di contenuti e pratiche realmente radicali; io trovo (è evidente se osservato dall’interno) che ciò che si considera con stupore “ecologismo radicale” possa diventare, così lasciato a sè stesso, il cavallo di troia del capitalismo del terzo millennio per farsi spianare la strada, una carta bianca nei confronti della commercializzazione del Pianeta sotto la supervisione di un controllo totale delle nostre esistenze, sotto l’insegna dell’ideologia religiosa della scienza.
l'”ecologismo radicale” ha da essere agito da tutti, non snobbato e al tempo stesso ammirato dai più!
sono d’accordo su tutto – solo non liquiderei il non-voto con una alzata di spalle … ciao!