L’industria che non conosce crisi

Le guerre, tutte le guerre, lasciano innumerevoli, gravi, segni nel paesi e nelle popolazioni colpite: paura, insicurezza, trauma, povertà, annullamento del proprio futuro, morte, distruzione.

C’é qualche cosa che rimane fisicamente, e che serve proprio per protrarre i meccanismi di morte e terrore nel tempo, anche dopo la fine ufficiale dei conflitti: sono le mine anti-uomo, le cluster bombs e svariati altri tipi di armi non covenzionali.

Queste armi vengono posizionate ( a mano o tramite aerei) nei terreni, nei campi o sugli alberi, ed esplodono (anche dopo molti anni )qualora vengano toccate, calpestate, urtate o, semplicemente, per usura. Le vittime di queste esplosioni sono sempre le popolazioni civili che abitano le zone affette e che non sanno dove gli ordigni siano stati piazzati o nascosti.

Bandite da numerose convenzioni internazionali (ratificate da alcuni stati ma rispettate, praticamente, da nessuno), le mine e le cluster bombs sono, come tutte le armi, uno dei maggiori affari legati a produzioni tecnologiche e smaltimento degli arsenali, che coinvolge aziende private, banche e governi di mezzo mondo. Proprio della settimana scorsa la notizia che la Deutch Bank é stata, dopo numerose denunce e dichiarazioni di intenti al cambiamento, scoperta nuovamente con le mani nel sacco a finanziare un’industria di armamenti di Singapore, produttrice di questo tipo di ordigni.

Ho intervistato un caro amico (che mi ha chiesto di rimanere anonimo) che, come lavoro, bonifica i territori minati per permettere alle popolazioni di riappropriarsi dei terreni e sopratutto evitare pericolosi incidenti che, quotidianamente, causano morti e feriti.

La bonifica é un lavoro lunghissimo, pericoloso e meticoloso, che richiede enormi risorse in termini di tecnologie, denaro, tempo, competenze e capacità negoziali. Già, perchè molto spesso, lo stesso lavoro di sminamento viene impedito dagli stati oggetto del problema (quelli che sono pieni di mine), che non vogliono ammettere di avere un problema simile, anche perché, spesso, ne sono direttamente coinvolti e co-responsabili.

“Sono un impiegato nella rimozione e distruzione di ERW (Explosive Remnants of War) in Sudan: si tratta di mine o altri esplosivi (UXO). Gli effetti di questi ordigni sulla vita della gente del posto riguardano soprattutto difficoltà di accesso alle terre, molto grave nel caso si tratti di agricoltori, nomadi o pastori. Inoltre spesso la presenza di mine rende impossibile l’accesso a corsi d’acqua o a fonti idriche. Gli incidenti sono frequenti, anche dopo molti anni, e possono causare morte, gravi ferite, disabilità permanenti che impediscono alle persone di lavorare, traumi e gravi difficoltà nella sussistenza.

Le responsabilità sono spesso dei governi, delle opposizioni armate e delle parti in conflitto in questi paesi, che non rispettano alcuna convenzione internazionale in merito.

Il governo sudanese ha firmato un trattato per bandire l’uso delle mine, ma di fatto, non ha mai smesso di usarle contro le parti in guerra in un conflitto interno che si é di nuovo inasprito in questi ultmini anni: purtroppo le agenzie umanitarie non hanno a tutt’oggi accesso in molte aree di guerra del paese, per cui é molto difficile documentare cio’ che succede. Quello che sappiamo pero’ é che vi sono spesso bombardamenti che lasciano come “scia” degli ordigni illegali permanenti sui territori.

Le armi piu’ utilizzate sono le mine anti uomo e anti carro, e sono state usate più volte durante le scorse guerre civili (negli ultimi vent’anni).

La produzione di questi oggetti viene fatta in moltissimi paesi, tra cui l’Italia: altri paesi produttori sono Cina, Russia, Israele, Belgio, Iran, USA. Il commercio é fiorente e in piena espansione.

Il lavoro di bonifica é difficile. Siamo soggetti a moltissime limitazioni, il governo non ci vuole.

Le poche ONG o agenzie specializzate (MAG, inglese, RONCO degli USA, MINETECH dello Zimbabwe) riescono a lavorare grazie a complessi negoziati tra i governi e le Nazioni Unite che, di fatto, gestiscono i lavori, in coordinamento con i governi locali, e spesso erogano anche fondi. Non possiamo parlarne, perché siamo controllati dal governo, che non vuole che si parli del problema dell’uso delle mine sul proprio territorio. Il lavoro é sempre molto lento e spesso per bonifcare aree di poche decine di chilometri possono volerci anni.

Le popolazioni nel frattempo tentano di ricostruire una normalità già difficoltosa vista l’instabilità del paese, resa praticamente impossibile dalla paura, dal mancato accesso ai campi, all’acqua e spesso, anche a scuole, ospedali o altre zone.

Qui in Sudan vi sono molte poplazioni nomadi, che vivono spostandosi: potete immaginare?”

 

Per approfondire:

http://www.volint.it/scuolevis/commercio%20armi/mine.htm

Il ruolo delle banche, anche italiane: http://www.unimondo.org/Notizie/BNP-Paribas-e-Deutsche-Bank-ecco-le-banche-piu-armate-d-Italia

I tipi di mine: http://www.internetsv.info/Mine.html

Documenti interessanti, tra cui lista dei produttori e delle istituzioni finanziarie che li sostengono: http://www.stopexplosiveinvestments.org/report

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