Rachel Corrie, dieci anni fa

Rachel Corrie era una giovane attivista americana, che nel 2003 partecipò a un’esperienza di solidarietà con il popolo palestinese nella West Bank, precisamente vicino a Rafah. Le attività erano organizzate dall’ISM (International Solidarity Movement), un movimento di attivismo militante che si opponeva all’occupazione delle terre dei palestinesi, alla loro espropriazione e alle molte altre pratiche di abuso portare avanti dall’esercito israeliano nei confronti della popolazione palestinese dei villaggi. Le metodologie utilizzate dagli attivisti erano quelle della testimonianza, della resistenza passiva, delle interposizioni fisiche tra esercito e civili, proprio per dimostrare la volontà di proteggere i diritti e l’integrità delle persone.

Nel 2003 la West Bank viveva un periodo drammatico, nel pieno della seconda Intifada e in un momento in cui le pratiche di occupazione delle terre, violazione dei diritti umani e violenza erano utilizzate giornalmente da parte di Israele.

Rachel Corrie si trovava vicino a Rafah con altri attivisti il 16 marzo 2003 quando, nel mezzo di un’operazione di abbattimento di una casa di contadini palestinesi per l’esproprio della loro terra, venne schiacciata da un bulldozer israeliano. La ragazza si era posizionata proprio davanti al mezzo militare per costringerlo a fermarsi. I soldati dissero in seguito, in fase di processo, di non averla vista: tuttavia i fotogrammi arrivati quasi subito lasciavano poco spazio a questa ipotesi, in quanto la giovane era posizionata propri in fronte al mezzo e a una certa distanza, per la quale risultava piuttosto difficile non notarla.

L’attivista morì sul colpo e la notizia rimbalzò su internet e fece il giro del mondo.

Fu uno dei primi, e più gravi, casi in cui si puntò l’attenzione sui rischi corsi dagli attivisti pro-palestinesi nei territori, in particolare coloro che sostenevano attivamente e con il proprio corpo la popolazione in fase di azione dell’esercito israeliano. Oltre a Rachel Corrie, un altro giovane della stessa organizzazione della giovane americana rimase ucciso poco dopo da un proiettile, e un altro giovane fotografo inglese è morto da poche settimane, dopo una lunga agonia, sempre dovuta a un trauma cranico causato anni prima da un lacrimogeno israeliano durante una manifestazione in Palestina.

Negli anni, si sono succeduti numerosi incidenti di questo tipo, accompagnati anche dalle sistematiche pratiche di espulsione degli attivisti internazionali, di divieto di accesso senza apparenti motivi, di incarcerazione, pressione e opposizione alla presenza delle organizzazioni umanitarie nei territori.

Oggi chi si reca in Palestina per lavorare a fianco della popolazione, o anche solo per poter vedere con i propri occhi cosa succede nella quotidianità della sue gente, non è ben accolto: numerosi sono i racconti e le testimonianze di attivisti o cooperanti fermati, interrogati per ore, addirittura arrestati preventivamente o espulsi direttamente al loro arrivo all’aeroporto di Ben Gurion (Tel Aviv).

Le persone che arrivano vengono infatti schedate con segnali di diverso colore, ognuno dei quali rappresenta un grado di “pericolosità” per il governo israeliano: una faccia, un abbigliamento, e soprattutto qualsiasi “precedente” di attivismo, anche su internet (che viene controllato) rappresenta una diretta strada per essere bollati con il colore che implica interrogatorio, indagini e, nel caso, anche il divieto di accesso, l’arresto o l’espulsione.

Il caso di Rachel Corrie (di cui ricorre il decennale proprio in questo mese) è stato il primo, emblematico caso nel quale il mondo si è accorto che, nel quadro della politica oppressiva di Israele sui palestinesi, qualsiasi intervento esterno (di testimonianza o attività) che possa portare solidarietà o sollievo alla popolazione oppressa dei territori, venga bollato come “attività non grata”, e impedito materialmente con ogni mezzo.

Qui le lettere di Rachel Corrie alla famiglia, diffuse da Vittorio Arrigoni, anche lui attivista dell’ISM scomparso nel 2011.

Il sito dell’ISM

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