Secondo racconto dall’escuelita zapatista: La Realidad/Casita – l’evoluzione

IMG_11751“Es territorio zapatista, es Chiapas, es México, es Latinoamérica, es la Tierra. Y es Diciembre del 2013, hace frío como hace 20 años, y, como entonces, hoy una bandera nos cobija: la de la rebeldía.” (Subcomandante Insurgente Marcos – Rebobinar 1 – 28 Dicembre 2013).

Fa freddo, cioè no ma qui dicono di sì. Continuano a dirmelo dal mio “votan” al padre della famiglia dove vivo fino agli altri membri della comunità. Lo dicono loro, lo scrive il Sup Marcos nell’ultimo comunicato. Significa che fa freddo veramente. Diciamo che il freddo proprio tra La Realidad e Casita non l’ho sofferto. Ho il sacco a pelo estivo, verso le 4/5 del mattino mi sono messo dentro oggettivamente, ma insomma il freddo io penso sia altra cosa. Ma qui per loro fa freddo e sicuramente c’è tanto tanto fango.

Il fango è un po’ il filo conduttore nei giorni di escuelita, del suo secondo turno quello dal 25 al 29 Dicembre. Iniziamo a scriverlo qui tanto non e’ un segreto, l’hanno detto a tanti in tante maniere: i livelli dell’escuelita saranno 4, tutti di 3 turni. O forse tre tutti di tre turni, ma mi sembra più 4.
Superata Guadalupe Tepeyac inizia il territorio di controllo di influenza zapatista. Influenza cioè quella parte di territorio controllato MILITARMENTE dall’EZLN e dove tutto ciò che passa e si muove lì passa e si muove perché vuole l’EZLN. Infatti a Guadalupe Tepeyac finisce la strada asfaltata e inizia quella sterrata. Non si accetta nulla dal governo e soprattutto non si dà la possibilità al governo di fare un qualcosa che si possa spendere pubblicamente e contestualmente gli aiuti negli spostamenti militari (a pochi chilometri da Guadalupe Tepeyac nella comunità di San Quentin c’è una della più grandi basi militari del Chiapas e del Messico).
Arriviamo alla Realidad verso le 19,30 del 24 Dicembre. Piove. E’ un po’ una sorpresa, ma mi spiegano subito che è vero che la stagione delle piogge finisce a Ottobre, ma nella Selva Lacandona piove praticamente sempre, la pioggia da Ottobre a Marzo diminuisce sempre di più, Aprile e Maggio non ne cade nemmeno una goccia e poi è pioggia tropicale praticamente tutte le sere fino a fine Ottobre. Piove e di giorno fa caldo, parlo di più di 20 gradi, ma non così tanto caldo da asciugare il fango. Così la prima lezione è andare a portare lo zaino nella stanza dove dormiremo senza cadere. Anzi, la seconda. La prima è spiegare ai compagni che Andrea in Italia è nome da uomini anche. All’appello sono chiamato abbastanza presto ma il compa che assegna il votan allo studente mi chiama 4 volte, mi guarda, guarda il foglio, si guarda attorno e chiama ancora “Andrea Cegna”. Alla quarta volta dico a voce alta “compas en Italia Andrea es nombre para hombre”. Risata generale. Mi chiedono scusa e mi assegnano il guardiano. Fino alle 04.03 momento che salirò sul bus per tornare a San Cristobal il compagno guardiano mi seguirà in ogni movimento, parlando, ridendo, scherzando, studiando, lavorando, dormendo ecc. ecc. ecc.

Ecco bene scendiamo a portare lo zaino, montiamo l’amaca e ci mettiamo a riposare. Ci chiamano per la cena. Fagioli e tortillas. Torniamo a dormire.
Il mattino seguente alle 08.30 inizia la prima lezione del primo livello del corso de “La libertad segun l@s Zapatistas”. Tre ore di racconto sui processi di costruzione dell’Autonomia Zapatista, percorso diventato ufficiale nell’Agosto del 2003 con la nascita dei Caracoles ma che realmente è iniziato con l’inizio del levantamiento del 1 Gennaio del 1994. Un po’ di domande. Quindi pozolito e poi si parte alla volta della comunità di Champa San Augustin che pero’ nel caracol e tra compagni è chiamata Casita, perché è il nome ribelle della comunità.

Qui inizia una storia fatta di libri di testo (4) letti e riletti, domande e chiacchiere con votan e padre di famiglia. Ma soprattutto inizia una storia di osservazione di come è la vita nelle comunità e soprattutto dello stato dell’autonomia. Iniziamo da una cosa ineluttabile: le Giunte del Buon Governo 10 anni fa nascevano e facevano fatica a capire quali progetti avevano nella loro zona e a dare indicazione su quale progetto si poteva appoggiare, 10 anni dopo organizzano nelle 5 zone 2250 studenti, votan e famiglie, con tanto di spostamenti da San Cristobal ai Caracoles e dai Caracoles alle diverse comunità e viceversa. Significa organizzare spostamenti per quasi 4500 in 5 giorni. Una cosa pazzesca. Una capacità organizzativa mostruosa e, a detta di tutti, fatta veramente in autonomia totale, anche senza l’aiuto del CCRI cioè dell’EZLN! Se questo è poco io non so cosa sia tanto, pensando a quanta fatica facciamo spesso noi nelle nostre comunità politiche a organizzarci per andare in corteo in pullman.

Più che le parole fanno i silenzi e la capacità di osservare e ascoltare anche i discorsi in Tzeltal dentro la famiglia.
Lo Tzeltal, così come penso tutti gli altri idiomi indigeni che parlano nelle comunità, non ha molte parole, le parole che non sono in quel dizionario sono in spagnolo. Quindi quando parlano tra di loro se stai attento pian piano capisci di che cosa stanno parlando.

Posso dire che mi hanno colpito molto tre cose:
a- La scuola autonoma zapatista è bilingua (spagnolo e lingua indigena locale) ma sono in molto pochi a parlare spagnolo, essenzialmente chi decide di essere parte attiva nell’organizzazione sociale e politica dell’EZLN. Dopo tanti anni che non tornavo nella Selva pensavo di trovare un’alfabetizzazione migliore allo spagnolo. Soprattutto tra le donne indigene. Se e’ vero e nettamente visibile come il ruolo della donna non è solo rispettato, ma anche valorizzato è anche vero che solo le votan della comunità parlano spagnolo. Netta la distanza con gli uomini di pari età, praticamente tutti loro hanno fatto i 10 anni di clandestinità dell’EZ per poi decidere di vivere nelle comunità e non come insurgentes e parlano un ottimo spagnolo.
b- La divisione interna dentro alle comunità. Che sia La Realidad, Casita o altre lungo la strada è visibile come in questi 20 anni, soprattutto in questi ultimi 4/5 tantissime famiglie abbiano deciso di lasciare la lotta e accettare le elemosine dei progetti governativi per lo sviluppo indigeno. La differenza è visibile perché gli aiuti del governo hanno dato la possibilità di costruire case di mattoni con antenne paraboliche per ricevere Sky e avere un paio di telefonini (in una zona dove non prende la rete telefonica). Indubbiamente la guerra di bassa intensità, per lo meno nella zona Selva Lacandona, ha fatto molto molto di più di esercito e paramilitari. Credo che questa cosa abbia anche una matrice logica: lasciare la lotta in una fase storica con alto pericolo di conflitti con esercito e paramilitari è più difficile sia per un fattore umano di vicinanza al resto della comunità sia da un punto di vista di sicurezza personale, essere parte degli zapatisti rende assai più protetta la propria famiglia da possibili agguati. Tolti i pericoli fisici la facile attrazione del denaro oltre che la semplicità di non essere più parte di un’organizzazione politico/sociale/militare basata sulla presa di resposabilità rotativa e continuativa possa essere accattivante e soprattutto all’apparenza semplificare la propria esistenza. Certo in cambio si cede autonomia, libertà e dignità.
c- Essere parte dell’organizzazione significa dedicare una larga parte del tempo giornaliero alla vita politica. Riunioni, chiacchiere, viaggi, lavori collettivi sono parte fondamentali della vita delle famiglie zapatiste, diciamo che in media il 30% del tempo di un giorno viene speso nella militanza. Oltre che giornalmente essere conseguente alle teorie dello zapitismo e così non bere alcol, non assumere droghe, accettare la parità di diritti e doveri tra donne e uomini, accettare che donne e uomini decidano se e con chi sposarsi, quanti figli avere, accettare che se sei parte dello zapatismo devi periodicamente assumerti responsabilità (anche se non vorresti) e quindi spesso dedicare la tua vita all’organizzazione e non alla vita in famiglia o nella comunità ecc. ecc. Tutto questo viene fatto con il sorriso sulle labbra ma anche con il carico di fatica che si porta appresso.

Ecco questo è quello che ho potuto osservare e capire in questi 5 giorni. Non ci sono critiche, né distanze né paure. Lo zapatismo come tutto non è perfetto e soprattutto non può essere visto come la panacea e soluzione totale per ogni lotta. Stanno lavorando molto per rendere effettiva la parità tra uomini e donne, perché tutti parlino spagnolo senza perdere la lingua originaria né tanto meno la cultura originaria, stanno lavorando e non solo teorizzando che l’omosessualità sia capita e non accettata per ideologia e come queste cose tanto altro.
Negli ultimi 10 anni il percorso di Autonomia sta facendo tanto anche per questo e su questo. Sta evolvendo senza perdere non solo la tenerezza, ma nemmeno il rapporto con la parte miliziana, insurgente e militante dell’EZLN che sempre più e’ forza militare e contemporaneamente politica ma una forza organizzativa e logistica di cui comunità e JBG ad oggi non hanno più bisogno.

I racconti e quello che ho visto, e letto e studiato sui libri di testo, fanno ben capire come il quarto triennio di Giunte Del Buon Governo sia segnato dall’assoluta capacità di gestire i progetti e il loro sviluppo ma anche e soprattutto la capacità di seguire il governo del territorio secondo i dettami dell’autonomia (essenzialmente l’autogestione totale della zona di influenza zapatista) zapatista.
Domani ultima puntata sulle radio libere, la disciplina politica, la formazione politica e la capacità politica delle/nelle comunità.

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