Centri di emergenza sociale per rom e sinti_ soluzione efficace?

Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e alla coesione sociale del comune di Milano, aveva annunciato nei giorni scorsi che “entro la metà di giugno il nuovo ‘centro d’emergenza sociale’ di via Lombroso sara’ pronto per accogliere i 150 nomadi provenienti dal campo di via Dione Cassio”. 

 L’assessore aveva inoltre precisato che ”i soldi provengono esclusivamente dai fondi governativi vincolati alla realizzazione delle linee guida del Piano Rom”.

Abbiamo intervistato  Fabrizio Draghi consigliere di zona 4 Rifondazione comunista, che nei giorni scorsi ha potuto entrare nel centro e prenderne visione.

Come funzionerà il centro?

“ Sarà un centro di breve permanenza, in cui l’ospite potra’ restare per 40 giorni (rinnovabili per 4 volte). E’ composto da container-dormitorio, ma anche moduli attrezzati con wc e docce (con un rapporto di 1 ogni 10 persone), spazi comuni e refettorio.”

Quali saranno i costi di mantenimento del centro?

“ L’area e’ stata data in comodato d’uso gratuito dalla Sogemi fino all’ottobre 2014 e la spesa complessiva al mese sara’ di 60mila euro, utilizzati per la gestione del centro e  per pagare gli operatori impegnati. Ogni persona ha un costo totale di 14 euro al giorno.”

Quali saranno i soggetti protagonisti nella gestione del centro?

“Il centro sara’ seguito da Protezione civile, Terzo settore e polizia locale; quest’ultima, in particolare, monitorera’ l’area con un presidio permanente.”

Secondo lei viene garantita così una qualità migliore della vita?

“ Dentro i container non sarà sicuramente possibile per le famiglie ospitate avere un minimo di  privacy, dal momento che sono organizzati in camerate senza divisori; inoltre, il centro ha una valenza assolutamente temporanea, per cui non sarà possibile per le persone accolte  portare all’interno più dello stretto necessario per vivere. L’intera struttura ha un’organizzazione tale per cui tutto è temporaneo.”

Quali sono i requisiti necessari per poter essere ospiti del centro?

“Assolutamente obbligatorio il mandare a scuola i figli e  accettare il percorso di integrazione proposto dal comune, ovvero di accompagnamento al lavoro.”

Come hanno reagito la zona e il quartiere alla notizia del campo?

“ La notizia ha provocato non poche tensioni  sia in consiglio di zona (con i voti contrari di pdl e lega) che nelle assemblee cittadine ( abitanti arrabbiati); ci sono state delle manifestazioni della fiamma tricolore sfociate  in atti violenti ( sassaiola contro il vecchio campo pieno di donne e bambini). Come consiglio di zona  siamo stati messi al corrente dal comune solo a maggio e da allora quel che era in nostro potere per gestire la situazione abbiamo cercato di farlo. A breve per posta arriverà nelle case un ‘informativa sul campo che ne spiegherà le funzioni e la durata. Il documento è stato pensato per fugare una serie di dicerie che continuano ad attraversare il quartiere alimentando malumori.”

 

Lei ritiene che questa sia una buona soluzione?

“E’ sicuramente un  inizio.”

 

I centri di emergenza sociale sono una novità della nuova convenzione sottoscritta a marzo da Prefettura e Comune, ma non sono di certo un’innovazione sul piano delle soluzioni.

Roma, anticipando Milano, ha già dimostrato come i campi nomadi abusivi non possono essere superati con i campi nomadi autorizzati, le microaree o i villaggi residenziali:  tutti luoghi di natura temporanea che si sono nel tempo trasformati in luoghi definitivi e moltiplicatori del disagio.

 

Altre città hanno adottato soluzioni diverse rispetto a quelle  milanesi e romane.

A Torino negli ultimi 15 anni circa 700 Rom sono entrati nelle case popolari e circa 300 in appartamenti privati.

Quasi tutte queste famiglie vivono di lavoro, pagano l’affitto, le spese e fanno quanto necessario per far studiare i figli.

Solo 5 famiglie hanno fallito il tentativo.

 

E allora, ci interroghiamo: non è forse l’idea stessa della soluzione abitativa differenziata che ribadisce e rinforza le barriere che si concretizzano poi in difficoltà di dialogo o conflitti con i territori?

 

Rimaniamo dell’opinione che occorrano politiche più coraggiose per l’accesso alla casa e ad un futuro di uguali opportunità per tutti.

 

Consci delle buone intenzioni dell’assessore Granelli ma memori della saggezza popolare secondo cui le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, possiamo solo suggerire  di finalizzare la gran parte delle risorse specificatamente dedicate ai Rom dall’Unione Europea e dallo Stato a soluzioni che tendano sul serio all’integrazione e all’inclusione delle popolazioni rom e sinti, a prendere in esame le soluzioni che nel tempo si sono rivelate più adeguate e sopratutto ad armarsi di coraggio se l’obiettivo da perseguire per questa giunta è sul serio quello dell’integrazione e  non quello del ghetto o  della assimilazione.campo rom campo rom 2

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *