Emergenza occupazioni: Milano chiama il movimento
Tira una brutta aria, aria di sgomberi: la battaglia per ora è solo mediatica ma presto si sposterà nei quartieri della nostra città.
Anche gli osservatori meno attenti si sono resi conto che da Luglio a oggi sono stati pubblicati diversi articoli sui maggiori quotidiani nazionali sul problema delle occupazioni a Milano e basta solo leggerne i titoli per rendersi conto che l’obiettivo non è informare ma seminare paura e tensione nei quartieri popolari.
Testate come Repubblica e Corriere ma anche talk show e telegiornali di rilevanza nazionale, come il Tg4, hanno iniziato a raccontare dei quartieri popolari di Milano, del pericolo di uscire di casa, del degrado ma soprattutto delle occupazioni, ormai fuori controllo, occupazioni che avrebbero addirittura preso di mira le abitazioni già assegnate e occupate da inquilini legittimi. Parole pesanti, benzina su un fuoco che è già acceso da tempo in pezzi di città in cui la tensione fra chi occupa abusivamente un alloggio e gli inquilini regolari è già al limite.
Sarebbe bello poter parlare di solidarietà ma purtroppo la realtà è ben diversa e sempre più spesso vede in atto la solita guerra fra poveri di cui la politica si nutre per evitare di affrontare davvero i problemi e che in questi mesi sta fomentando attraverso i media per poter procedere in tutta tranquillità a sgomberare selvaggiamente col benestare della società civile.
Mentre dal Lorenteggio arrivano voci di occupanti cacciati a sassate dagli inquilini regolari, il governo toglie il diritto di prendere la residenza a occupanti di pubblico e privato, il prefetto Tronca annuncia 200 sgomberi a partire dalla prossima settimana e poco importa se nell’Ottobre 2012 il Comune di Milano ha firmato un accordo con le rappresentanze degli inquilini proprio sulla questione degli occupanti. Poco importa se questo accordo prevedeva la possibilità di regolarizzazione per quei nuclei familiari considerati “in stato di necessità”. Poco importa se quell’accordo prevede che chi presenta domanda di regolarizzazione non può essere sgomberato finché la domanda non sia stata valutata dalla commissione preposta e non importa davvero nulla il fatto che le richieste di regolarizzazione siano già oltre tremila.
Sono passati oltre due anni da quando l’allora assessore alla casa Lucia Castellano ha firmato quell’accordo che semplicemente non è stato mai applicato, lasciando che la situazione degenerasse e dando la possibilità ai razzisti di Lega e Forza Italia, sostenuti dal sempre fedele Partito Democratico, di predisporre la “soluzione finale”.
Ancora una volta le aspettative nei confronti di questa Giunta erano forse troppo alte. Quello che è sicuro è che il Comune ha avuto quantomeno la possibilità di provare a risolvere il problema ma, poste le premesse, per incompetenza, ignavia o peggio per opportunismo, ha scelto di alzare le mani. Per le strade di Milano rieccheggiano ancora le parole di Pisapia che in campagna elettorale gridava lo scandalo delle migliaia di case popolari sfitte, oltre 8.000 fra Aler e Comune, che basterebbero a sbugiardare chi in questi giorni accusa gli occupanti di togliere la casa a chi ne ha diritto. Ma evidentemente le volontà politiche cambiano, un po’ come cambia il vento.
Non vale la pena soffermarsi sulla menzogna dei giornali mainstream sulle occupazioni di case già assegnate: si tratta di un fenomeno marginale, qualche decina di denunce a fronte di migliaia di occupazioni, fenomeno contrastabile con gli strumenti messi a disposizione dal nostro ordinamento, che permettono agli inquilini che si trovano in questa difficile situazione di rientrare quasi immediatamente in possesso dell’alloggio sottratto.
Vale invece la pena di soffermarsi sulle conseguenze, sui costi sociali ed economici che porterebbe una campagna di sgomberi, in una città in cui lo stesso Prefetto che minaccia repressione, nel mese di Ottobre ha dovuto sospendere per un mese le esecuzioni degli sfratti dal privato a causa dell’emergenza dovuta alla carenza di alloggi assegnabili. Se da un lato Prefettura, Comune e sindacati lavorano da mesi per arrivare a un provvedimento di graduazione delle esecuzioni che permetta il passaggio da casa a casa delle famiglie sfrattate, dall’altro si dichiara di voler sgomberare centinaia di famiglie, molte delle quali dovranno essere collocate, a carico dei servizi sociali, in strutture d’accoglienza già sature a causa dell’emergenza sfratti. A tale proposito si tenga conto del fatto che, a seconda della struttura e della composizione del nucleo familiare, una famiglia in comunità può arrivare a costare anche 500€ a settimana. Come risulta evidente tali costi, se sommati alle migliaia di euro necessarie per ogni singolo sgombero rappresentano un investimento di risorse straordinarie che Regione, Comune e Prefettura preferiscono utilizzare per mettere in mezzo alla strada centinaia di persone invece che per ristrutturare i migliaia di alloggi sfitti e non occupati.
Per dirla tutta dalla Giunta e dalla maggioranza comunale si è levata qualche timida opposizione alla campagna di sgomberi, ma non aver provato neanche ad applicare gli accordi sindacali sugli occupanti è sufficiente a individuare nel Comune di Milano il responsabile politico della situazione in cui ci troviamo oggi.
Ancora una volta la politica istituzionale fa un passo indietro e dimostra la propria incompetenza e incapacità ad affrontare l’emergenza abitativa di Milano lasciando campo libero a chi col pretesto dell’emergenza vuole guadagnare facili consensi.
Toccherebbe a chi sta nelle strade, a chi fa o vuole fare politica dal basso, non solo organizzare la resistenza agli sgomberi ma soprattutto riportare la pratica della solidarietà nei quartieri popolari, ricominciare a parlare del fatto che la riqualificazione dei quartieri, la ristrutturazione dello sfitto, la giungla del mercato immobiliare privato e chi occupa perché non ha alternative sono facce della stessa medaglia.
Vista l’assenza di politiche abitative, occupare, oggi più’ che mai, è necessario ma non è sufficiente: le occupazioni sono spesso vissute dagli stessi occupanti come tamponi temporanei, una soluzione precaria che porta oggi migliaia di persone a vivere nella perenne paura di essere infamati dal proprio vicino di casa, senza residenza e utenze e soprattutto con la perenne angoscia di essere sgomberati alla mercé dei macellai di turno.
Milano oggi ha bisogno del movimento, tutto, per costruire una mobilitazione permanente su una questione, quella dell’emergenza abitativa, che è oggi una delle manifestazioni più estreme e spietate della crisi del capitalismo.