Kivu, la guerra dimenticata

(Junior D. Kannah/AFP/Getty Images)

Ogni anno Medici Senza Frontiere pubblica un rapporto, frutto di una ricerca, chiamato “Le crisi umanitarie dimenticate dai media“, nel quale vengono analizzati alcuni conflitti o situazioni di rilevanza mondiale che vengono ignorati dai media italiani.

La guerra civile della Repubblica Democratica del Congo (RDC) é sempre presente in questo rapporto, essendo una delle situazioni più drammatiche e più sistematicamente ignorata dall’opinione pubblica occidentale, italiana in particolar modo.

In queste ultime settimane il conflitto nel Nord Est del paese (vicino ai confini con il Rwanda) é rapidamente degenerato, sfondando i fragili argini che mantenevano una pseudo stabilità di una grave crisi mai sopita: crisi che vede coinvolti, in una matassa difficile da comprendere e occultata, forze politiche interne, il vicino Rwanda, alcune potenze occidentali europee e i principali organismi internazionali.

Il conflitto del Kivu (regione della Repubblica Democratica del Congo situata nel nord est del paese) é prima di tutto un conflitto per lo sfruttamento delle risorse minerarie. Il terreno della zona é infatti ricchissimo di ogni tipo di minerale prezioso, come il coltan, il rame e altri materiali utili per la produzione di batterie di computer e altri parti elettroniche utili all’industria mondiale della tecnologia.

La Repubblica Democratica del Congo é di fatto la fonte dalla quale potenze straniere attingono senza alcuna remora da anni, sfruttando le miniere e i lavoratori, non restituendo ricchezza ma depredando a loro vantaggio il paese, come da miglior tradizione neo colonialista.

Oltre a questa problematica la regione del Kivu é stata fortemente influenzata dal vicino Rwanda, in particolare dagli effetti del genocidio, compiuto, giusto ricordarlo, sotto gli occhi impotenti delle potenze occidentali come la Francia e delle Nazioni Unite: dopo il 1993 migliaia di hutu (etnia coinvolta nel massacro, accusata di aver sterminato i rivali, tutsi) si sono rifugiati nel limitrofo paese, ottendendo impunità e ospitalità. Tra di essi si vocifera ci fossero anche alcuni personaggi politici di spicco del massacro interetnico, che trasferirono in Congo la propria base logistica. I rifugiati hutu vivono ancora nei campi profughi del Kivu, temendo di fare ritorno nel proprio paese, e con il tempo, hanno costituito fazioni armate, che si contendono, con altre forze congolesi, il controllo dei territori. Lontani da ogni possibilità di integrazione e in un terrirorio tanto povero quanto duro e soggetto a violenza, i rifugiati hutu sono accusati di essere portatori di instabilità nel paese e, di fatto, costituiscono ancora oggi gli abitanti di una “terra di nessuno” per il controllo della quale si contano ogni anno migliaia di vittime delle più atroci violenze.

Nel contesto di un conflitto che si é allargato a più fazioni (favorito dalla mancanza di uno stato efficace a causa della corruzione) le prime e principali vittime delle manifestazioni di violenza e predominio nella contesa dei territori sono donne e bambini. La regione del Kivu detiene infatti l’atroce primato dell’uso sistematico dei bambini soldato e della violenza sessuale sulla donne e sui minori come tecnica di dominio, distruzione e umiliazione: una violenza che si consuma di giorno in giorno, senza che nessuno, nonostante la conoscenza del problema, sia capace di attuare meccanismi di protezione e difesa dei civili.

Le elezioni del governo centrale di Kinshasa nel 2011 sono oggi il pretesto per la “presa” di alcuni territori chiave del Kivu (come la città di Goma) da parte dei ribelli di M23, gruppo armato relativamente giovane nato come “riciclaggio” del vecchio CNDP, storico gruppo armato responsabile di numerosi massacri e violenze nell’area, nemico storico del governo centrale congolese. Il braccio armato é composto in maggioranza da tutsi, e l’obiettivo é proprio quello, tra le altre cose, di spazzar via quella presenza hutu che caratterizza demograficamente e politcamente l’area.

La forza ONU presente nel paese dagli anni 90, la MONUC (composta in gran parte da soldati pakistani e indiani) ha tentato senza successo di difendere il governo centrale in questi anni, cadendo di fatto nel conflitto come parte attiva, contraddicendo perlatro il suo iniziale mandato di peacekeeping e dimostrando di avere le mani legate, a causa del possibile coinvolgimento del Rwanda in una “vera” guerra contro i gruppi ribelli finanziati e appoggiati dal vicino paese.

Per comprendere l’equilibrio e gli interessi delle forze in campo é importante sapere che il governo rwandese é uno di quei governi africani “amici dell’occidente”: nonostante la dittatura, le responsabilità dimostrate rispetto al massacro del 1993, la mancanza di vere politiche di riconciliazione e addirittura il ruolo riconosciuto nell’instabilità del vicino Congo, infatti, nessun paese “esportatore di democrazia” si é mai opposto, o ha rivolto critiche, al governo del Rwanda per il suo operato interno ed esterno. Le motivazioni sono da ricercarsi probabilmente in accordi di sfruttamento delle risorse, nello “scambio di favori” fatto ai tempi del genocidio con la Francia (ritenuta da molte voci autorevoli, coresponsabile di quel massacro), in altri tipi di patti o alleanze geo-politiche.

E’ evidente che, qualsiasi siano le motivazioni più o meno chiare, presunte o palesi, nessuno ha a cuore la cosa più importante: la protezione dei civili e l’uscita del paese (della zona del Kivu in particolare) da una spirale di povertà, degrado e violenza che la condanna, da molti anni, ad essere una delle zone del mondo più sofferenti e senza speranza della terra, nella quale i giochi politici dei diversi attori hanno preso il sopravvento sulla dignità umana.

Milano In Movimento seguirà con aggiornamenti l’evolversi della vicenda: per approfondire intanto segnaliamo:

https://milanoinmovimento.com/mondinmovimento/kivu-bentornati-allinferno

 https://milanoinmovimento.com/mondinmovimento/polveriera-congo

http://radiookapi.net/

http://www.misna.org/altro/goma-scaduto-ultimatum-a-ribelli-notizie-contrastanti-27-11-2012-813.html

 Chi lavora sul terreno:

http://www.volint.it/vis/

http://www.medicisenzafrontiere.it/msfinforma/news.asp?id=3046&ref=listaHomepage

Questo é il mio racconto di quando sono arrivata in quella zona nel 2009:

 http://www.medicisenzafrontiere.it/msfinforma/vi_scrivo_da.asp?id=2366

 

 

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2 risposte a “Kivu, la guerra dimenticata”

  1. […] alla Repubblica Democratica del Congo, gli interessi per lo sfruttamento di diamanti e idrocarburi sembrano essere uno dei motivi […]

  2. […]  2. Qual è la situazione umanitaria attuale? quali sono le criticità che sta vivendo la popolazione dopo l’avanzata dei ribelli dell’M 23? […]

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