L’origine del problema: la Legge Regionale n°16/2016
Qualcuno ricorderà che quando il Consiglio Regionale della Lombardia, su impulso della Giunta, approvò nel luglio del 2016 la Legge n°16 “Disciplina regionale dei servizi abitativi”, (dunque non più case popolari, ma servizi abitativi) l’allora Presidente Maroni enfatizzò molto l’avvenimento, attribuendo al nuovo articolato legislativo ogni soluzione ai problemi dell’edilizia residenziale pubblica, compresi quelli gestionali delle Aler.
Il Sindacato nel suo insieme contrastò fortemente questa legge poiché era del tutto palese che nei suoi indirizzi e nella sua successiva applicazione, avrebbe sovvertito il sistema più generale dell’edilizia residenziale pubblica senza, peraltro, garantire più efficienza, economicità ed efficacia sociale. Era infatti evidente l’obbiettivo di modificare drasticamente il sistema delle case popolari, costruite soprattutto con i soldi dei lavoratori dipendenti, trasformandolo in un servizio per chi può pagare, avendo introdotto in legge il principio della sostenibilità economica ed escludendo, per questo, di fatto proprio le famiglie che ne avrebbero più bisogno. In modo assolutamente contrario alle finalità proprie dell’edilizia popolare viene, infatti, previsto per la prima volta e senza alcun imbarazzo il limite del 20% del numero delle famiglie con reddito basso che possono accedere all’assegnazione di un alloggio. La Legge 16/2016 avvia anche una sostanziale “delegificazione”, prevedendo la successiva emanazione di alcuni Regolamenti applicativi di esclusiva competenza della Giunta, cioè senza passare dalla discussione del Consiglio Regionale, ma solo attraverso una Commissione Consigliare in sede meramente consultiva. Tra questi quello per gli accessi e la permanenza delle case popolari.
Il nuovo regolamento in approvazione alla Giunta Regionale: un lungo fallimento annunciato.
Da una brutta legge non poteva scaturire che un pessimo Regolamento e, in questo senso, le Giunte regionali si sono proprio impegnate.
Il primo Regolamento e il fallimento della sperimentazione
Il primo testo di Regolamento viene approvato dalla precedente Giunta Maroni il 21 giugno 2017 (cioè già con un ritardo di circa 6 mesi rispetto al termine dell’8 gennaio stabilito dalla Legge 16/2016) anche in questo caso con grande enfasi mediatica e le solite parole d’ordine: “le case popolari prima ai lombardi”. L’impianto normativo, oltre ad essere già fortemente discriminatorio, è anche particolarmente complesso e il sistema integrato di gestione dell’offerta degli alloggi, la procedura di presentazione delle domande e di selezione degli assegnatari è affidato ad una elogiatissima piattaforma informatica regionale che, però, in quel momento non è pronta e non lo sarà per i 6 mesi successivi.
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Conferenza Stampa 27 febbraio 2019 Regolamento regionale sull’accesso alle case popolari
La sperimentazione del nuovo sistema di Bando parte, negli ambiti di zona di Monza, Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni, alla fine di novembre 2017 e si chiude agli inizi di gennaio 2018 e, contrariamente, a quanto dichiarato dai Responsabili politici e tecnici regionale è un vero fallimento sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto, per effetto dei complicati meccanismi di accesso e di esclusione preventiva, la partecipazione al Bando da parte delle famiglie si riduce in modo rilevantissimo come da tabella
AMBITI TERRITORIALI | N DOMANDE BANDO PRECEDENTI | N DOMANDE BANDO SPERIMENTAZIONE | ALLOGGI DA ASSEGNARE |
Monza, Brugherio, Villasanta |
718 |
368 |
47 |
Sesto S, Giovanni, Cologno Monzese |
853 |
267 |
50 |
Cinisello, Bresso, Cormano, Cusano Milanino |
1216 |
65 |
5 |
TOTALE |
2787 |
700 |
102 |
Poi, gli algoritmi alla base della “efficientissima” piattaforma informatica regionale non riescono a integrare, in tempo reale, le diverse condizioni legate alle categorie sociali previste, all’alloggio indicato, ai punteggi da attribuire, dilatando a dismisura i tempi di offerta effettiva dell’alloggio, tanto che a oltre un anno dalla chiusura del bando gli alloggi previsti non sono stati ancora tutti assegnati. Un risultato talmente “positivo” che la nuova Giunta Regionale decide di rimettere mano al testo per modificarlo almeno nelle parti più evidentemente inapplicabili. Ma anche il nuovo testo mantiene le stesse criticità di quello precedente e, per alcuni aspetti, lo peggiora.
Il Regolamento attualmente in discussione
Nonostante alcune importanti e inevitabili modifiche al testo originario del Regolamento, anche conseguenti al confronto negli scorsi mesi tra l’Assessorato regionale e le Organizzazioni Sindacali, il nostro giudizio sulla norma resta fortemente critico e negativo, avendo essa mantenuto, nei suoi indirizzi sostanziali, una grave e inaccettabile connotazione selettiva ed escludente dei soggetti socialmente ed economicamente più deboli, sia nella fase di accesso, sia in quella di attribuzione del punteggio. Di seguito alcuni degli aspetti più controversi riferiti alle modalità di accesso e ad alcuni aspetti normativi.
Chi è più povero ha meno diritto alla casa popolare
- Il trattamento delle famiglie in condizione di indigenza, cioè con ISEE < a 3.000 euro è particolarmente scandaloso: – viene posto, in verità anche direttamente dalla Legge regionale 16/2016, il limite del 20% sul numero complessivo delle assegnazioni disponibili contravvenendo, anche da un punto di vista logico oltre che sotto il profilo normativo generale, alle finalità proprie dell’edilizia pubblica;
- viene richiesto preventivamente, in sede di presentazione della domanda, il possesso dell’attestazione delle condizioni di indigenza determinando una grave situazione gestionale nei confronti dei Servizi Sociali comunali e l’impossibilità per tantissimi nuclei di partecipare tempestivamente ai bandi;
- l’ambito di presentazione della domanda viene limitato esclusivamente al Comune di residenza riducendo ulteriormente le opportunità di assegnazione, introducendo una evidente discriminazione su base economica e territoriale nell’erogazione dei servizi, contravvenendo ad ogni principio di logicità e socialità.
Per presentare la domanda devi essere un esperto di burocrazia e informatica
Le modalità di presentazione della domanda prevedono esclusivamente un’azione diretta del cittadino nella compilazione online dei 5 moduli progressivi della piattaforma informatica, attraverso una preventiva autenticazione con tessera sanitaria o SPID (e possesso di Dichiarazione ISE), senza nessuna possibilità di reale assistenza, contrariamente a quanto potrebbe essere inteso da una lettura sommaria della norma, né da parte dei soggetti proprietari e/o gestori, né da parte di altri soggetti
Graduatorie separate, sovracomunali e per alloggio
La gestione del Bando di assegnazione avviene in ambito sovra comunale, ma con separazione delle graduatorie per singolo Ente proprietario (Aler e Comune). Inoltre ogni singolo cittadino potrà presentare la domanda scegliendo un massimo di 5 alloggi disponibili e la sua domanda perderà efficacia qualora, quegli stessi alloggi vengano assegnati ad altri concorrenti con maggior punteggio che hanno fatto la stessa scelta. Ciò significa che nell’ambito dello stesso Bando il sistema del valore maggiore o minore dei punteggi può risultare ininfluente, poiché il punteggio stesso può essere fatto valere solo nell’ambito specifico degli alloggi scelti in sede di domanda. Inoltre le graduatorie cesseranno di esistere una volta terminata la procedura di assegnazione e, quindi, non esisterà più la graduatoria generale.
La titolarità esclusiva del provvedimento di assegnazione sottratta al Comune
Una norma del Regolamento affida il provvedimento di assegnazione ed i provvedimenti estintivi dell’assegnazione al soggetto proprietario dell’alloggio, sottraendone la competenza e la titolarità esclusiva al Comune, invece prevista dalla normativa generale di origine statale sulla Pubblica Amministrazione. Gli altri soggetti titolati sono sostanzialmente le ALER, che fino ad oggi non hanno mai avuto questa competenza, ma anche società private come previsto dalla Legge 16/2016.
Niente assegnazioni in emergenza, nemmeno agli sfrattati
Il nuovo Regolamento cancella la riserva per “l’emergenza abitativa”, l’unico strumento utile per potere provare ad intervenire preventivamente sulle situazioni familiari più in difficoltà (anziani, minori, invalidi…) per le quali si presenta un evento straordinario, attraverso l’offerta di un alloggio popolare in deroga alla graduatoria. Per nessuna situazione sarà più possibile, quindi, presentare una domanda di emergenza abitativa. Il punteggio riferito allo sfratto viene inoltre fortemente limitato, senza alcuna differenziazione tra sfratto in corso e sfratto eseguito. Il risultato sarà che i Comuni resteranno privi di strumenti per affrontare qualsiasi tipo di emergenza, sfratti compresi.
La durata della residenza prima di tutto e un sistema squilibrato di punteggio
Per quanto riguarda il sistema dei punteggi dobbiamo soprattutto sottolineare che:
- la distribuzione del punteggio appare fortemente squilibrata rispetto all’esigenza di far emergere un’oggettiva priorità di bisogno
- mancano casistiche rilevanti rispetto alla condizione di bisogno (es. modulazione delle diverse condizioni di sfratto e dei tempi di esecuzione, senza fissa dimora, disoccupazione, ricongiunzione,….) e un punteggio rilevante per i nuclei familiari alloggiati in via temporanea ai sensi dell’art. 23 comma 13 della L.R. 16/16 e che devono lasciare l’alloggio nei termini previsti dalla norma.
- l’introduzione di due diverse condizioni legate al periodo di residenza, peraltro tra loro cumulabili, che possono pesare per più del 40% all’interno del punteggio complessivo, falsa qualsiasi logica di corretta attribuzione di una condizione di disagio abitativo, subordinando fortemente l’esito della domanda a variabili del tutto arbitrarie e soggettive. Si tratta di un ulteriore strumento di selezione e di esclusione nei confronti di chi risiede da meno tempo sul territorio, indipendentemente dalla reale condizione di emergenza abitativa della famiglia.
Malgrado la tanta demagogia che s’è fatta sulla “casa ai lombardi” la realtà ci dice che siamo in presenza di una grave incapacità pubblica di dare una risposta abitativa dignitosa a chicchessia, italiani o stranieri, lombardi o siciliani, giovani o anziani.
Complicazione delle procedure amministrative
Su alcuni aspetti procedurali, quali il subentro nel contratto, l’ospitalità, l’ampliamento del nucleo familiare, gli Enti Gestori, come Aler o MM, avranno una maggiore difficoltà a definire le posizioni amministrative di migliaia di assegnatari.
Un contenzioso giudiziario infinito
L’articolato normativo, nel suo complesso e su alcuni punti specifici (modalità di scorrimento delle graduatorie con priorità delle scelta dell’alloggio e non del punteggio, tempo di residenza per la presentazione della domanda e nell’attribuzione dei punteggi, trattamento della condizione di indigenza in discriminazione verso la generalità dei cittadini, trasferimento dal Comune ad altri soggetti del potere di assegnazione, la disparità di trattamento dei cittadini nei diversi soggetti proprietari,…..) genererà un rilevante contenzioso giudiziario nei diversi ambiti giurisdizionali: amministrativo, civile e costituzionale.
In tal senso è forse opportuno richiamare le recenti sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano, nonché quelle della Corte Costituzionale, in materia di discriminazione all’accesso da parte dei cittadini extracomunitari anche in riferimento alla documentazione da presentare.
Gli effetti dell’entrata in vigore del reddito di cittadinanza
Sarebbe opportuno valutare preventivamente l’eventuale impatto del nuovo “reddito di cittadinanza” sulla applicazione del Regolamento, sia per gli aspetti riferiti all’accesso, sia per quelli legati alla gestione delle procedure amministrative e gestionali. In tal guisa sembrerebbe ancora di più necessario avviare una riflessione approfondita che tenga conto delle predette criticità applicative e sociali e, conseguentemente, sospendere temporaneamente l’applicazione del Regolamento almeno nelle parti relative alle procedure di assegnazione.
LE INIZIATIVE SINDACALI PER CAMBIARE IL REGOLAMENTO
Abbiamo partecipato nei mesi scorsi al tavolo di confronto regionale su regolamento, ottenendo anche alcune modifiche migliorative del testo predisposto dall’assessorato che, però, sono evidentemente totalmente insufficienti. Inoltre abbiamo esposto le nostre proposte puntuali anche in sede di audizione nella V Commissione Consiliare chiedendo modifiche sostanziali al testo con particolare riferimento ai contenuti discriminatori e agli aspetti più critici sul piano dei diritti e della tutela sociale e/o con profili di dubbia legittimità. Il 28 febbraio dalle ore 16.00 in via Fabio Filzi (davanti al Pirellone) si terrà un primo Presidio sindacale per chiedere la modifica del Regolamento e, prima ancora, la sospensione della sua applicazione. Il 21 marzo dalle ore 9.30 alle 13.00 i Sindacati Confederali e degli Inquilini regionali hanno convocato una riunione con i Comuni ad Alta Tensione Abitativa per un confronto di merito e chiedere anche a loro una presa di posizione sul Regolamento regionale sugli accessi e sulla Legge Regionale 16/2016. Saranno sviluppate ulteriori iniziative e assemblee di tipo informativo nei diversi territori (Milano, Brescia, Bergamo, Varese,…) nei quali è più grave la situazione di emergenza abitativa.
Se le case popolari sono costruite con i finanziamenti pubblici devono tornare a leggi e gestioni nazionali. Basta con i poteri alle regioni. No alla decisione del governo tra regioni nord e sud. Dobbiamo tornare a un potere nazionale su sanità, ambiente e sservizi sociali.