Telecom: storia di una rapina

telecom italiaIn questi giorni si parla molto di due eventi che evidenziano lo stato disastrato dell’economia italiana e la totale assenza di un qualsivoglia piano di sviluppo industriale di questo paese.
E’ di questi giorni il processo di acquisizione di Telecom Italia da parte della spagnola Telefonica e l’interessamento sempre più pressante di AirFrance-Klm per la compagnia di bandiera Alitalia.
Se di Alitalia è quasi inutile parlare poiché quasi tutti si ricordano l’operazione guidata nel 2008 da Silvio Berlusconi per mettere in piedi una cordata di patriottici imprenditori italiani che “salvassero” le nostre linee aeree dall’assalto dei Francesi.
All’epoca si diceva che una proprietà straniera della nostra compagnia di bandiera sarebbe stata inaccettabile e l’operazione patrocinata da Silvio andò in porto.
A cinque anni di distanza siamo daccapo. AirFrance-Klm è interessata ad Alitalia a condizioni molto peggiori del 2008 (all’epoca avrebbe garantito i livelli occupazionali e si sarebbe fatta carico del debito).
In compenso i contribuenti italiani hanno perso un mucchio di soldi.

Più interessante è parlare dell’affaire Telecom.
Facciamo un po’ di storia.
La Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda nasce nel 1925. E’ un’azienda all’avanguardia capace di importare le migliori tecnologie dagli Stati Uniti.
Nel 1964 le varie società telefoniche che gestivano le linee italiane si uniscono fondando la mitica SIP.
La SIP nonostante le difficoltà comuni a molti aziende negli anni ’70 continua ad essere un colosso capace di investire nelle fibre ottiche ed in altre buone ipotesi tecnologiche negli anni ’80.

Arriviamo agli anni ’90.
Sono gli anni del neo-liberismo sfrenato.
Il libero mercato è il dogma e le privatizzazioni sono il futuro.
Il PDS (poi DS ed ora PD), orfano di Marx e del Muro di Berlino, diventa più realista del re e nel solco di Clinton e Blair, esalta le sorti magnifiche e progressive del mercato.
All’epoca sembra che tutto debba essere privatizzato per garantire la qualità, la concorrenza, la meritocrazia e tariffe più basse.
O almeno così ci dicono.
I fatti diranno il contrario.
Chi si oppone alla privatizzazione degli utili ed alla socializzazione delle perdite viene accusato di essere un conservatore ed uno statalista.

Telecom Italia nasce nel 1994 dall’unione con altre aziende che si occupano di telefonia.
Nel 1997 c’è il primo passaggio del disastro.
Il Governo Prodi, anche per rispettare le linee guida sancite dall’Europa, privatizza la società.
La privatizzazione non segue la più intelligente politica della golden share nella quale lo Stato, durante la privatizzazione di un comparto strategico, mantiene il controllo di una quota azionaria fondamentale per le scelte aziendali, bensì la sciagurata linea del “nocciolo duro” ovvero la creazione di un gruppo di grandi azionisti forti capaci di garantire la stabilità dell’azienda.
Per Telecom Italia, ovviamente, non ci sarà nessun “nocciolo duro”…

Il secondo passaggio della rapina avvenne nel 1999 quando la Olivetti di Roberto Colaninno (il figlio è attualmente il responsabile del settore sviluppo economico del Partito Democratico…) lanciò un’OPA su Telecom.
L’allora Governo D’Alema (famoso per i bombardamenti sulla Serbia) sponsorizzò l’operazione non facendo presentare il Ministero del Tesoro (che poteva opporsi all’OPA) all’assemblea degli azionisti e costringendo al Banca d’Italia a fare lo stesso.
E fu così che il nano acquisì il gigante. In un’operazione criticata (oggi, non all’epoca dei fatti) dallo stesso Corriere della Sera che scrive: “…le speranze suscitate dall’arrivo di Franco Bernabè alla guida dell’azienda vengono traumaticamente spezzate dall’OPA lanciata da Roberto Colaninno, che nel giro di pochi mesi conquista l’azienda con un’operazione brillantissima dal punto di vista finanziario e disastrosa da quello industriale…”.

Il pesciolino rosso riesce dunque a mangiare (con l’aiuto della politica) lo squalo.
Telecom Italia viene oberata dai debiti fatti per acquistarla…
Il gioiello delle telecomunicazioni italiane TIM (gestore della telefonia mobile) viene di fatto utilizzato per appianare i debiti contratti da Colaninno durante la scalata.
In un periodo di boom delle telecomunicazioni e del digitale, Telecom, paradossalmente retrocede ed arretra.
Lo stesso succede con la gestione Tronchetti Provera (con relativi scandali di spionaggio).

Fino alla situazione attuale.
Per capire l’entità del disastro basti dire che quando Telecom sbarcò in Borsa nel 1997 un’azione valeva 10.902 lire (5,6 euro). Oggi vale 0,6 euro…
Per non parlare dell’occupazione.

 

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