Agenda d’autunno
Gli anticicloni se ne sono andati e le vacanze sono finite, anche se, segno dei tempi, per sempre più milanesi, giovani e meno giovani, queste non sono mai iniziate. Comunque sia, ora l’autunno è qui e bisogna fare il punto sugli scenari che abbiamo di fronte e sulle cose da fare, cioè sull’agenda d’autunno dei movimenti milanesi.
1. Al primo posto c’è senz’altro il lavoro e il reddito. È anzitutto un problema di priorità politica, perché il paradosso del tempo presente, o meglio di molta politica del tempo presente, è che la questione socialmente più dirompente e che decide il presente e il futuro delle persone, si trovi magari al primo posto nelle chiacchiere pubbliche, ma poi finisca in fondo alla lista degli impegni veri.
Ma è anche un problema terribilmente concreto ed immediato dei nostri territori, perché sebbene la situazione qui non sia estrema come quella della Sardegna, che rischia una desertificazione produttiva pressoché totale, essa è però sempre più preoccupante e compromessa: lo scorso luglio la Lombardia ha segnato il record italiano di ricorso alla cassa integrazione, come ennesima testimonianza del processo di deindustrializzazione, e i recentissimi dati di Unioncamere e Ministero del Lavoro, relativi al 2012, segnalano un calo dell’occupazione anche nella provincia di Milano, che colpisce soprattutto i lavoratori precari.
In questo quadro desolante, segnato dal prolungato e persistente assenteismo delle istituzioni, nazionali e regionale, assumono un valore particolare e generale le lotte di resistenze dei lavoratori, come quelle nelle cooperative della grande distribuzione (Basiano, do you remember?) o quella della Jabil (ex Nokia Siemens) di Cassina de’ Pecchi, perché ci ricordano che non tutto è già scritto e che si può anche tentare di cambiare il futuro.
E allora, per essere concreti, dobbiamo mettere quelle lotte, cioè la solidarietà e il sostegno a quelle lotte, tra le cose da fare. Alla Jabil, il 27 luglio scorso, il movimento milanese, nelle sue diverse articolazioni, aveva saputo essere all’altezza della situazione ed aveva portato un contributo decisivo affinché fallissero i piani della proprietà e il presidio operaio potesse continuare. Abbiamo dunque guadagnato tempo prezioso, ma ora si tratterà di dare continuità a quella battaglia.
2. In secondo luogo, c’è il tema degli spazi sociali, che in realtà andrebbe chiamato in qualche altro modo, perché temo che questa definizione sia ormai insufficiente a contenere la ricchezza di esperienze e pratiche che intende racchiudere. Già, perché fortunatamente gli ultimi anni hanno visto sul territorio milanese, nella sua accezione più ampia, un importante processo di rinnovamento, dalle potenzialità ancora da esplorare, che anche nel primo semestre del 2012 ha portato all’affacciarsi di nuove esperienze, (Piano Terra, Officina dei Beni Comuni, Macao, Lambretta), di cui alcune caratterizzate da una forte carica innovativa.
Ovviamente, nulla è conquistato per sempre, anzi, i contraccolpi e gli sgomberi sono sempre in agguato e questo vale anche –e forse soprattutto- per le nuove realtà. Macao, dopo un atto di nascita poderoso e travolgente, due sgomberi e un successivo peregrinare per i meandri della città, si è infine accasato all’ex macello di viale Molise 68. Allo stato un atto di forza per sgomberare il “nuovo centro per le arti, la cultura e la ricerca” non pare all’ordine del giorno, anche se è sempre bene non rilassarsi troppo, e la principale sfida autunnale di Macao sarà dunque di natura politica.
Diverso, invece, è il discorso per il Lambretta, che è a forte rischio sgombero. Beninteso, non perché occupi un posto dove ci sono progetti esecutivi che bussano alle porte, anzi prima dell’occupazione c’era solo abbandono e spaccio, ma perché quel posto è dell’Aler Milano, il cui Presidente, Loris Zaffra, e la maggioranza del Consiglio d’amministrazione sono di nomina regionale, cioè rispondono alla maggioranza politica che governa Regione Lombardia. In altre parole, considerato il contesto politico, la tentazione di buttarla comunque in caciara sul territorio amministrato dall’avversario Pisapia sembra irresistibile.
E, infatti, se non fosse stato per lo spirito di apertura e l’intelligente lavoro nel quartiere da parte dei ragazzi e delle ragazze del Lambretta, lo sgombero sarebbe già arrivato a fine luglio, visto che il Presidente Zaffra l’aveva ancora una volta formalmente sollecitato. Quindi, ora si tratta di riprendere urgentemente quel lavoro, intensificarlo e finalizzarlo.
Un discorso più complesso è quello che riguarda Piano Terra, poiché si tratta di uno spazio di proprietà comunale, dove sarebbe prevista la prossima ubicazione di un “acceleratore d’impresa” per le imprese operanti all’interno delle carceri. Insomma, in questo caso, pare decisiva la strada del dialogo.
3. Il terzo asse è senz’altro rappresentato dalle grandi opere, che sul nostro territorio significa anzitutto, sebbene non soltanto, nuove autostrade (Pedemontana, BreBeMi, Tem ecc.) con annessi e connessi. Una follia bella e buona, se guardiamo alla questione dal punto di vista dell’interesse generale: il consumo del suolo in Lombardia ha ormai superato il livello di guardia (Monza e Brianza, ad esempio, è la provincia italiana in assoluto più antropizzata), il modello di mobilità è già ora gravemente sbilanciato a favore dell’automobile privata e a sfavore del trasporto pubblico su rotaie ed i costi per le nuove opere autostradali sono abnormi e sempre più insostenibili. Eppure, si insiste, prima di tutto da parte del governo regionale, perché ormai l’insieme degli interessi particolari e privati coinvolti la fa da padrone.
Tuttavia, il dissenso rispetto a queste opere è cresciuto sui territori, a partire da quello contro la Tem (Tangenziale Est Esterna di Milano), che peraltro insieme alla BreBeMi si dovrebbe mangiare un bel pezzo di Parco Sud. Beninteso, si tratta di un’opposizione ancora troppo debole per poter cambiare il corso degli eventi, ma contiene un elemento estremamente prezioso: cioè, la pluralità di soggetti che si mobilitano, che va dai residenti e agricoltori fino alle realtà di movimento, passando per associazioni ambientaliste ed alcuni soggetti politici. Insomma, si può e si deve investire su queste mobilitazioni, avendo sempre ben chiaro che radicalità e cura della pluralità del movimento sono due aspetti inseparabili.
Un primo appuntamento c’è già e sarà bene non mancarlo: domenica 9 settembre, alle ore 15.00, a Casalmaiocco (LO), per un corteo No Tem.
Ebbene, pur avendola fatta lunga, questa agenda non esaurisce ovviamente l’autunno. Ci saranno altre esperienze e lotte da fare o con cui rapportarsi, per esempio nella scuola, ed è un pia illusione pensare che fascisti e razzisti non si rifaranno vivi. Poi c’è il contesto politico generale, perché di fatto saremo in clima di campagna elettorale, e il governo Monti, la Bce e compagnia bella non si fermeranno di certo nella loro opera di smantellamento del welfare e dei diritti. Ci sarà il rapporto con l’amministrazione comunale, le luci e le ombre e l’annunciata “fase 2”. Forse ci sarà anche da occuparsi più da vicino della Regione Lombardia, anzi, di sicuro dovremo farlo, perché le mele non cascano da sole, almeno in politica, neanche quelle marce, come Formigoni e il formigonismo.
Ci sarà tutto questo, ma sicuramente i temi e gli assi di mobilitazione indicati nell’agenda attraverseranno tutto quanto e rappresenteranno anche una piccola bussola per non perdersi nella tempesta.
Infine, prima di chiudere davvero, dobbiamo ricordarci di un’altra cosa da fare in autunno e anche oltre. Il 13 luglio scorso una sentenza di cassazione ha confermato le condanne per “devastazione e saccheggio” per 10 manifestanti delle giornate di Genova del 2001. Due di loro sono già in carcere.
Ebbene, non vanno lasciati soli. E non vanno nemmeno confinati in una solidarietà di nicchia, fatta da pochi per pochi.
Milano, 1 settembre 2012