Alcune chiavi di lettura della vicenda Pussy Riot

Il mondo intero ha seguito il caso delle Pussy Riot, le tre ragazze punk condannate a due anni di carcere per una performance provocatoria di contestazione nei confronti del governo presso una importante chiesa ortodossa di Mosca. La condanna per “teppismo motivato dall’odio religioso”, ha fatto discutere e mobilitare attivisti, artisti e associazioni di diversi paesi in difesa delle ragazze: anche dopo la chiusura del processo, tuttavia, la discussione non accenna a spegnersi e continuano ad emergere diversi punti di vista sulla vicenda, che Milano in Movimento cercherà di analizzare in questo articolo.

 Religione e politica

Un primo passaggio, che potrebbe sembrare ovvio, per fornire un quadro variegato e sufficientemente complesso della vicenda, è l’analisi della protesta portata avanti dalle ragazze, e soprattutto le reazioni da parte delle autorità russe. Il gruppo punk, infatti, aveva già realizzato nei mesi passati azioni di protesta, anti-governative e pro-femministe, in diversi luoghi pubblici della città, realizzando anche video e canzoni sul tema. La reazione dura delle autorità si è verificata tuttavia proprio quando la performance delle ragazze si è svolta in una chiesa, e non una chiesa qualsiasi: la cattedrale del Cristo Salvatore, centro della religione ortodossa a livello nazionale. Quella chiesa è un simbolo, scelto per dimostrare e denunciare pubblicamente in modo molto esplicito le connessioni tra la chiesa ortodossa e il governo russo: è importante dunque valutare che a una forte azione di dissenso politico e di denuncia, si è accompagnata la scelta di un luogo “sacro” e dunque centrale per la tradizione, la cultura e la moralità della maggior parte della popolazione, nonché per la storia del paese stesso. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la chiesa ortodossa infatti, ha ritrovato la sua centralità politica ed il suo secolare collateralismo ai regimi dispotici russi. Questi elementi potrebbero essere importanti per comprendere come mai la reazione del governo sia avvenuta in occasione di questa performance (e non di altre), e come mai sia stata così repressiva. E’ inoltre importante considerare che a Febbraio 2012, periodo nel quale si sono svolti i fatti, la Russia era scossa da numerose proteste di piazza in seguito delle elezioni parlamentari: è probabile che vi fosse dunque una volontà di dimostrazione di forza da parte dello Stato, attraverso la repressione, dei movimenti di protesta.

 Le accuse rivolte alla Russia e i diritti umani come “pretesto”

Alcune persone si chiedono come mai l’Occidente si sia tanto mobilitato a sostegno di queste musiciste e della loro protesta. Forse non sarebbe successo lo stesso in Italia, negli Stati Uniti o in qualsiasi altro paese nel quale religione e politica sono strettamente alleate? Probabilmente anche altri stati avrebbero reagito in modo simile: è evidente tuttavia che la vicenda ha portato automaticamente gran parte dell’opinione pubblica a riflettere sullo stato delle libertà civili in quel Paese. E’ noto che la Russia non si distingua per essere un paese garante delle libertà di informazione, di dissenso e di parola. Questa è una costante storica che si mantiene immutata dai tempi degli Zar, passando per il potere dei Soviet fino ad arrivare alla Russia putiniana. La grande corruzione che contraddistingue il governo (anche questa ancestrale tradizione di quelle terre) ha reso inoltre nota, negli ultimi anni, alcune caratteristiche del sistema giudiziario, delle condizioni carcerarie e anche dell’utilizzo della forza. E’ possibile che questi elementi siano stati usati strumentalmente, in questo o in altri frangenti: ma non si può negare che, davanti a questo episodio, si sia aperta una “finestra” su una realtà oggettivamente critica dal punto di vista delle libertà civili, dei diritti umani e della trasparenza del sistema giudiziario.

La Russia rimane per l’Occidente un pericoloso avversario strategico. La sua potenza militare, seppur molto ridimensionata dopo il crollo dell’URSS, rimane enorme ed alcuni elementi tra cui la ripresa dei voli dei bombardieri strategici, i pericolosi avvicinamenti dei sottomarini nucleari russi alla costa americana e non ultima, la velocissima e vittoriosa campagna militare dell’Agosto 2008 contro la Georgia armata dalla NATO continuano a costituire un “problema” per Europa e Stati Uniti.

D’altro canto non bisogna sottovalutare come i Russi abbiano vissuto come veri e propri comportamenti aggressivi il progetto di scudo anti-missile dell’amministrazione Bush ed il progetto, ad ora naufragato, di portare Ucraina e Georgia all’interno della NATO.

Leggendo le riviste di geopolitica si nota come uno degli items dei prossimi anni sai proprio quello legato a quali alleanza sceglierà in futuro l’orso russo. Un alleanza con l’Europa (Germania in testa) o con la Cina?

 La valutazione del contesto socio politico russo

Spesso quando arrivano delle notizie in Italia (e non solo), la popolazione ha la tendenza a leggerle utilizzando i propri parametri di valutazione: è una reazione naturale, normale, ma quando si tratta di fatti che vengono da realtà molto diverse, complesse e differenti, una mancata valutazione del contesto comporta sicuramente una “perdita” di molti elementi essenziali per la comprensione di una vicenda. La Russia, Putin, la situazione economica, politica e sociale del paese, la sua politica estera, i conflitti interni ed esterni, sono tutti elementi importanti per comprendere non solo gli attori in gioco (le Pussy Riot, il collettivo Femen, il governo russo, la chiesa ortodossa..) ma anche e soprattutto il momento storico attraversato dal paese e dalla società, e i suoi problemi. Quali sono le difficoltà della popolazione russa in questo momento? Il problema è Putin o una situazione generale (nel quale il presidente si inserisce, ma per il quale non può essere identificato come unico responsabile), derivante da anni di politiche che hanno favorito il proliferare della corruzione, il favoritismo delle classi abbienti, gli accordi internazionali per lo sfruttamento delle risorse, i conflitti e la povertà delle zone rurali e il disorientamento delle classi medie? E si potrebbe andare avanti con una serie di domande più scomode che, in qualche modo coinvolgono noi Occidentali. E’ vero che le condizioni della Russia di Elstin negli anni ’90 erano simili a quelle della Germania di Weimar negli anni ’20 e cioè un paese umiliato ed in miseria? E’ vero che negli anni ’90, oltre al crollo del PIL la Russia ha visto un aumento della mortalità infantile ed un abbassamento generale della speranza di vita media? Quali sono le responsabilità dell’Occidente nella svendita dell’immenso patrimonio statale sovietico e nella proliferazione degli oligarchi? Le province estreme della Russia sono mai riuscite a riprendersi dal crollo dell’Unione Sovietica? Qual’era la situazione della popolazione prima che Putin prendesse il potere nel 2000? Le condizioni di vita del cittadino russo sono migliorate o peggiorate sotto il regime putiniano? E’ vero che, nonostante tutti i suoi limiti, la politica economica putiniana è riuscita a sviluppare un embrione di ceto medio che in Russia mai si era visto. E poi, si potrebbe passare alle domande scomode per i sostenitori di Putin. Perché il governo russo non riesce (o riesce solo in parte) a ridistribuire gli immensi proventi della vendita sul mercato internazionale di gas e petrolio? Possibile che l’economia russa si basi ancora e solo sull’esportazione di materie prime e sulla vendita delle armi? Perché non si vuole riformare l’onnipresente e pachidermica burocrazia (altro male eterno del paese)? Cosa dire del potere clientelare dei potentissimi governatori degli Oblast? E’ veramente così difficile tassare nuovi ricchi ed oligarchi vari ponendo un freno alla sperequazione così forte nel paese? Non sarebbe il caso di porre un freno al dilagante nazionalismo ed alla xenofobia? E’ importante non semplificare situazioni complesse, sarebbe come dire che il problema dell’Italia è o era Berlusconi: ad oggi, e senza di lui, è evidente che molti problemi che lacerano il nostro paese non siano stati risolti. Senza alcuna intenzione di giustificazione del presidente russo dunque, la vicenda delle Pussy Riot sarebbe davvero ridotta e semplificata, in parte vanificata, se venisse letta come un attacco a Putin e una reazione personale a tale attacco: probabilmente il presidente è stato preso a simbolo della situazione politica del paese, della quale però sarebbe interessante parlare, approfondire ed informare le tante persone che si sono appassionate a questa vicenda, proprio per dare un seguito all’azione delle ragazze, uscita dai confini del loro stesso contesto.

La risonanza mediatica della vicenda e l’appoggio internazionale

L’azione delle Pussy Riot ha avuto sicuramente una grande potenza mediatica. Il ruolo di internet, delle reti internazionali, dei social network hanno permesso a tutto il mondo di assistervi “da vicino”, così come anche in occasione delle rivolte in piazza Tahrir e in altri paesi. La velocità delle informazioni e la possibilità di seguire l’evolversi delle vicende passo dopo passo hanno un ruolo importante nell’immedesimazione e nel senso di appartenenza o di vicinanza ad alcune lotte. Il collettivo russo ha mostrato la propria azione in diretta, in mondovisione, facendo circolare immagini, suoni, parole, e, in seguito, svelando anche nomi e identità di quei personaggi che, fino ad un certo momento, erano stati mostrati solo in forma anonima. Tutti questi elementi hanno contribuito (insieme ad una naturale, genuina e istintiva solidarietà per una lotta di protesta repressa) alla creazione della grande mobilitazione di solidarietà nei confronti delle musiciste. Alcune persone si sono chieste quanto tutto questo sia stato strumentalizzato da qualcuno, magari da agenti esterni, per fomentare critiche e pressioni internazionali sul governo Putin. Anche se è innegabile che vi siano, in Russia come da altre parti, presenze internazionali più o meno celate, che raccolgono informazioni o cercano di indirizzare alcuni azioni della società civile nei confronti del governo, non si può affermare con certezza che questo caso, più “piccolo” come azione (anche se certamente ingombrante a livello mediatico) rispetto ad altri episodi, possa essere ricondotto ad un “pilota” esterno. Casomai, sarebbe altamente plausibile che la vicenda, una volta divenuta nota a livello mondiale, sia stata “cavalcata” da attori esterni interessati a buttare benzina sul fuoco delle critiche internazionali al governo russo.

Perché “loro” e non altri/e?

E’ sempre difficile spiegare perché alcuni episodi colpiscano l’attenzione più di altri. Da un lato, come anche affrontato sopra, è innegabile che i media spingano alcune vicende e situazioni piuttosto che altre. Dall’altro però è importante non dimenticare che le società civili di (quasi) tutto il mondo sono più autonome di prima nella scelta delle proprie informazioni. Se le Pussy Riot hanno scatenato tanto clamore è probabilmente dovuto ad un insieme di elementi: prima la protesta ha raggiunto i social network, è circolata ed ha acquisito notorietà e appoggio. In un secondo momento la vicenda è rimbalzata sui media, dapprima quelli “di nicchia” per poi arrivare ai mass media, giornali e Tv di tutto il mondo. E’ innegabile che i media abbiano avuto un ruolo fondamentale nella visibilità di questa vicenda, ma non possiamo ignorare il fatto che prima, durante e dopo, un grande ruolo sia stato giocato dal “popolo di internet” e dei social network: dalle persone.

L’interesse che le singole persone hanno dimostrato per questo episodio può essere spiegato da diverse, innumerevoli motivazioni: perché le ragazze erano belle? Perché sono delle musiciste e rappresentano anche il mondo dell’arte, oltre che quello della protesta? Perché la connessione tra chiesa e politica e l’intoccabilità di questo legame è un elemento che ci accomuna? Perché piacciono i loro vestiti? Perché sono un gruppo di ragazze di sesso femminile e che veicolano messaggi femministi oltre che di contestazione? Per il loro logo? Per la forza delle immagini o della musica? Per la sensibilità rispetto ai temi del dissenso e della protesta? Per solidarietà nei confronti della repressione?

Ognuno ha avuto e ha i suoi motivi per aver appoggiato, o meno, questa protesta.

Non è poi così importante capirlo o dichiararlo: lo è molto di più informarsi e cercare di non distogliere l’attenzione sui contenuti e sulle prospettive di queste, e di tante altre, forme di lotta nel mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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