La lotta del collettivo solidale arabo-ebraico Free Jerusalem in Palestina
Incontriamo Shir Tarabasky a Gerusalemme, durante uno dei venerdì di protesta e solidarietà nel quartiere Sheikh Jarrah.
Ogni venerdì infatti, il collettivo solidale Free Jerusalem – composto principalmente da persone ebree – si ritrova nel quartiere che da anni resiste agli sfratti decretati dai tribunali israeliani e dai violenti attacchi di coloni, spesso e volentieri scortati dall’esercito.
Il giorno del nostro incontro, la manifestazione era composta da circa 200 persone, molte delle quali sventolavano bandiere palestinesi; un gesto, questo, che comporta gravi rischi per chi lo fa, considerando che dal primo giugno 2022 è stato approvato in prima lettura un testo di legge che vieta l’esposizione della bandiera palestinese, considerata un simbolo di “terrorismo”.
Ma gli/le attivist* di Free Jerusalem hanno deciso di sfidare questi divieti e altri, affrontando le ostili strade di Gerusalemme con i loro corpi, rispondendo quotidianamente agli attacchi e alle provocazioni dei coloni.
Qualche mese dopo il nostro breve incontro, ricontatto Shir Tarabasky per chiederle una intervista che riesca a spiegare a chi ci legge, come opera Free Jerusalem e cosa sta succedendo da diversi mesi per le strade di Tel Aviv e non solo.
Infatti, da più di sette mesi centinaia di migliaia di persone israeliane ebree sono scese in piazza organizzando blocchi stradali e arrivando anche ad occupare il famigerato e super controllato aeroporto Ben Gurion per protestare contro una riforma giudiziaria divenuta il cavallo di battaglia dell’ennesimo governo Nethanyahu, considerato il più a destra della storia del paese.
Ciao Shir Tarabasky, ci racconti qualcosa di te? in quale gruppo politico sei attiva?
Sono studente di storia all’università ebraica di Gerusalemme e faccio parte del gruppo FREE JERUSALEM, un collettivo contro l’occupazione composto da israeliani antisionisti.
Operiamo principalmente seguendo due filoni: da una parte la dimostrazione di solidarietà alle persone palestinesi che subiscono l’occupazione con la distruzione delle loro case, gli sfratti e gli sgomberi, e altre violenze perpetuate da Israele principalmente a Gerusalemme Est;
contemporaneamente, cerchiamo di portare ciò che produce l’occupazione a Gerusalemme Ovest, lottando contro le forze statali, la polizia e le istituzioni che legittimano la violenza contro la popolazione palestinese.
Il lavoro di Free Jerusalem si sviluppa principalmente a Sheikh Jarrah, in supporto alle famiglie palestinesi che subiscono gli sgomberi dalle loro case; e cosi anche nella città vecchia di Gerusalemme e a Silwan, nel tentativo di contrastare la volontà dei coloni di continuare ad occupare case per espandere gli avamposti ebraici.
Grazie alla resistenza e al lavoro comune di persone ebree e palestinesi unite contro un comune nemico, diverse famiglie nella zona di Sheikh Jarrah sono riuscite a resistere agli sgomberi decretati dai tribunali israeliani.
Alle chiamate di Free Jerusalem rispondono solitamente dalle 200 alle 500 persone.
Per 29 sabati consecutivi si sono svolte a Tel Aviv, e non solo, diverse manifestazioni che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone. Quali sono le motivazioni delle proteste? Si può dire che sia una piazza di “sinistra” contro il governo di ultra-destra o questa dicotomia non è praticabile?
No, la piazza non è di sinistra e non affronta neanche minimamente il tema che noi consideriamo centrale, che è quello della lotta contro l’occupazione israeliana della Palestina.
Si protesta contro la riforma giudiziaria, che prevede misure per togliere alcuni poteri alla Corte Suprema e affidarli al governo, come ad esempio le nomine dei giudici o il blocco delle decisioni del governo sulla base del concetto dell'”irragionevolezza”.
Le proteste sono portate avanti da una borghesia israeliana di destra che ha sempre avuto in mano il potere, e che oggi ha capito che il potere è passato in mano ai coloni.
Questi ultimi sono infatti rappresentati alla Knesset dal leader dell’ultradestra, Itamar Ben Gvir, che agisce in continua funzione dell’allargamento delle colonie.
I manifestanti oggi in piazza li temono per quello che possono iniziare a fare all’interno della politica nella società israeliana, e non certo per quello che hanno fatto e continuano a fare contro le persone palestinesi.
Quanto è realmente diffusa la protesta?
Parliamo di diverse migliaia di persone. Ci sono generali in prima fila che abitudinariamente sono occupati a coordinare i bombardamenti nell’area della Striscia di Gaza, e ora stanno nelle piazze a chiedere più democrazia in Israele.
Dentro queste grandi manifestazioni c’è anche un blocco di attivist che chiede la fine dell’occupazione, e Free Jerusalem ne fa parte, per ricordare a tutt che non ci sarà mai una democrazia in Israele finché non finirà l’occupazione.
Non si può chiedere di tornare a com’era prima, perché quello che c’era fino ad ora è uno stato di occupazione e di governo militare dentro la Palestina.
Perciò spesso il nostro è un manifestare contro la manifestazione stessa, perché Israele non è una democrazia e chiamarla così è una bugia.
Cosa ti auguri per il futuro?
L’attuale governo cerca di far diventare le colonie centrali nella società israeliana, in continuità con i governi precedenti che hanno lavorato per cancellare la società palestinese.
Questa Knesset agisce in modo più netto, diretto e razzista rispetto al passato, e tutto questo per attuare quella che apertamente viene definita una pulizia etnica della Palestina.
In continuazione con quello che hanno fatto i governi sia di destra che di sinistra dalla nascita di Israele ad oggi.
Per il futuro ci si può solo augurare che le realtà che lottano contro l’occupazione della Palestina si ingrandiscano , per poter essere una vera risposta politica al fascismo israeliano e al pensare sionista, per cambiare il pensiero ideologico e soprattutto pratico. Inshallah.
Milano InMovimento