Ritorno a Cavezzo. Solidarietà senza divise.

Lunedì 11 Giugno 2012.

 

Un gruppo di 9 tra compagne e compagni parte da Zam con un furgone e due macchine per raggiungere Cavezzo, epicentro del devastante sciame sismico che in questo ultimo mese ha colpito il modenese. Si tratta del secondo viaggio di solidarietà attiva nei confronti degli emiliani colpiti dal terremoto. La settimana di raccolta aiuti nel magazzino di Zam è stata piuttosto fruttuosa. Sono passate circa una settantina di persone portando materiali di ogni tipo. Dalle tende, agli stendini, dai sacchi a pelo ai pannolini finendo con gli omogenizzati per i neonati. A contribuire alla raccolta gente di tutti i tipi: militanti e persone del quartiere. Qualcuno è stato addirittura indirizzato a Zam dalle suore di una chiesa della zona.

 

Il viaggio scorre abbastanza veloce ed attorno a mezzogiorno raggiungiamo le zone colpite dal sisma. Lo scenario è sempre impressionante. I centri storici dei paesi sono quasi totalmente disabitati. Quasi tutte le case sono transennate ed inagibili (si parla del 40% degli stabili). Tra le tantissime case lesionate, ogni tanto appaiono edifici totalmente collassati su se stessi. In campagna quasi tutte le cascine e le case hanno delle parti crollate ed inagibili. Nei prati e nei campi attorno si notano le tende ed i camper dei proprietari degli stabili (famiglie contadine) che non hanno voluto abbandonare il frutto del lavoro di una vita. In lontananza, dove si vedono le enormi braccia meccaniche delle gru, è possibile indovinare le zone industriali che hanno subito danni gravissimi. La maggior parte dei morti di questo terremoto sono infatti operai travolti dal crollo delle loro fabbriche. Ed un ragionamento andrebbe avviato sul crollo di strutture costruite tra gli anni ’90 e gli anni 2000.

 

Alle 12,30 raggiungiamo il campo di Cavezzo dove veniamo accolti dai molti compagni delle città più diverse: da Livorno a La Spezia. Il sole picchia forte. Riflettiamo sul quale disagio potranno provare bambini ed anziani col caldo di quest’estate, ma subito dopo, pensando alle immagini dell’Irpinia nell’80 e dell’Aquila ci rendiamo conto che il freddo, la neve ed il fango devono essere nemici ben più terribili.  Il campo è molto fornito. Si mangia tutti insieme e subito dopo si fa una breve assemblea per fare il punto delle attività pomeridiane. Si decide che il furgone andrà a scaricare gli aiuti al campo di raccolta di Fossoli. Due macchine di milanesi giraranno invece per i paesi cercando di censire i campi autorganizzati che stanno sorgendo come funghi.

Verso le 16 la terra trema ancora. Qualcuno sente la scossa. Altri no. Nessuna reazione di panico tra gli emiliani.  Questo il risultato della mappatura dei paesi fatta da noi:  -CONCORDIA Campo della Croce Rossa molto organizzato. 600 persone si fermano a dormire la sera mentre si arriva a 1500 per i pasti e le cene.

– FOSSOLI Campo di 200 persone totalmente autorganizzato gestito da Brigate di Solidarietà Attiva e cittadini. I pasti vengono forniti dalla Croce Rossa Militare ma distribuiti dai volontari (Bsa ed abitanti). Il Comune di Carpi e pure il prete locale collaborano in modo attivo fornendo materiale. Si tratta di un campo multietnico. C’è uno spaccio dove i terremotati possono prenotare quel che serve per le loro esigenze. Alla 21 di sera assemblea comune di gestione.

– NOVI Campo gestito dall’amministrazione comunale all’interno del centro sportivo. Molto ben fornito ed organizzato. Ospita più o meno 600 persone. A – uno dei responsabili – ci dice che i rapporti con la Protezione Civile sono altalenanti. Molto dipende dai capi.

 

– ROVERETO Al Campo Roma della Protezione Civile si aggiunge Campo Felice. Un campo autorganizzato con una cinquantina di persone. D. – uno dei giovanissimi responsabili – ci dice testualmente: “Qui non ci aiuta nessuno”. Gli forniamo i riferimenti del campo di Cavezzo.

 

– SANT’ANTONIO Campo dentro il centro sportivo con una quarantina di tende. Una signora, dai modi gentili e simpatici, ci dice: “Per ora siamo pieni di roba. Voglio vedere tra tre settimane però chi si ricorderà di noi”.

 

Una delle nostre macchine ha anche incrociato un campo di cinesi in un piazzale delle fabbriche di SAN POSEIDONIO. I mariti fanno gli operai, mentre le mogli gestiscono le tende. Nessuno parla italiano.

 

Lentamente torniamo al campo-base di Cavezzo dove chiacchieriamo un po’ con gli altri compagni presenti. L’idea dominante è quella di cercare di andare oltre all’idea militare e verticistica che si è diffusa negli ultimi anni con la gestione Bertolaso della Protezione Civile. Qui, grazie in primis alla volontà della popolazione, il modello l’Aquila (un colossale bluff per chi conosce la situazione) non è riuscito ad imporsi. I Modenesi hanno dimostrato sin dall’inizio il desiderio e la volontà di essere protagonisti della gestione dei campi, degli aiuti e della ricostruzione. La presenza poliziesca e militare è molto discreta e nessuno si permette di chiedere i documenti o perquisire all’ingresso delle tendopoli. Una frase che ci rimane in testa detta da un volontario presente qui sin dai primi giorni del sisma è: “Noi siamo e vogliamo rimanere senza divisa”.  Si discute sull’idea che tutto il materiale raccolto che non verrà utilizzato venga usato per la costruzione di uno spaccio popolare che possa aiutare cassintegrati e disoccupati (il sisma ha messo in ginocchio la realtà produttiva modenese). Altro elemento interessante sarebbe quello di requisire le case sfitte (come già successo altre volte nella storia di questo paese) per fornirle ai terremotati in vista dell’estate. Ovviamente si tratta di idee che devono vedere una loro discussione e concretizzazione.

 

Mentre tre di noi restano a Fossoli per l’assemblea serale, gli altri tornano a Milano. Il campo di Fossoli, supportato dalle Bsa, è uno splendido esempio di come sia possibile attuare e portare avanti il modello dell’autorganizzazione. In serata siamo giunti al campo e abbiamo potuto assistere e partecipare al momento assembleare che è il fulcro vitale di questo luogo; l’assemblea regna sovrana e attraverso questo strumento si riesce a informare tutti dei risultati raggiunti, come anche dei problemi grandi e meno grandi che possono riguardare la vita comune all’interno del campo. Questo è un campo totalmente autorganizzato e come tale vive delle donazioni della gente, della supporto e dell’entusiasmo dei volontari,e della partecipazione delle persone di questo paese colpite dal sisma e il risultato finale è un mix che ha potuto permettere a una comunità di circa 200 persone di riuscire a vivere in maniera totalmente libera ed indipendente, insomma l’autorganizzazione è possible!  Come dicono in Val di Susa a sarà dura, ma la popolazione emiliana ci ha insegnato molto in termini di dignità, orgoglio e volontà di rialzarsi.

MATERIALE DA RACCOGLIERE:

IGIENE PERSONALE

ACQUA

SCATOLAME

DISINFETTANTI (AMUCHINA…)

CARTOLERIA PER BAMBINI

TENDE

MATERASSINI

CUSCINI

STENDINI

FORNELLETTI DA CAMPEGGIO

PIATTI, POSATE E BICCHIERI DI PLASTICA

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Una risposta a “Ritorno a Cavezzo. Solidarietà senza divise.”

  1. Matteo Uguzzoni ha detto:

    Salve,
    volevo avere un contatto a cui scrivere,
    abbiamo messo online un database per le persone che si offrono come volontarie e ci piacerebbe poterne parlare con chi è andato nelle zone colpite dal sisma. Grazie

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