Lo smantellamento del diritto alla salute
Viaggio nell’Italia dove il diritto alla cura e a curare vengono ditrutti a suon di tagli e federalismo
La sanità pubblica è sull’orlo del precipizio. In Italia il numero complessivo di fondi tagliati al sistema sanitario è maggiore di quello che c’è stato in Grecia, in Spagna e in Irlanda nonostante il nostro quadro economico sia meno disastroso. La situazione è drammatica. In questo momento di crisi si sta distruggendo uno dei diritti più importanti che abbiamo: il diritto alla salute e all’assistenza medica gratuita.
In questo periodo si è sentito parlare molto dell’ospedale San Raffaele di Milano, ma quella è solo la punta dell’iceberg. Un iceberg fatto non solo di mancanza di fondi in tutti gli ospedali, convenzionati o pubblici che siano, ma fatto anche di manovre economiche che sono andate a impoverire un sistema sanitario che deteneva il primato in Europa per il rapporto costi/efficienza. Un iceberg che nasconde i disastri che, a partire dal “federalismo sanitario” e arrivando ai Formigoni e ai Daccò, è andato a smantellare il diritto alla cura.
I soldi statali sono stati giocati tutti alla roulotte della finanza e tolti dai fondi che garantivano diritti irrinunciabili come quello alla salute.
Un disastro avviato da Tremonti nel 2011, seguito dalla manovra Monti lo scorso inverno, dalla spending review di Bondi e dalla legge di stabilità del 2013 che ha creato un definanziamento della sanità pubblica che la Corte dei Conti quantifica in 31 miliardi dal 2010 al 2014.
L’ultima riforma sanitaria, il decreto Balduzzi, non ha fatto altro che “distrarre” dal vero problema: la mancanza di fondi e una razionalizzazione delle risorse necessaria; ha fatto marcia indietro su Dirigenza sanitaria e governo clinico, lasciando praticamente tutto come prima sulle nomine dei direttori generali e dei primari, intramoenia e infrastrutture di rete.
Ciò di cui si è parlato della riforma riguarda i nuovi “servizi” introdotti, come quello dell’ambulatorio medico con assistenza 24h, proposte che nel momento stesso in cui sono state concepite si sapeva già non poter realizzare. La Toscana per sostenere 40 strutture di quel tipo (che tra l’altro non coprono nemmeno tutto il territorio) investe 16 milioni di euro all’anno. Com’è possibile una riforma sanitaria a costo zero?
Le condizioni di chi lavora nella sanità sono sempre più difficili: non solo sono stati bloccati contratti e convenzioni per 5 anni (determinando una perdita di potere d’acquisto del 25%) ma in più, dopo la drastica riduzione di personale sono aumentate le milioni di ore di lavoro non retribuito, i ritmi e carichi di lavoro mettendo a rischio la sicurezza delle cure. Il blocco delle assunzioni sta privando di futuro un’intera generazione e incentiva l’abuso di contratti atipici che vengono trasformati in sacche di precariato.
Con questo ulteriore taglio di 20.000 posti letto si arriva a una diminuzione complessiva di 50.000 posti letto dal 2006, arrivando così tra gli ultimi in Europa. Insomma quelli che si oppongono allo stato sociale non vogliono sprecare una buona crisi. E così si è avviato un processo che porta al taglio di tutto quello che costa, compresi i diritti dei cittadini e del lavoro. L’abbandono delle fasce sociali deboli fa del sistema sanitario il più grande ammortizzatore sociale esistente. Inoltre il conflitto istituzionale tra Stato e Regioni rende palese le ambiguità della legislazione attuale e il fallimento di un federalismo che aumenta le diseguaglianze, privando larghe fasce di popolazione dei LEA, declina un diritto che è uno e indivisibile in 20 modi diversi.
Oggi solo 8 Regioni sono in grado di garantire i LEA (Livelli essenziali di assistenza sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), ma già dal prossimo anno tutte le regioni entreranno in un piano di rientro da cui tenteranno di uscire, come l’esperienza dimostra, con più tasse, più ticket, più tagli. Tanto vale affidare il Ministero della Salute al Ministro dell’Economia!
La vicenda San Raffaele, a proposito di gestione regionale dei servizi, è abbastanza esemplificativa.
Dopo la richiesta di fallimento da parte della procura lombarda della Fondazione, lo scorso settembre, per un buco da oltre un miliardo in campo erano scesi lo Ior e la famiglia Malacalza, ma la loro offerta era stata superata dall’imprenditore della sanità Rotelli. Si diceva fossero stati salvati così oltre tremila posti di lavoro e un polo d’eccellenza della ricerca. Peccato che un buco da 25 milioni di euro è rimasto e il nuovo imprenditore da dove ha pensato bene di recuperarli? Dal taglio del personale. Il 31 ottobre è infatti arrivata la notizia che l’ospedale San Raffaele ha avviato la procedura di licenziamento per 244 lavoratori. Lo stesso assessore regionale alla Sanità Luciano Bresciani aveva “avvertito” che con i tagli poteva essere a rischio lo stesso accreditamento di quello che è considerato un polo dell’eccellenza sanitaria italiana. Ma l’azienda ha puntato il dito contro i sindacati dicendo che il licenziamento “è la inevitabile conseguenza del reiterato rifiuto, da parte dei sindacati, di prendere in considerazione la proposta del tutto alternativa ai licenziamenti formulata dalla direzione dell’ospedale che avrebbe evitato i licenziamenti.” Certo, come la Chrysler-Fiat insegna, rinunciando ai diritti basilari del lavoro anche Marchionne è riuscito a non licenziare nessuno!
I lavoratori del San Raffaele dal 1 Novembre sono in presidio permanente davanti dall’ospedale per esprimere la loro assoluta contrarietà ai licenziamenti. Ciò che sostengono loro, come i lavoratori del pubblico, è che non sia garantibile un servizio adeguato con questa mancanza di personale. Il 13 Novembre c’è stato il secondo incontro tra i sindacati e i vertici dell’ospedale ma non è stato fatto nessun passo avanti concreto. Per questo continua tutt’ora la protesta in via Olgettina.
Le cure inadeguate, le condizioni pietose in cui versano i pronti soccorso andranno solo peggiorando in futuro. Ciò che ha fatto scandalo in questi anni sui giornali; le scrivanie improvvisate a lettighe e le barelle trasformate in letti di degenza non sono altro che il risultato della mancanza delle risorse elementari, indispensabili per garantire “il diritto alla cura e il diritto a curare”. E proprio con questo slogan i lavoratori della sanità da tutta Italia in migliaia hanno manifestato il 27 Ottobre a Roma.
Cit da ANAAO ASSOMED
Notizie da Ilfattoquotidiano.it
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