La Narrazione mancante: Una riflessione su immaginari e cultura dentro e fuori al movimento

imagesVa bene l’ammetto dovevo scrivere prima e rispondere alle critiche uscite dopo l’articolo sulla morte di Lou Reed.

Inizio con una precisione non ho mai scritto che non esiste musica di qualità, ho scritto che manca una narrazione dei nostri tempi fatta da artisti “giovani” diciamo cioè esplosi dopo il 2000.

La musica pop, ed in generale quella da classifica, esce dai reality oppure è fatta da artisti storici.

Sicuramente c’è una scelta a monte, ovvero l’industria culturale e musicale se può preferisce contenuti sterili e leggeri (basti pensare alla chiave di lettura di Luci a San Siro di Vecchioni che è una denuncia forte alla discografia) dall’altra parte l’assenza di istanze sociali forti capaci di essere rappresentative amplifica il problema. Cosa voglio dire?

Voglio dire due cose almeno.

La prima è che se un certo tipo di cultura e contenuti avesse mercato l’industria musicale gli darebbe spazio (come successo negli anni 90).

La seconda è che in assenza di un area culturale e di istanze sociali rappresentative è più facile che il mondo della musica prenda e modelli fenomeni musicali “forti” trasformandoli in qualcosa di facilmente vendibili. Ad oggi l’esempio più calzante di quello che dico è il mondo dell’hip hop. La differenza tra la fine degli anni ’90 e oggi sta in questo. Neffa, Frankie hi-nrg, Assalti Frontali, 99 Posse, Colle Der Fomento e tutti gli artisti che in quegli anni han firmato per major non solo condividevano (e condividono) una narrazione e un’idea comune di mondo, non solo avevano mercato perché quel tipo d’istanze erano fortemente rappresentative ma erano anche inseriti in un magma culturale che permetteva loro di essere se stessi e tutto ciò era rapporto di forza con l’industria discografica.
Il nuovo corso dell’hip hop dai Club Dogo a Fabri Fibra, passando per Ensi e Fedez , nasce nei o attorno ai centri sociali ma tutti questi artisti hanno velocemente abbandonato contenuti e immaginari per trasformarsi in perfetti soggetti del mercato tanto da esibirsi in discoteca ed essere buoni per tutti, anzi per tanti perchè spesso le immagini che trasmetto sono in netta opposizione con quello che può star dentro al “recinto culturale” della tradizioni della sinistra in senso molto ampio, soprattutto per i contenuti misogine e sessisti.

La questione non è da poco. Perché ne apre un’altra: la capacità dei movimenti sociali di creare immaginari, produrre contro cultura ed essere rappresentativi.

Le due questioni sono concatenate. L’una e causa dell’altra, e viceversa.

Senza dilungarmi ulteriormente bisogna ammettere che il mondo dei centri sociale ha smesso di avere una forza di produzione artistico/culturale capace da un lato di diventare maggioritaria così da imporsi all’industria discografica dall’altro di creare immaginari.

Se negli anni 90 ogni spazio aveva una Posse, oggi ogni spazio ha un sound system trash. E come la musica hip hop è stata imposta al di fuori dei confini del movimento anche le serate trash hanno esondato le mura dei centri sociali.

Certo c’è un abisso tra una Posse ed un sound trash. Non sta certo nella musica trash ne nella logica del sound system il problema di arretramento delle/nelle nostre spinte contro-culturali. Anzi la trash nasce da esigenze di rilassatezza e autoironia che spesso ci sono mancate, ma oggi rappresenta in pieno una mancanza collettiva. E’ infatti  vero che le serate trash nascono con con la volontà di riprodurre in maniera ironica musica e immagini che sono un misto tra il peggio pop e la tradizione televisiva tra Drive In, Non è La Rai e X Factor, perchè sono musica ed immagini con cui da piccoli siamo cresciuti, ribaltandone il significato, infatti la differenza la fa il contesto dove queste serate vengono svolte.

Ripeto il problema non è MAI il tipo di musica . Anzi oggi i sound system Trash di movimento sono tra le esperienze più vitali e attive nei percorsi di solidarietà e hanno la grande capacità di tenere in rete realtà ed esperienze molto diverse. Senza di loro si starebbe peggio! Ed è anche per questo che oggi queste serate sono le più gettonate tra i militanti ed i giri larghi.

Se però resta la tradizione culturale di aver “dato i natali” alle Posse, al reggae e/o al punk, resta anche la responsabilità culturale di aver lanciato un fenomeno come le trash night e di non essere riusciti a “proteggerlo” con un intervento più ampio di costruzione di contro-culturale.

Non possiamo non accorgerci come alcuni artisti contemporanei narrino il mondo della precarietà, della crisi e della resistenza ma non si può non notare come Ministri, Lo Stato Sociale, Caparezza e/o Le Luci Della Centrale Elettrica abbiano sì visioni e lessici “nostri” ma non nascono da nostre esperienze, non possiamo non vedere come abbiano in qualche maniera introiettato e vissuto il mito dei centri sociali ma ci suonino poco (molto spesso perché gli spazi occupati non si vivono come necessaria la ricerca della qualità e delle questioni tecniche).

Il mondo è cambiato, negli anni 90 erano pochi gli spazi che davano possibilità di suonare o mettere dischi. Oggi invece è pratica diffusa. Bisogna trovare un modo per essere avanti. Per spingere ed essere riconosciuti come spazi di creazione, inventiva e nuovo genio.

Penso sia arrivato il momento di iniziare una riflessione seria sulla produzione contro-culturale e sulla conseguente o condizione necessaria creazione d’immaginari dei nostri mondi perché il rischio di non avere poi uno ZeroCalcare, un Elio Germano, o i gruppi elencati prima è dietro l’angolo!

E senza immaginari e cultura è più difficile costruire ed aggregare.

Ho parlato tanto di musica perché è il mondo che conosco meglio, ma questa crisi penso riguardi tutto il mondo della cultura e della contro cultura.

Ho parlato tanto d’Italia ma credo sia un problema diffuso, come scrivevo appunto nell’articolo sulla morte di Lou Reed.

Sperando che queste righe servano ad aprire una discussione su queste pagine o anche su altre Buon Week End!

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4 risposte a “La Narrazione mancante: Una riflessione su immaginari e cultura dentro e fuori al movimento”

  1. […] i problemi che effettivamente esistono e spiegati in maniera semplice e diretta in questo articolo di Andrea […]

  2. simone ha detto:

    post amaro ma troppo vero
    Sembra un giudizio salomonico, ma come non dare ragione a quanto scritto, quando si dice che, a parte artisti storici, la musica da classifica esce dai reality?
    Oggi la tv è ancora il “pusher culturale” di riferimento, talmente tanto che, dopo il flop della serata Rai di Jovanotti, Lerner ipotizzò “forse che stiamo per rivivere un tempo di controcultura alternativa?”.
    Scambiava “alternativa” e “pop”…equivalenza che fanno tanti.

    Io scrissi ( http://goo.gl/immpXx ) che la controcultura alternativa non si vive/crea in tv e quindi chi la apprezza non inciderà sullo share di un qualunque programma Al massimo, in tv, puoi trovare la “controcultura pop”.

    Sono d’accordo anche sull’appello “Bisogna trovare un modo per essere avanti”. Aggiungo: senza pensare alla tv, come riferimento e come obiettivo finale a cui arrivare.

  3. […] tre esperienze personali, vissute nel giro di pochi giorni, mi aiutano a raccogliere la palla lanciata da Andrea Cegna , in una riflessione senza rete e senza scorciatoie su produzione culturale, spazi e circuiti più […]

  4. itr ha detto:

    http://internazionaletrashribelle.noblogs.org/post/1900/07/29/nacque/

    MANIFESTO DELL’ INTERNAZIONALE TRASH RIBELLE

    Sono passati 134 anni dacchè il fonografo pop privò il mondo dell’estemporaneità dell’esecuzione live ribelle sotto forma di concerto, e la barbarie commercialcapitalistaborghesepop si arrogò l’infame diritto di violare la sacralità dell’esperienza sociale empatica dell’ascolto della musica, tutta, resa schiava dalle catene dei solchi nel vinile.

    Anche allora la musica, da sempre nell’arena della lotta, fu aggredita con irrisione, menzogne, odio, e persecuzione dalle insulse melodie, ritmi e versi delle classi possidenti pop, che giustamente sentivano in essa il proprio nemico mortale.

    Nel corso di questi 134 anni il pop si imponeva violentemente nella cultura popolare riducendola a becera merce di mero consumo, il popolo subì quasi ignaro, inerme e incosciente la dittatura commerciale pop che ogni forma sonora asserviva ai suoi infimi scopi tirannici.

    La canaglia pop partoriva la sua mostruosa prole fatta di hitparade, discodancing, bimbomix e topten che anno dopo anno monopolizzavano ogni nota, ogni suono, ovunque nel mondo ormai coperto di fumanti macerie sociali e culturali.

    E dietro di lei giacevano i suoi produttori, discografici, autori e per giunta critici musicali, e altri ruffiani musici della borghesia pop.

    Oggigiorno quest’ impoverimento, non più solamente di genere socialmusicale, ma anche fisiologico e biologico, ci si pone di fronte in tutta la sua spaventosa realtà.

    Opprimono e coartano ancora le nuove generazioni piccole e deboli che sono in ritardo nel proprio sviluppo storico; dal truzzo e all’emo che non sono ancora capaci di vedere al di là di Lady Gaga, al piccolo gruppo punk che viene rovinato dai capitalisti pop che operano su vasta scala e che adulterano la musica underground, e al piccolo rapper americano derubato e truffato da MTV e dai membri del Congresso.

    Tuttavia la contraddizione pop con cui ci hanno marchiato fin dalla nascita rappresenta in atto la possibilità del cambiamento.

    Diventa così strumento di coscienza delle miserie sociali e musicali e quindi di lotta per la liberazione dell’individuo dalla barbarie pop corn.

    La coscienza si sta risvegliando nell’intero pianeta, e i ribellissimi in ogni dove esorcizzano ormai da tempo la tiranniade culturale sonora con sarcastici baccanali, dionisiaci party e ironici festini, ritrovando quell’ energia collettiva rituale che è il TRASH.

    Il trash non si ascolta nella propria dimora in solitudine e riflessione. Il trash è esperienza collettiva e collettivizzante che va vissuta in compagnia o sei un ladro o una spia pop.

    Sempre più umani ribelli stanno ritorcendo contro la borghesia le sue stesse note come arma sguainata e affilata pronta a trafiggere il corpo ormai esausto della produzione musicale commerciale. Non è infatti un caso che viviamo l’epoca del remake, e il sistema sembra non essere più in grado di far risorgere Michael Jackson, il Re è morto, evviva il Re.

    Noi facciamo appello ai selecters, ai djs, ai ballerini ballerecci, ai divertentisti incalliti, ai musicanti ribelli, al variopinto mondo degli scaricatori di mp3, di tutti i paesi perché si uniscano sotto la bandiera dell’INTERNAZIONALE TRASH RIBELLE sotto cui sono già state ottenute le prime grandi vittorie.

    Trash ribelli di tutti i paesi! Nella battaglia contro la ferocia pop, contro la monarchia dei diritti d’autore, contro il divertimento massificato a pagamento imposto dalle classi privilegiate, contro lo star system borghese e la proprietà intellettuale capitalista, contro tutti i generi e le forme di oppressione musicale e del suo sporco business: Unitevi!

    Sotto la bandiera dei pirati accompagnate le note con un ballo, un fischio, una voce, una scoreggia o un liberatorio rutto, per riconquistare il maltolto e seppellire le loro morenti spoglie con una sonora risata.

    Sotto la bandiera della lotta rivoluzionaria per l’ironia sonica,

    Sotto la bandiera dell’INTERNAZIONALE TRASH RIBELLE – UNITEVI!

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