Divieto d’ingresso nel lager Corelli. Le risposte di Antigone Lombardia e Chiara Cremonesi

Al CIE di via Corelli è ancora vietato entrare. Dopo la circolare dell’Aprile scorso (prot. n. 1305 del 01.04.2011), che con la scusa dell’”emergenza sbarchi” vietava l’ingresso ai giornalisti nei CIE e nei CARA, continua anche a Milano la censura e la mancanza di trasparenza su ciò che avviene dentro i centri, sempre più simili a veri e propri lager di Stato.

Così ha infatti risposto la Prefettura di Milano alla richiesta d’ingresso di una giornalista dell’agenzia Redattore Sociale: “ Se ne prende atto con l’intento di darvi favorevole riscontro. Tuttavia a seguito di disordini avvenuti di recente, la struttura presenta alcune parti inagibili, che hanno reso necessario l’avvio di lavori di sistemazione per i danni causati nella circostanza. Il Ministero dell’Interno, interessato al riguardo da questa Prefettura, ha perciò espresso parere che, per prevenire il ripetersi di nuovi episodi, per il momento non possa essere consentito l’ingresso nella struttura ad estranei. Si fa pertanto riserva di autorizzare l’accesso al Centro non appena saranno completati i lavori di manutenzione.”

Ancora una volta le “circostanze straordinarie” diventano la giustificazione perfetta, lo stato d’eccezione che permette di sospendere lo stato di diritto. I CIE sono infatti la più brutale soluzione alle assurde contraddizioni prodotte dalla Bossi-Fini, una legge che fabbrica clandestinità per poter ricorrere alla repressione e al controllo dei corpi.

Pubblichiamo di seguito il comunicato dell’Associazione Antigone Lombardia e la dichiarazione di Chiara Cremonesi sull’accaduto.

COMUNICATO STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE ANTIGONE LOMBARDIA
Milano, 14/03/2012

Abbiamo appena appreso dall’agenzia di stampa “Redattore Sociale” il diniego da parte della Prefettura all’ingresso di una loro giornalista all’interno del CIE di Milano – via Corelli, motivato da presunti lavori di ristrutturazione in corso conseguenti a recenti episodi di rivolta, e al fatto che “per prevenire il ripetersi di nuovi episodi, per il momento non possa essere consentito l’ingresso nella struttura ad estranei”.

Riteniamo di particolare gravità che la Prefettura di Milano dichiari, nero su bianco, che non è attualmente in grado di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza all’interno di una porzione del territorio della città e che il mero ingresso di estranei possa essere fonte di episodi di rivolta da parte delle persone trattenute all’interno della struttura.

Ricordiamo che i CIE non sono carceri e che il trattenimento di una persona nel CIE è motivato esclusivamente dalla violazione della normativa sull’immigrazione, non da accuse di aver commesso reati penali; l’unica limitazione nella libertà personale delle persone ristrette nel CIE dovrebbe consistere nell’impedimento ad allontanarsi in attesa della prevista espulsione dal territorio nazionale.

Chiediamo Ministero degli Interni e alla Prefettura di Milano di fornire immediatamente e pubblicamente una spiegazione di questa situazione.

Chiediamo inoltre alle autorità cittadine e in particolare al Sindaco di Milano, all’assessore alla Sicurezza e coesione sociale, all’assessore alle Politiche sociali, al Presidente e ai membri della commissione Sicurezza e coesione sociale del Consiglio comunale di intervenire immediatamente per verificare quali siano le effettive condizioni di trattenimento nella struttura di via Corelli e per far sì che vengano immediatamente ripristinate le condizioni ordinarie di sicurezza all’interno del CIE nel pieno rispetto dei diritti e delle garanzie delle persone trattenute.

 

VIA CORELLI: GRAVE IL DIVIETO DI ACCESSO AI GIORNALISTI, CIE LUOGO DI DIRITTI NEGATI

Dichiarazione di Chiara Cremonesi, capogruppo regionale Sinistra Ecologia Libertà

“A differenza di quanto annunciato dalla ministro Cancellieri, la notizia diffusa da Redattore sociale sull’accesso al Cie di via Corelli negato dalla Prefettura a una giornalista che ne aveva fatto richiesta dimostra come il Centro di identificazione  ed espulsione si mantenga un luogo per nulla trasparente, sottratto più di un carcere a visite di esterni.

Lì dentro i diritti non contano e persone che non hanno commesso reati sono trattenute in condizioni inaccettabili e lesive della dignità umana.

Per questo risultano ancor più gravi le motivazioni al rifiuto espresse dalla Prefettura.

A provocare rivolte sono le drammatiche condizioni in cui i migranti rinchiusi si trovano costretti a vivere, non l’ingresso di chi ha il diritto e il dovere di documentarle.

Ci appelliamo dunque a tutte le forze democratiche per rilanciare una grande mobilitazione sulla vicenda, chiedendo la chiusura di questi centri inaccettabili per un Paese che voglia definirsi civile”.

Milano, 14 marzo 2012

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