La grande farsa del rubinetto migrante

Immaginatevi l’Italia come una gigantesca centrale idroelettrica. C’è un bacino d’acqua, il cui livello viene tenuto sempre più o meno costante, e un complicato sistema di turbine, alternatori, trasformatori che producono energia elettrica in base alla domanda del mercato. Fin qui niente di strano.

Ora però immaginate che ogni singola gocciolina d’acqua sia una persona, un essere umano in carne ed ossa, e che ci sia un personaggio, un super-tecnico della centrale, che in base alla quantità di energia che ritiene di dover produrre, aziona o disattiva le dighe aumentando o diminuendo il flusso di gocce umane in ingresso.

Ecco, l’altro ieri il super tecnico ha deciso di aprire i rubinetti. Il Governo ha varato il nuovo decreto flussi 2012 per migranti stagionali. 35.000 goccioline potranno entrare nella macchina-centrale e farsi spremere dagli ingranaggi col beneplacito della Legge.

Ma secondo voi, se ho una centrale e una riserva d’acqua, quando apro le dighe chi entra per primo? L’acqua che si trova in diretta prossimità della chiusa, o l’acqua alla fonte del fiume, magari a centinaia di chilometri di distanza? La logica risponde da sé. Dunque se due più due fa quattro, la normativa è del tutto illogica. Già, perché il decreto flussi prevede che vengano stabilite delle quote d’ingresso in Italia, quantificate in base ad astrusi ed arbitrari calcoli, grazie alle quali un tot di cittadini extracomunitari che risiedono all’estero possono varcare regolarmente i nostri confini con apposita domanda di un datore di lavoro. La grande Regolarizzazione ad ondate.

Peccato che non serva andare oltre cortina per trovare cittadini senza permesso che avrebbero bisogno di un documento. Di migranti irregolari, che già lavorano in Italia – ovviamente in nero – ne troviamo a bizzeffe nei cantieri, agli angoli delle strade, nelle campagne. Tutti i giorni spingono sulle pareti della diga implorando di passare dall’altra parte per avere un contratto di lavoro regolare. Ma il decreto flussi ufficialmente non è per loro, che sono qui a valle, è per quelli che stanno a monte del fiume, alla fonte.

Beh, ho detto “ufficialmente”. Perché in realtà non è un problema: basta fare finta! Basta fare le domande per i clandestini già presenti sul territorio dichiarando che in realtà si trovano nei loro Paesi. Che male c’è?

E così ancora una volta ci troviamo davanti alla più grande farsa ereditata dalla Turco-Napolitano e riproposta dalla Bossi-Fini che altro non è che un’enorme autodichiarazione di illegittimità, da parte dei datori di lavoro, dei migranti, del sistema stesso. Il tutto perché si pensa che il fenomeno migratorio sia qualcosa di gestibile e controllabile, una risorsa idrica da dosare a piacimento: apro e chiudo i rubinetti, decido chi entra e chi resta fuori. E quando nelle tubature del sistema ci sono delle perdite costruisco dei grandi contenitori che chiamo CIE dove raccolgo le fuoriuscite prima di reindirizzarle nel grande mare dell’illegittimo, che non mi riguarda più.

Tutto fila, perché tutto è in funzione di una sola cosa, produrre energia. Grandi bobine per grandi serbatoi di corrente che muovono gli ingranaggi del progresso e del benessere. Poco importa che dietro ad ogni numero ci sia una vita, una storia, una persona. Bisogna andare avanti, bisogna che il fiume del profitto scorra indisturbato. Tutto il resto è acqua che stagna.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *