Omicidio di Aziz Amiri: presto nuovi elementi

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Bergamo – Gli elementi di indagine per far luce sulle reali dinamiche dell’omicidio di Aziz Amiri non sono sufficienti. E’ quanto emerge dalla richiesta del consulente balistico nominato dal GIP Bianca Maria Bianchi nel corso dell’udienza che si è tenuta questa mattina al Tribunale di Bergamo. Non si ferma la fase di indagine sul caso di Aziz Amiri, il diciottenne marocchino ucciso dal proiettile esploso da un carabiniere la sera del 6 febbraio 2010 a Mornico al Serio.

L’udienza per l’incidente probatorio durante il quale si sarebbe dovuto discutere l’esito della perizia balistica non è arrivata a conclusioni definitive. Su richiesta del consulente tecnico Domenico Compagnini sono stati disposti ulteriori accertamenti. Per poter arrivare a conclusioni certe il consulente del GIP ha richiesto i rilievi antropometrici del carabiniere che ha ucciso Aziz Amiri.
Tutto rimandato a martedì 12 giugno alle ore 13, dunque, per la valutazione dell’incidente probatorio con gli ulteriori dati che aiuteranno a ricostruire il quadro completo della scena. Gli esiti degli approfondimenti balistici dovranno infatti essere confrontati con le dichiarazioni dei testimoni della dinamica degli eventi e del carabiniere indagato per verificarne coerenza ed attendibilità. Sull’esito dell’udienza di oggi il Procuratore della famiglia Amiri, Paolo Bulleri, esprime un cauto ottimismo. Era stata proprio la famiglia a richiedere di non chiudere le indagini come richiesto dal PM Maria Mocciaro, che riteneva non sussistesse alcun ipotesi di reato. Oggi invece, dopo una prima proroga delle indagini disposta dal GIP, gli inquirenti sembrano in cerca di nuovi elementi che possano fare chiarezza su una vicenda che rischiava di essere archiviata con troppa leggerezza.

La storia di Aziz non aveva suscitato molto scalpore sulla stampa locale, ma fu riportata alla luce grazie al rapporto annuale del Dipartimento di Stato americano sui diritti umani di Hillary Clinton. La sera del 6 febbraio di due anni fa Aziz Amiri si trovava a bordo di una Peugeot 206 con un connazionale che doveva incontrare un cliente per una vendita di cocaina. Il cliente in questione, però, era un informatore dei carabinieri. I carabinieri sostengono di essersi presentati all’appuntamento per effettuare un’operazione antidroga. I racconti sulla dinamica successiva sono però estremamente confusi. Il carabiniere che ha ucciso Aziz sostiene che il colpo mortale sia partito accidentalmente dalla sua arma dopo che un brusco movimento della Peugeot 206 l’aveva fatto cadere a terra. I rilevi balistici dei RIS di Parma hanno però dimostrato che il colpo mortale fu esploso dall’interno dell’abitacolo e non dall’esterno dell’auto. Almeno un residente della via dove è avvenuta la sparatoria ha inoltre dichiarato il giorno dopo ai giornalisti di Studio Aperto di aver sentito distintamente tre colpi di pistola. A questo si aggiunge il fatto che dall’arma del carabiniere mancavano, al momento del sequestro, tre proiettili. Ma non essendo l’arma di ordinanza non è dato sapere quanti ne contenesse prima della colluttazione. Aziz muore quasi sul colpo, trapassato da un proiettile che lo colpisce mentre lui, disarmato, è seduto sul lato passeggeri dell’auto. Il conducente dell’auto, invece, nonostante la presenta di due militari armati, riesce ad uscire dalla Peugeot e a fuggire a piedi, volatilizzandosi misteriosamente.
Anche le successive indagini sono abbastanza confuse. I carabinieri presenti sulla scena vengono interrogati in caserma alcune ore dopo gli avvenimenti. Mancano dettagli importanti per chiarire la dinamica dello sparo. Tra gli oggetti posti sotto sequestro non vi sono gli abiti civili indossati dal carabiniere quella sera. Non è stato quindi eseguito l’esame del tampone sulle maniche del giubbotto del militare. Dunque è difficile stabilire con chiarezza con quale mano il militare impugnava la pistola quando ha sparato. Inoltre la Peugeot 206, inizialmente portata in un deposito, fu spostata il giorno seguente proprio all’interno della caserma presso cui i due carabinieri prestavano servizio.

La Pm che allora si occupava del caso, la dottoressa Maria Mocciaro, sostenne che le indagini furono puntuali e corrette.
Gli approfondimenti disposti oggi sembrano affermare che quanto meno non furono complete.

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