Bangladesh, quando la tragedia si chiama delocalizzazione
Sono almeno 381 le vittime del crollo del palazzo a Dacca, capitale del Bangladesh.
Questo numero non dà che una vaga idea della tragedia in termini di perdite umane, composta da un altissimo numero di feriti e dall’ignoto numero delle persone che non saranno mai ritrovate.
Le autorità bengalesi hanno infatti deciso di sospendere le operazioni di soccorso e passare alla rimozione delle macerie: a conferma del fatto che, purtroppo, dopo 3 giorni sia molto difficile, se non impossibile, estrarre ancora qualcuno in vita.
Molte delle vittime erano impiegati,a bassissimo costo, nella produzione di manufatti tessili, destinati al mercato internazionale mondale. Moltissimi marchi che vengono commercializzati in tutto il mondo (Europa in primis) producono, da anni, in Cina e in Bangladesh, per il basso costo della manodopera e la disponibilità di materiali locali.
Di oggi la notizia dell’arresto del proprietario dello stabile crollato, privo di qualsiasi standard di sicurezza e stipato di gente: purtroppo non ci è dato sapere quali fossero gli “appaltatori” degli spazi (si parla di Mango, Primark, Yes-zee, Gap e altre). Benetton si è affrettata a smentire il loro coinvolgimento nella vicenda, a poche ore dal crollo, ma non possiamo sapere la verità vista le difficoltà di risalire ai nomi delle aziende e a eventuali intermediari nella filiera della produzione.
Intanto, migliaia di operai sono scesi in piazza chiedendo un intervento esemplare contro i responsabili di questa tragedia, reclamando condizioni di lavoro più sicure. I proprietari delle oltre 4.500 fabbriche tessili del paese avevano concesso due giorni di ferie nel weekend ai propri dipendenti per cercare di evitare proteste e far calmare le acque. Ma nella zona industriale di Ashulia, alle porte della capitale, gli operai hanno dato vita questa mattina a una marcia di protesta. Secondo la televisione locale, Private Independent, sono oltre 15mila i manifestanti in strada, che hanno dato fuoco ad alcuni veicoli, incluso un’ambulanza. La polizia ha risposto con proiettili di gomma e gas lacrimogeni, per tentare di disperdere la marcia di protesta.
L’emittente BBC ha intanto effettuato un servizio nel quale, nelle vie centrali di Londra dello shopping, ha chiesto a un campione di consumatori della grandi marche dei vestiti che delocalizzano se conoscessero la provenienza dei prodotti acquistati. Qui potete vedere il risultato, che conferma il fatto che la filiera della produzione e l’alto costo in vite umane sia quasi sempre sconosciuto ai consumatori delle grandi multinazionali.
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