[DallaRete] Elogio dell’indignazione
Sto male. Sono livido di odio e di disprezzo. Non “io” sto, male, ma detto nel modo più anonimo, vorrei dar voce a un sentimento impersonale, magari di minoranza, ma che me ne frega. Ho tutte le ragioni di star male. Abbiamo, anzi, tutte le ragioni. Anche se è una passione triste, come si fa a non odiare. A non odiare quelli che “sto con Stacchio” (eccetto Stacchio medesimo, che se ne è coraggiosamente dissociato), quelli che “vengono a rubarci il lavoro”, quelli che “aiutiamoli a casa loro”, quelli che “vedi che spalle larghe hanno, facessero le guerre in Africa e in Siria”.
Ci saranno tutte le spieghe sociologiche per interpretare la guerra fra poveri e il white trash, ma sono lo stesso degni di odio. Non tutte le idiozie sono giustificabili, da una certa età in poi i cretini devono farsi carico di quanto lo sono. Anche se è una passione triste, come si fa a non disprezzare. A non disprezzare le persone più “avvedute” che, per carità, loro non vogliono respingere a mare i migranti e soffrono, anime belle, a vederli rinchiusi nei Cie come bestiame, tuttavia discutono animatamente sui giornali e sul web, in parlamento e al caffè Commercio, se è meglio affondare i barconi (vuoti, per carità, o almeno speriamo che lo siano) o bloccare i porti di imbarco, quali pene irrogare agli scafisti e come riconciliare i due governi libici o quali ribelli siriani foraggiare o se selezionare i profughi per religione. Si è perfino rifatto sentire Bertolaso. Bertolaso!
Beninteso, ognuno scaricando le responsabilità di eventuali azioni militari sugli altri: tocca ad Alfano, no ai militari, alla Ue, all’Onu, alla Nato, a Obama, al governo di Tripoli o q quello di Tobruk. E chi è stato così stronzo da rovesciare il bravo Gheddafi? Io? No, tu, ecc. ecc. Idiozia, nausea. Come se i profughi fuggissero perché ci sono gli scafisti e i barconi e non perché sono incalzati dalla fame e dalle guerre. Come se le cause delle migrazioni fossero i mezzi di trasporto e i voraci traghettatori – le start-up del Canale di Sicilia. Come se gente alla disperazione si facesse spaventare dai motoscafi della guardia costiera in mare, dai droni nel cielo e dalle ronde padane una volta arrivati.
Si può essere più ciechi o in malafede? Forse quegli astuti strateghi da lunedì sport sono meglio dei leghisti con le corna o di Joe Formaggio col fucile sotto il letto? Alfano e Renzi con le camicie bianche valgono più di Salvini con la felpa? Si chiacchiera di affondamento barconi (con i droni, di malfamata precisione), blocco dei porti, sbarchi in Libia, controllo dei suoi confini meridionali, si votano decaloghi europei in materia, si sproloquia sull’innocenza delle famiglie ospitate nelle stive dei mezzi affondati (Renzi ha riportato forse lo score più atroce), si tratta con governi-fantasma libici pronti a negoziare soprattutto quanto è in possesso dei loro rivali, si rifinanzia il fallimentare Triton, senza che nessuno abbia il coraggio di additare le cause delle migrazioni e tanto meno di offrirsi di accoglierne le vittime. Sembra che l’unico problema sia se lasciarle morire in mezzo al mare, sulla costa africana, nei deserti interni o a casa loro nel Sahel, in Eritrea, in Somalia, in Siria. Lo chiamano “governare il fenomeno”. Fra velleità marziali, promesse vaghe e rifiuti precisi questo è stato anche il “grande risultato” del vertice UE, che Renzi vanta quasi come la due giorni con Obama, In entrambi i casi le brutte notizie sono rinviate a dopo.
Naturalmente questo affannarsi intorno all’emergenza spinge sotto il tappeto la condizione dei migranti già insediati in Europa e in Italia, se non per le furie della legislazione antiterrorismo. L’allarme Isis serve solo a nascondere la tragedia dei naufragi e a insinuare che i profughi sono sospetti criminali. Zingari in armi. Assurdo, ma intanto quale forza politica si azzarda a misurarsi con la situazione dei richiedenti asilo, con la gestione dei permessi di soggiorno o addirittura con la concessione della cittadinanza secondo lo jus soli? Il solo continuare a parlare di “clandestini” è oggi oggettivamente incitamento e apologia di strage.
Mi correggo. L’odio, la collera, lo schifo di cui parlavo all’inizio in forma non individuale, dobbiamo chiamarli con un nome più preciso e collettivo: indignazione. L’indignazione, ricordiamo Spinoza, è una passione costituente, che trasfigura collettivamente il de-potenziamento dell’odio e ne fa un’arma per combattere le ingiustizie del potere. Non dei capri espiatori scafisti e terroristi (un modo per rigettare la colpa su una parte dei migranti: vedi che non sono “famiglie innocenti”), ma dei governi che chiudono gli occhi, dei populisti selvaggi che sciacallano sui morti, dei populisti ipocriti alla Grillo e Alfano, degli strateghi neo-coloniali che vogliono spartirsi il petrolio della Libia e della Nigeria. E della governance europea che – nell’impossibilità di arginare i flussi esistenti – non trova di meglio che incaricare Frontex di rimpatriare, appunto, i “clandestini”. Un tempo lo avrebbero fatto con gli evasi da Auschwitz o con i superstiti armeni.
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