Reportage da Ventimiglia: intervista a Delia, la barista solidale
Continua il reportage da Ventimiglia che vi accompagnerà per tutto Agosto. Andremo a raccontarvi le parole dei solidali che operano sul confine italo-francese, che nonostante una continua e feroce repressione nei loro confronti, continuano ad agire per garantire ai migranti in transito la possibilità di avere un pasto caldo, nuovi vestiti e assistenza legale con la speranza che prima o poi il confine possa riaprire. Questa volta, per tutti e tutte.
In questa quinta puntata vi riportiamo l’intervista fatta a Delia, la barista solidale che per aiutare e accogliere i migranti si è ritrovata sola contro i suoi concittadini e può contare solo sull’aiuto e il sostegno dei solidali presenti sul territorio di Ventimiglia. Ci racconterà come ha messo a disposizione la sua attività e delle difficoltà che ha dovuto affrontare per questa sua decisione.
- Da quanto tempo hai messo il tuo bar a disposizione dei migranti? Dal 2015.
- Com’è nata? Non ho mai sbattuto fuori nessuno, durante una festa in paese, c’erano tante donne con i bambini fuori dal mio locale. Sentivo i bambini piangere e questa cosa mi faceva male al cuore, allora le ho invitate ad entrare e usufruire dei servizi che volevano senza l’obbligo della consumazione. Vedevo che avevano fame, in cucina ho sempre una scorta di pastina per quando mi vengono a trovare i miei nipoti, e gli ho fatto da mangiare. Faccio piatti abbondanti così possono dividerseli. Da li è iniziato il passaparola tra di loro e il mio locale si è riempito, ma da quando sono entrati gli immigrati i miei clienti non sono più venuti.
- Che rapporto hai con i tuoi concittadini? Non mi possono vedere, come dicevo da quando sono entrati gli immigrati non sono più venuti nel mio locale e i pochi che passavano mi chiedevano il caffè nel bicchiere di plastica. Io mentalmente li ho blindati tutti, mi sono data a loro – indica i migranti- ma con il cuore, non con il commercio.
- A livello economico il tuo locale ne ha risentito? Ho dovuto rivoluzionare il locale vendendo cose che potessero mangiare anche loro a prezzi bassi e caricavo i telefoni gratis. Gli affari sono calati, infatti ho dovuto chiudere per tre giorni perché non avevo i soldi per pagare la luce, da li ho capito che un po’ avrei dovuto farmi pagare o non ce l’avrei fatta, ora pagano 1€ con la consumazione.
- Hai mai avuto a che fare con le autorità? Per i primi 7 mesi avevo i furgoni blindati fuori dal locale, entravano, controllavano i documenti e portavano via chi era senza. Mi hanno mandato l’ASL e non hanno trovato niente, dopo 6 mesi mi hanno mandato i NAS e ho preso una multa di 2.000€ perché avevo 2 mozzarelle sul ripieno del frigo sbagliato, e una birra – che non vendo nemmeno più – in fondo al frigo. Io ho più paura delle istituzioni che di loro.
- Che rapporto hai con loro? Con chi è qui da più tempo si è creato un bellissimo rapporto, ci aiutiamo a vicenda; loro mi aiutano con il locale, io gli do le informazioni che gli servono, li aiuto a comprendere i documenti a trovare casa ecc… Si è creato un rapporto barista-cliente, quando loro vedono i nuovi ragazzi senza vestiti o scarpe li portano da me e gli do quello che gli serve.
- Secondo te perché la maggior parte dei tuoi concittadini non è solidale ? Inizialmente mi incazzavo, ma c’è da dire che non hanno tutti i torti. Chi abita qui, la mattina apre la finestra e vede un tappeto umano o gente che urina è logico che si incazzano, poi se ci ragioni capisci che non è colpa loro. È colpa delle istituzioni che dovrebbero mettere i bagni chimici a loro disposizione, vicino a dove dormono, non in stazione, aumentare i numeri dei bidoni dell’immondizia ecc… Non hanno saputo agevolare né i cittadini né loro. I cittadini oggi si lamentano perché abbiamo una classe politica che ci ha rovinato. L’immigrazione non è nata adesso, ma prima nessuno si lamentava perché l’italiano ai tempi stava bene con un lavoro, una casa e i soldi da spendere, adesso noi stiamo male e la mala informazione televisiva aumenta il mal contento.
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