155 versione dura, l’autonomia catalana è sotto sequestro
Rajoy va alla guerra. Destituito il governo in carica, Parlamento esautorato ed elezioni entro sei mesi. Il testo del consiglio dei ministri spagnolo ora passa al senato per il voto. Gli indipendentisti gridano al «colpo di stato». In migliaia alla manifestazione per i «due Jordi». C’è anche Puigdemont: «È il peggior attacco alla democrazia dai tempi di Franco». Convocato il parlamento.
Altro che intervento «chirurgico». Il Consiglio dei ministri straordinario di ieri mattina ha proposto di fatto la sospensione dell’autonomia catalana, che va molto più in là di quanto consentito dall’articolo 155 della Costituzione. Azzeramento di tutto il governo catalano, delle funzioni del parlamento, controllo della polizia e di tutta l’amministrazione, dei mezzi di comunicazione pubblici e assunzione da parte di Mariano Rajoy del potere di sciogliere il Parlament che lo Statuto attribuisce al presidente della Generalitat. Elezioni in Catalogna entro sei mesi. Una batteria di misure durissime in vigore fino alla costituzione di un nuovo parlamento. Il tutto con l’appoggio di Psoe e Ciudadanos.
ALLA CONFERENZA STAMPA di Mariano Rajoy ha risposto con durezza ieri sera Carles Puigdemont: «Il governo ha intrapreso il peggior attacco alle istituzioni e al popolo catalano dai decreti del dittatore militare Francisco Franco che abolivano la Generalitat de Catalunya». E ha aggiunto che «non è la prima volta che, assieme al re, le istituzioni catalane ricevono dallo stato spagnolo un colpo che tende a ridimensionarle, riorientarle o direttamente sopprimerle». Ricordando con orgoglio che la Generalitat esisteva da molto prima della Costituzione del 1978: «Le istituzioni catalane e il popolo catalano non possono accettare questo attacco, incompatibile con una attitudine democratica e fuori dallo stato di diritto». E poi l’annuncio: chiederà al Parlament di fissare una sessione per «decidere sul tentativo di liquidare il nostro autogoverno e la nostra democrazia» e per «agire in conseguenza». Dopo un appello ai «democratici spagnoli» (in spagnolo) ricordando che quello di Rajoy è un attacco alla democrazia non solo in Catalogna, si è rivolto (in inglese) ai cittadini europei ricordando che «se i valori fondamentali europei sono a rischio in Catalogna, lo sono in tutta Europa».
PER I PARTITI INDIPENDENTISTI è un «colpo di stato contro le istituzioni catalane», e anche i Comuni parlano di «offensiva autoritaria». La sindaca di Barcellona Ada Colau ha riassunto: «È stato sospeso l’autogoverno catalano per il quale lottò tanta gente».
Anche la presidente del Parlament catalano Carme Forcadell ieri in serata è intervenuta per una dichiarazione solenne: «Non permetteremo che il parlamento smetta di essere democratico» ha detto. «Oggi abbiamo assistito a un irresponsabile colpo di stato di fatto». E ha aggiunto: «Attaccando le istituzioni e i rappresentanti eletti, Rajoy sta attaccando i cittadini catalani». Concludendo: «Oggi ci impegniamo a difendere la sovranità del parlamento catalano, le sue attribuzioni e i suoi diritti».
Le misure del governo dovranno essere approvate definitivamente venerdì prossimo dal Senato, così è stato deciso ieri, in modo che venerdì pomeriggio il Consiglio dei ministri possa emettere i relativi decreti. Martedì si costituirà la commissione che dovrà esaminare i provvedimenti e fornire pareri, e a Puigdemont verranno date solo 24 ore per spiegare la sua posizione.
PER I SOCIALISTI CATALANI è stato un colpo duro. Il segretario Miquel Iceta si era riunito segretamente venerdì notte con Puigdemont per proporgli vie d’uscita. Ma le crepe nel partito catalano, fratello del Psoe, sono sempre più evidenti: la numero 2 di Iceta, Núria Parlón, si è dimessa dall’esecutivo federale di Pedro Sánchez, in polemica per l’appoggio al 155. In direzione opposta alcuni fra i presidenti autonomici socialisti, come Emiliano García Page (Castilla La Mancha) «orgoglioso della posizione del mio partito» o Guillermo Fernández Vara (Extremadura): gli indipendentisti hanno ricevuto «un bagno di realtà». L’unico presidente autonomico che ha mostrato la propria solidarietà verso la Generalitat è stato il basco Íñigo Urkullu, del Partito nazionalista basco: «La misura è estrema e sproporzionata» e «la Generalitat può contare sul nostro appoggio per trovare un futuro costruttivo», ha scritto in un tweet.
LA MANIFESTAZIONE convocata ieri pomeriggio dalla Tavola della democrazia, ha riunito mezzo milione di persone per chiedere la liberazione di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, presidenti delle associazioni indipendentiste in carcere da lunedì. Ma è stata anche l’occasione per protestare contro il 155. Vi ha partecipato tutto il governo catalano, e anche la sindaca di Barcellona, fra gli altri. L’ex presidente catalano Artur Mas ha detto che è «illegale e immorale» applicare l’articolo 155: «Quando abbiamo voluto votare ci hanno risposto con manganelli e violenza, e quando abbiamo voluto dialogare ci hanno risposto sospendendo l’autonomia».
Indignazione anche fra i mezzi di comunicazione catalani, pubblici e privati, e comunicati in appoggio alla libertà di stampa. I lavoratori della radio pubblica Catalunya Ràdio sono arrivati a dire che non riconosceranno un eventuale direttore imposto da Madrid.
Intanto anche la Procura generale dello stato ha schierato le truppe e ha fatto sapere che sta preparando una denuncia per «ribellione» (con pene fino a 30 anni) per Carles Puigdemont se verrà dichiarata l’indipendenza, cosa che la Cup ha già annunciato che accadrà, prevedibilmente prima che entri in vigore il commissariamento del governo.
dal Manifesto
di Luca Tancredi Barone
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