Salvini, Toninelli e l’odio virale che ha investito il Paese

E’ Domenica e l’Aquarius dopo aver soccorso più di 600 persone a largo delle coste libiche imposta la rotta per rientrare in Italia. Durante il viaggio di ritorno però accade un imprevisto: al Ministero degli Interni c’è Matteo Salvini, che decide di chiudere i porti alle navi delle ONG impegnate in operazioni SAR. E così l’Aquarius si ritrova al centro di una contesa politica. Più che l’Aquarius, le 629 persone a bordo, tra cui 125 minori non accompagnati e 11 donne incinte. Inizia così il ping pong di responsabilità tra il Viminale e Malta. In tutto ciò l’Aquarius, con a bordo naufraghi che necessitano anche di cure urgenti, viene abbandonata in mezzo al mare in balia del nulla.

Il paradosso dei numeri

Secondo Luigi di Maio, intervistato a fine vertice con Conte e Salvini intorno all’una di notte, “L’Italia è stata lasciata sola dall’Unione Europea” e “Noi ne accogliamo migliaia al giorno mentre Malta si rifiuta di accoglierne poche centinaia”. Che Di Maio non fosse una cima in geografia è cosa nota a tutti. Che però si continui con il trend di parlare di migrazioni citando numeri a caso anche quando si ricoprono cariche istituzionali così importanti diventa sempre più inaccettabile, specie per chi ha venduto il “governo del cambiamento” come un team di giovani esperti. Sulla necessità di superare la convenzione di Dublino la nostra redazione si è già espressa più e più volte, la libertà di movimento deve essere anteposta alla logica delle relocation e degli esseri umani trattati come pacchi postali. Detto questo, per come stanno ora le cose, occorrerebbe dare un ripassino a Di Maio, Salvini e Toninelli sui numeri reali di questa fantomatica invasione. Prima di tutto Malta è un paese che conta esattamente la metà degli abitanti dell’area metropolitana di Monza-Brianza e che accoglie 18,3 richiedenti asilo su ogni 1.000 abitanti. Questo significa che Malta accoglie in proporzione circa 6 volte più volte dell’Italia. Che con un numero che si aggira attorno ai 3 richiedenti asilo su 1.000 abitanti rimane uno dei paesi europei che accoglie meno in assoluto. Questo perché? Come sottolineato molte altre volte dalla nostra redazione i principali protagonisti della cosiddetta “crisi migratoria” degli ultimi anni non sono stati africani subsahariani provenienti dalle coste libiche ma soprattutto siriani, iracheni e afghani che si sono diretti in Nord Europa attraversando i Balcani. Da parte di questo flusso migratorio l’Italia non è stata praticamente investita. E il paradosso di quello che dicono Salvini e di Maio è che (tanto per rimanere nel tema: migranti = pacchi postali) se ci dovesse essere una rilocazione di richiedenti asilo per essere distribuiti in equa proporzione sul territorio europeo sarebbero paesi come la Svezia o la Germania a mandare richiedenti asilo in Italia e non viceversa. Non ci stancheremo mai di dire che l’esasperazione del dibattito pubblico e mediatico sulle migrazioni in Italia ha generato un mostro che si poggia su problematiche inesistenti. I numeri dei flussi migratori che hanno investito l’Italia dalle coste libiche sono così bassi che, come ci ricorda questa immagine dell’UNHCR, se tutti i richiedenti asilo si dovessero ritrovare nel circo massimo di Roma, non lo riempirebbero neanche per metà. I numeri quindi parlano chiaro, non si tratta di un problema di “gestione” dei flussi migratori. Il problema qui si chiama razzismo e intolleranza.

E’ nato prima l’uovo o la gallina?

Ciò che rattrista ancor di più di questa vicenda, è che per l’ennesima volta c’è chi è riuscito a superare in peggio le già gravi dichiarazioni del Ministro dell’Interno. Il riferimento va ovviamente all’esplosione di hate speech che si è scatenato sui social, prendendo questa volta di mira la pagina di SOS Meditaranee Italia. Viene quindi naturale porsi un problema. E’ Salvini che ha generato tutto questo odio, oppure Salvini è semplicemente l’espressione genuina di una fetta di popolazione italiana, che non tarda mai a manifestarsi nella sua espressione più bieca con frasi che lasciano rabbrividire anche gli stomaci più forti. Sicuramente esiste un rapporto di osmosi tra la base e i vertici di questo neonato populismo reazionario. Un circuito a feedback positivi che continua ad autoalimentarsi e ad espandere la propria bolla di influenza. Se però si può avanzare un’ipotesi sulla genesi di tutto ciò, oltre a un mai debellato razzismo reduce dell’era coloniale, le basi per rendere i migranti subsahariani il capro espiatorio perfetto per le destre di oggi sono state gettate quasi 20 anni fa. Quando con la Turco-Napolitano venivano di fatto creati i primi meccanismi di discriminazione strutturale, dando vita a quel soggetto mistico e pauperizzato che sono i migranti oggi nell’immaginario di una buona fetta di italiani. Generando un corpo sociale destinato ad essere sempre altro. Che quando va bene è invisibile, come nella piana di Gioa Tauro, quando va male diventa il mostro da sbattere in prima pagina, il nemico di cui liberarsi.

Come porsi quindi di fronte a un problema così strutturale?

Quello che vediamo oggi pare quindi essere solamente la punta dell’iceberg di meccanismi consolidati nell’arco di decadi. Anche per questo nonostante le sparate assurde, chi rappresenta oggi il razzismo in Italia può contare su basi solide. Ciò che ci manca è proprio questo: delle basi solide. La scorsa legislatura non ha di certo aiutato a invertire la rotta che sta prendendo ormai la società occidentale tutta. Non basterà di certo la caduta della testa di Salvini a debellare il problema. Ciò che tocca fare e riorganizzare una base di consenso che parta dai nostri contenuti e che sia in grado di superare quegli identitarsmi che spesso ci hanno impedito di crescere. Non sono pochi i percorsi o i momenti molto partecipati, che potrebbero configurarsi come embrioni di un movimento intersezionale in grado di unire le diverse anime e i diversi significati che le piazze sono state in grado di esprimere nell’ultimo anno.

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