Unicredit tenta di sfrattare Rimaflow. Ora la Prefettura riapra le trattative
Questa mattina un ufficiale giudiziario è venuto alla fabbrica recuperata e autogestita Rimaflow di Trezzano sul Naviglio per eseguire lo sfratto dei locali di proprietà di Unicredit, che ne chiede l’immediato sgombero. La destinataria del provvedimento è l’immobiliare Virum (che aveva in leasing l’immobile per affittarlo ai tempi della Maflow) che secondo Unicredit sta ancora utilizzando il luogo, mentre RiMaflow è soggetto terzo e non implicato direttamente. Alla presenza di lavoratrici e lavoratori e un nutrito gruppo di persone solidali, l’ufficiale giudiziario e’ potuto entrare nella fabbrica per verificare chi attualmente è presente nel sito e al termine ha verbalizzato le dichiarazioni delle parti (Rimaflow e Unicredit). L’ufficiale giudiziario – nonostante la pressione dei legali di Unicredit per dare esecuzione immediata al provvedimento di sfratto – ha rimandato la data dell’esecuzione al prossimo 28 novembre, dando il tempo per riprendere la trattativa e arrivare ad un accordo al tavolo della Prefettura.
In questo momento il nostro obiettivo non cambia ed è semplice: vogliamo la riconvocazione del tavolo in Prefettura, dove da 16 mesi sono attese le osservazioni da parte di Unicredit sul testo di un protocollo di intesa già sottoscritto sia da Rimaflow che dal Comune di Trezzano per poter “regolarizzare” la nostra presenza nella fabbrica recuperata. Regolarizzazione senza la quale la Cooperativa e i lavoratori sono costantemente a rischio di denunce per mancate autorizzazioni.
Chiediamo alla Prefettura di riprendere il suo impegno di facilitazione di un accordo che siamo i primi a volere – per dare una risposta positiva in particolare a lavoratrici e lavoratori coinvolti nelle attività di Rimaflow (stiamo parlando di 120 donne e uomini), che perderebbero ogni possibilità di ricostruzione di una propria vita lavorativa. E parliamo di persone con un’età media di 52/53 anni.
Vista la difficile situazione in seguito all’inchiesta verso Rimaflow e l’arresto del suo presidente Massimo Lettieri – che ha chiesto di essere interrogato dal PM per essere sentito e potersi difendere dalle accuse, interrogatorio che è fissato per i prossimi giorni – ci pare evidente che Unicredit voglia utilizzare fino in fondo l’inchiesta stessa per liberarsi di una “fastidiosa” presenza, obiettivo da tempo perseguito – per esempio facendo di tutto per non arrivare ad un accordo nel tavolo con la Prefettura ora congelato proprio per sue responsabilità.
Intanto noi continueremo a difendere la nostra presenza dentro i locali abbandonati dalla proprietà di un’azienda che ha lasciato a casa oltre 300 lavoratrici e lavoratori, approfittando anche di contributi e sovvenzioni dello stato italiano. E a rivendicarla come una retribuzione ancora troppo modesta per quello che lavoratrici e lavoratori hanno sofferto.
Oggi rappresenta per noi una nuova tappa del nostra campagna politica, che a questo punto si arricchisce di nuovi livelli di impegno, ma con lo stesso obiettivo: Rimaflow vivrà!
Lavoratrici e lavoratori Rimaflow
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