Milano: attivista transgender deportata in Perù

Si chiama Alessia, e chiunque sia passato all’ultima edizione del Pride non può essersi dimenticata di lei. Tra i vari ospiti che hanno parlato dal palco quello di Alessia è stato uno degli interventi più toccanti e ricco di contenuti. Alessia rappresentava lo spezzone “un corpo ai diritti”, animato da diverse realtà milanesi che hanno deciso in occasione del pride di mettere in luce sia le discriminazioni di genere, che il razzismo e le nefaste conseguenze che hanno portato più di vent’anni di leggi anti-immigrazione. Uno spezzone intersezionale, guidato alla testa dai cori dei migranti dello sportello Immigrazione e Omosessualità del CIG. Pochi giorni fa, tutto ciò che Un Corpo ai Diritti aveva denunciato, si è palesato colpendo proprio lei, Alessia, che nel giro di una mattina ha visto distrutta la sua intera vita a Milano.

Ripubblichiamo la nota scritta da Un Corpo ai Diritti rispetto a quanto accaduto:

“Tre volte discriminata perché sono donna, transgender e immigrata”

“Fino ad ora le istituzioni non si sono mai realmente impegnate per dare corpo ai diritti, lasciandoli marcire sulla carta”.

Solo qualche mese fa la nostra amica Alessia P. M. pronunciava queste frasi nel suo discorso dal palco del Pride di Milano a nome del nostro spezzone, Corpo ai Diritti.

Aveva partecipato attivamente all’organizzazione del corteo, con entusiasmo e grinta, e aveva voluto essere lei a prendere voce per tutte e tutti noi; temevamo fosse troppo esposta perché era senza permesso di soggiorno, ma davanti alla sua insistenza le precauzioni e le riserve si erano sciolte: e poi, quale luogo più sicuro e tutelato dalle istituzioni, simbolo della lotta per tutti i diritti civili contro ogni esclusione, del palco del Milano Pride?

Alessia ha dato corpo e voce alle rivendicazioni che da anni portiamo avanti: che le persone siano libere di fare progetti, di avere una vera possibilità, in questo come in altri paesi del mondo: la libertà di TRANSito che permette a ognuno e ognuna di noi di vivere, desiderare, agire su questa terra secondo le inclinazioni particolari che ci riconosciamo.

Qualche giorno fa la nostra voce è stata convocata presso il locale commissariato di polizia; aveva un ricorso già depositato contro il diniego di permesso di soggiorno e il foglio di via che aveva ricevuto, e così, sicura delle proprie ragioni, nel pomeriggio di giovedì 27 dicembre ci è andata, ma subito è stata trasportata in questura; ha fatto appena in tempo ad avvertirci con una brevissima telefonata, poi un lungo silenzio: sequestrato il cellulare, impediti i contatti con l’esterno.

Poi, alle sette del mattino del 28 dicembre, dopo una notte trascorsa in questura senza spiegazioni, le è stato detto che sarebbe stata condotta davanti ad un giudice poche ore dopo per l’esecuzione del rimpatrio; non le è stato concesso di contattare l’avvocata che seguiva la sua richiesta di permesso di soggiorno, che aveva tutti i documenti per dimostrare che l’espulsione era e continua a essere irragionevole; è stata deportata così, senza avere il tempo di salutare le tante persone che le sono state amiche in questi suoi anni italiani, sistemare la sua casa e i suoi affetti, scegliere che cosa portare con sé.

In volo fino a Roma, ammanettata, poi un altro volo verso Sao Paulo, poi Panama, un viaggio lunghissimo e doloroso. Da qualche ora Alessia è tornata in Perù: la violenza cieca del razzismo istituzionale si è abbattuta su di lei, su di noi, sulle decine di migliaia di persone che commosse avevano ascoltato le sue parole dal palco del Pride, dimostrando ancora una volta, caso mai ce ne fosse stato bisogno, quanto sia vuota una retorica che propaganda inclusività e buoni sentimenti senza affrontare le radici sociali, economiche e giuridiche della discriminazione e dell’ingiustizia.

Alessia è partita, ma continuerà a essere la nostra voce, a dare corpo ai diritti che le hanno negato. Noi ci investiremo della sua presenza, del coraggio e della fiesta che ci ha regalato.

Non avremo paura, non retrocederemo, non staremo buoni e non staremo buone, nemmeno un attimo in più.

E soprattutto non smetteremo di rivendicare sempre a gran voce e mai al ribasso un corpo ai diritti, diritti civili che senza diritti sociali non significano niente; diritti alla libertà di essere, di amare e di transitare chi, come e dove ci pare e piace; diritto alla dignità per tutte e tutti, alla possibilità di poter decidere sulle nostre vite, libere dal razzismo, dalla repressione, dall’omotransfobia e dall’esclusione sociale.

Per Alessia e per tutte le persone vittime di deportazioni, ricordiamo l’importanza di partecipare all’assemblea generale contro il DL Salvini, deportazioni e CPR che si terrà a Milano il 19 gennaio al teatro Verdi a partire dalle 14.

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