LIBRA: quando la bilancia è truccata – il pericolo della criptovaluta di Facebook

Con questo contributo scritto da Claudio Ceruti, un ricercatore esperto di Intelligenza Artificiale, cercheremo di capire cos’è LIBRA, la nuova criptovaluta di Facebook, e quali insidie nasconde.

LIBRA: QUANDO LA BILANCIA È TRUCCATA
del pericolo della criptovaluta di Facebook

Storicamente la bilancia ha sempre simboleggiato l’equità, la giustizia, l’equilibrio tra torti e compensazioni. È un simbolo benevolo che infonde speranza in un’autorità in grado di compensare i torti subiti. Nel caso della mitologia egizia ad esempio, la dea Maat sottopone i defunti alla pesatura del cuore, comparandolo con una piuma di struzzo: se il cuore viene appesantito troppo dalle ingiustizie compiute in vita, al defunto è negato l’accesso al regno dei morti.
Maat, attraverso l’ultimo grado di giudizio universale, plasma il mondo per mezzo di un principio etico, una proiezione di un’ordine superiore di origine divina.

È questo aspetto simbolico, quello di imposizione autoritaria di dominio, che meglio si addice a Libra, la nuova criptovaluta annunciata da Facebook. Più che simboleggiare giustizia ed equità, le caratteristiche di questa moneta digitale richiamano la volontà di accentrare potere ed influenzare pesantemente l’ordine geopolitico mondiale.

Ma andiamo con ordine.

Nella dogmatica ideologia delle startup le complesse valutazioni finanziarie di una compagnia vengono sostituite da una scarna lista di standard da soddisfare. Si può anche avere i conti costantemente in rosso, come Uber che nel solo 2018 ha realizzato perdite per 1.8 miliardi di dollari, l’importante è il rispetto di queste metriche di valutazione. Tra le più importanti è il tasso di crescita degli utenti, garanzia di futuri ricavi e di conseguenti ritorni per gli investitori, che non deve mostrare nessun segno di rallentamento. Ed è proprio questo il caso di Facebook. Dopo una crescita esponenziale degli account, il social network ha raggiunto la soglia che alcuni analisti hanno definito “too big to grow”: oltre agli attuali 2.4 miliardi di utenti la compagnia di Zuckerberg non può espandersi ulteriormente.

Ma per Zuckerberg rendere contenti gli investitori con l’incremento degli utenti è ormai un’ossessione. Ecco quindi spuntare iniziative per i paesi in via di sviluppo, dove Facebook è poco presente: dal piano di distribuzione di dispositivi per l’accesso ad internet, alle reti di droni e satelliti a bassa quota per fornire copertura della rete in aree remote. Progetti mastodontici, mai realizzati per gli alti costi e i bassi ritorni, basti pensare alla spesa di una flotta di satelliti lanciati solo per consentire di mettere like a persone che non hanno un forte potere di acquisto.

Un basso potere di acquisto non vuol dire però essere isolati dai flussi finanziari: nonostante 1.7 miliardi di persone siano escluse dal circuito bancario tradizionale, siano cioè unbanked, buona parte di essi riceve comunque dei soldi, le cosiddette rimesse, attraverso due circuiti globali, Western Union e Moneygram. Non solo, in paesi dove la moneta nazionale è sottoposta a svalutazioni e alti tassi di inflazione, il ricorso a valute estere diventa una necessità per preservare una capacità di spesa che garantisca un minimo di sussistenza.

Ed ecco l’idea di Facebook: raggiungere nuovi utenti estendendosi ai paesi emergenti attraverso il controllo del mercato valutario e del circuito delle rimesse.
D’altronde una moneta digitale come Libra, in grado di essere scambiata allo stesso modo con cui si invia un sms o un messaggio WhatsApp, è la risposta perfetta sia per le rimesse che per i cambi contro una valuta debole.

Inoltre, a differenza di droni e satelliti, il monopolio del solo mercato delle rimesse vale qualcosa come 481 miliardi di dollari, cifra stimata al 2016. Un progetto non solo sostenibile, ma fortemente redditizio.

Stando agli annunci fatti alla presentazione di Libra pochi giorni fa, la criptovaluta dovrebbe essere formalmente indipendente da Facebook; sembra che sarà possibile scambiare Libra senza avere un account del social network. Ma di certo l’insieme di applicazioni connesse al colosso di Menlo Park, da WhatsApp ad Instagram, saranno la piattaforma di scambio principale.

Si avvera così il sogno di Zuckerbeg: nessuno, nel mondo, potrà fare a meno di connettersi alle sue applicazioni.

Immagine tratta dal sito di Libra, che rappresenta il suo utente tipo
Immagine tratta dal sito di Libra, che rappresenta il suo utente tipo

Se il successo di una moneta sta nella fiducia che sa infondere, si comprende la difficoltà delle “tradizionali” monete digitali come Bitcoin o Ethereum nel diventare valute di largo consumo, fuori dal circuito di nicchia delle transazioni online. Il limite più grande delle criptovalute attuali sta infatti nella loro estrema volatilità: nel gennaio del 2018 Bitcoin è riuscita a perdere l’80% del suo valore in pochi giorni.

Libra si propone di superare i limiti di queste criptomonete grazie all’applicazione di una gestione centralizzata e l’istituzione di un fondo di garanzia della valuta. Ciò che sembra attenere ad un ambito semplicemente tecnico, in realtà racconta molto di più della natura e del potere di Libra.

La prima osservazione da fare è che Libra non viene emessa e governata da Facebok, ma dalla Libra Association, una istituzione no profit con sede a Ginevra. Il social network è solo uno dei 27 membri fondatori, tra cui troviamo Visa, Mastercard, Paypal, Uber, Lyft, Ebay, Spotify, fondi di investimento, mercati di criptovalute.

La Libra Association è l’unico ente in grado di garantire la validità delle transazioni effettuate con la moneta digitale, controllo necessario per evitare truffe e furti. Ma questo tipo di controllo centralizzato va a contraddire i principi originari alla base delle cripto monete: la tecnologia blockchain utilizzata da tutte la valute digitali è nata proprio per garantire una gestione decentralizzata, permettendo ad ogni utente di effettuare il controllo delle transazioni. Un meccanismo nato proprio per evitare che una singola organizzazione, una banca o un governo, fosse in grado di decidere su di una moneta senza renderne conto ai suoi utilizzatori finali.

Altra significativa differenza con le criptovalute è la presenza di un asset reale a contropartita di ogni Libra emessa. L’associazione ha infatti intenzione di istituire un fondo, composto da valute e  titoli di stato a breve termine, del valore pari alla quantità di Libra circolante.
Questo “tesoretto” garantisce la piena convertibilità della Libra, rendendo possibile scambiare in ogni momento la moneta digitale per dollari, euro, etc.

Una differenza che risulta inusuale anche nel tradizionale mercato valutario. Fondi di garanzia simili esistono già, come quello del Fondo Monetario Internazionale,  ma sono caratterizzati da un tetto oltre il quale non incamerano più asset. Il fondo di Libra non ha limiti: l’obiettivo della piena convertibilità impone che più aumenta il numero di Libra circolanti, più questo fondo si ingrandisce in parallelo.
Considerando che il numero di utenti potenziali di Libra viene stimato in più della metà della popolazione mondiale, parliamo di un fondo di grandezza tale da assorbire buona parte del denaro e dei titoli di stato circolanti.

La Libra Association, oltre ad essere unico arbitro delle transazioni, diviene così anche un ente in grado di incidere sulle politiche finanziare globali attraverso il suo enorme fondo di riserva.
Questa ipotesi non è affatto allarmistica. Il monopolio del mercato delle rimesse, fonte di ricchezza essenziale per molte nazioni, fornisce infatti all’associazione di Libra il controllo diretto di una quota tra il 10% e il 30% del PIL dei paesi in via di sviluppo.
La possibilità di convertire le valute nazionali in Libra in maniera immediata e senza tramiti nazionali va inoltre a limitare enormemente la politica monetaria degli stati.  Una nazione in futuro potrebbe trovarsi impossibilitata a vietare il cambio della propria moneta in Libra, per evitarne la svalutazione. Si rischia così che il caso limite dello Zimbawe, dove la valuta locale è stata nei fatti sostituita dal dollaro americano, diventi la norma.

Un agglomerato di poche corporation incombe su questo secolo, quasi attualizzando la funzione storica e geopolitca delle Compagnie delle Indie, in grado di superare in potere e dominio i governi  e le organizzazioni internazionali. Il devastante ciclo di privatizzazioni imposto dal Fondo Monetario Internazionale negli ultimi decenni, sembrerà ben poca cosa in confronto a ciò che Libra potrà fare.

Conscia di questi timori, la Libra Association si pone come priorità il rispetto delle regolamentazioni bancarie e delle leggi nazionali. Nei fatti sarà proprio così?

Il dubbio è legittimo, non tanto per la mancanza di fiducia che si può giustamente avere nei confronti dei soggetti che conieranno Libra, quanto per la manifesta incapacità dei governi nell’imporre limiti alle grandi corporation della tecnologia.

Basta guardare il caso di Facebook: dopo le audizioni di Zuckerberg al senato americano, e la commissione del parlamento inglese che ha definito i social network come “gestiti da bande criminali”, nulla è cambiato. I tentativi di agire sulla compagnia di Menlo Park si sono tradotti ad ora in comunicati di stampa, pure poco credibili.
C’è un altro aspetto più importante da considerare sul fronte delle regolamentazioni. Pur essendo una criptovaluta atipica, Libra eredita dalle più recenti monete digitali gli smart contracts.
Uno smart contract è un contratto a tutti gli effetti, stipulato tra due o più parti, la cui effettività viene garantita dal meccanismo di validazione delle transazioni, esattamente come se fosse uno scambio di valuta digitale.
In parole povere, una verifica della transazione riferita ad un contratto ne sostituisce la registrazione, indipendentemente dal suo contenuto, in maniera analoga alla tradizionale firma di un notaio.
Come sottolineato precedentemente però, Libra è un sistema centralizzato: la validità della transazione, e quindi degli smart contracts, è in carica ai membri della Libra Association.

Basta estendere il contratto dall’ambito puramente commerciale a quello civile, nel senso più ampio del termine, per comprendere come Libra abbia le potenzialità per essere un ente mondiale di regolamentazione autonomo, in grado di diventare una nuova sorgente del diritto a scala globale.
Per chi conosce l’ideologia californiana, quella strana ibridazione tra anarcocapitalismo e feticismo della tecnologia, venata di tracce di misticismo al limite dell’avventismo, è facile ritrovarvi il convertibilità impone che più aumenta il numero di Libra circolanti, più questo fondo si ingrandisce in parallelo.
Considerando che il numero di utenti potenziali di Libra viene stimato in più della metà della popolazione mondiale, parliamo di un fondo di grandezza tale da assorbire buona parte del denaro e dei titoli di stato circolanti.

La Libra Association, oltre ad essere unico arbitro delle transazioni, diviene così anche un ente in grado di incidere sulle politiche finanziare globali attraverso il suo enorme fondo di riserva.
Questa ipotesi non è affatto allarmistica. Il monopolio del mercato delle rimesse, fonte di ricchezza essenziale per molte nazioni, fornisce infatti all’associazione di Libra il controllo diretto di una quota tra il 10% e il 30% del PIL dei paesi in via di sviluppo.
La possibilità di convertire le valute nazionali in Libra in maniera immediata e senza tramiti nazionali va inoltre a limitare enormemente la politica monetaria degli stati.  Una nazione in futuro potrebbe trovarsi impossibilitata a vietare il cambio della propria moneta in Libra, per evitarne la svalutazione. Si rischia così che il caso limite dello Zimbawe, dove la valuta locale è stata nei fatti sostituita dal dollaro americano, diventi la norma.
Un agglomerato di poche corporation incombe su questo secolo, quasi attualizzando la funzione storica e geopolitca delle Compagnie delle Indie, in grado di superare in potere e dominio i governi  e le organizzazioni internazionali. Il devastante ciclo di privatizzazioni imposto dal Fondo Monetario Internazionale negli ultimi decenni, sembrerà ben poca cosa in confronto a ciò che Libra potrà fare.

Conscia di questi timori, la Libra Association si pone come priorità il rispetto delle regolamentazioni bancarie e delle leggi nazionali. Nei fatti sarà proprio così?
Il dubbio è legittimo, non tanto per la mancanza di fiducia che si può giustamente avere nei confronti dei soggetti che conieranno Libra, quanto per la manifesta incapacità dei governi nell’imporre limiti alle grandi corporation della tecnologia.

Basta guardare il caso di Facebook: dopo le audizioni di Zuckerberg al senato americano, e la commissione del parlamento inglese che ha definito i social network come “gestiti da bande criminali”, nulla è cambiato. I tentativi di agire sulla compagnia di Menlo Park si sono tradotti ad ora in comunicati di stampa, pure poco credibili.

C’è un altro aspetto più importante da considerare sul fronte delle regolamentazioni. Pur essendo una criptovaluta atipica, Libra eredita dalle più recenti monete digitali gli smart contracts.

Uno smart contract è un contratto a tutti gli effetti, stipulato tra due o più parti, la cui effettività viene garantita dal meccanismo di validazione delle transazioni, esattamente come se fosse uno scambio di valuta digitale.
In parole povere, una verifica della transazione riferita ad un contratto ne sostituisce la registrazione, indipendentemente dal suo contenuto, in maniera analoga alla tradizionale firma di un notaio.
Come sottolineato precedentemente però, Libra è un sistema centralizzato: la validità della transazione, e quindi degli smart contracts, è in carica ai membri della Libra Association.

Basta estendere il contratto dall’ambito puramente commerciale a quello civile, nel senso più ampio del termine, per comprendere come Libra abbia le potenzialità per essere un ente mondiale di regolamentazione autonomo, in grado di diventare una nuova sorgente del diritto a scala globale.

Per chi conosce l’ideologia californiana, quella strana ibridazione tra anarcocapitalismo e feticismo della tecnologia, venata di tracce di misticismo al limite dell’avventismo, è facile ritrovarvi il concetto di un governo globale basato su processi decisionali collettivi mediati dalla tecnologia (e quindi controllato da chi la tecnologia la possiede).

Lo stesso Zuckerberg, nel suo manifesto del 2017 “Building a Global Community”, ipotizza il ruolo della piattaforma social nella regolamentazione del “mondo reale”: la community globale di Facebook diviene federazione di agorà digitali, in grado di governare con più autorevolezza degli screditati parlamenti nazionali.

Non solo una moneta in grado di spostare gli equilibri finanziari globali quindi, ma anche un centro di governance mondiale in grado di sovvertire gli scenari geopolitici attuali: nazioni e governi, se non forme organizzative già superate, si troveranno di certo a competere, e in certo casi anche a  soccombere, di fronte all’alleanza di corporation private che battono moneta e promulgano leggi.

Viene da chiedersi come sia possibile che dei soggetti privati possano fare tutto ciò senza che, almeno ad oggi, si palesi una opposizione da parte dei poteri tradizionali. Se l’amministrazione USA ha infatti espresso la necessità di ulteriori accertamenti su Libra, il governatore della banca d’Inghilterra ha salutato con favore la moneta digitale, vista come regolatrice del mercato valutario.
Di certo, la debolezza dei governi abituati a guidare il mondo potrebbe favorire la nascita di un nuovo potere sovranazionale a guida privata, che si ritroverebbe a contendersi la leadership globale con la Cina e forse la Russia.

Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, Zuckerberg intraprese un tour per gli Stati Uniti, in maniera del tutto simile a quello dei candidati alla presidenza americana. Vista la nota difficoltà di Mark nel rapportarsi con le persone, l’effetto finale rasentò il ridicolo.
Al di là di questa surreale esperienza, molti rimangono convinti del fatto che il fondatore di Facebook fosse seriamente intenzionato a sedersi nello studio ovale.
Secondo Zuckerberg, occupare la poltrona della “persona più influente dell’emisfero occidentale” era la naturale conseguenza del possedere l’infrastruttura in grado di forgiare la comunità globale.
Forse, anche a seguito del calo di appeal della figura del Mr. President dopo l’elezione di Trump, Mark ha cambiato idea: come Maat, gli basta una Libra per esercitare il giudizio universale.

Ceru

 

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